Il Gran Dio Pan
Un chirurgo opera una donna al cervello con lo scopo di aprire il suo “occhio interno” e farla entrare in contatto con il diabolico dio Pan. Dall’unione con il male (Pan rappresenta la mostruosa divinità della natura, la cui semplice visione induce alla pazzia) nascerà un essere terrificante, che porterà terrore e follia nelle vite di coloro che entreranno in contatto con lui. Machen trascina il lettore con tensione crescente fino all’orrore finale, portando alla luce le terribili potenzialità delle teorie darwiniane sulla selezione delle specie. Padrone di una prosa filigranata e delicatamente lirica, Machen va soprattutto ricordato per essere stato il primo scrittore ad aver dedicato un ciclo narrativo alle antiche divinità e ad averne proclamato il ritorno tra gli uomini. Per Machen il mondo non è altro che un'illusione, il pallido riflesso di una realtà più grande e sconosciuta che brulica di “cose che [l'autore] nemmeno osa sussurrare nella notte più oscura e nella più totale solitudine”. È la realtà degli esseri notturni e furtivi, un universo profondamente mistico e pagano, che egli descrive nel suo Piccolo Popolo. Machen è fra i pochi autori che abbiano fatto dell'orrore cosmico il fulcro del loro messaggio artistico. Le sue radici celtiche, i ricordi giovanili legati alle inquietanti colline, le antiche foreste e le rovine cariche di mistero, hanno contribuito a sviluppare in lui una vita immaginativa la cui bellezza è comparabile solo alla ricchezza del suo retroterra culturale. Scrittore scarsamente conosciuto dal grosso pubblico, apprezzato solo da una ristretta cerchia di appassionati dell'occulto, del misterioso e del magico, la sua influenza è tuttavia evidente in autori successivi, quali H.P. Lovecraft, del quale è considerato il maestro, e che definiì il suo The White People (1904) “il miglior racconto del soprannaturale di tutti i tempi”.