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Index
Copertina
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Occhiello
Prologo. Perché preoccuparsi?
Perché la gente non si interessa molto di economia?
In che senso questo libro è diverso?
Primo interludio. Come leggere questo libro
PARTE PRIMA. Familiarizzare con l’economia
1. La vita, l’universo e tutto quanto
L’economia è lo studio delle scelte razionali dell’uomo…
… o è lo studio della realtà economica?
È economia quando si parla di soldi: ma è proprio così?
Il modo più comune per procurarsi soldi è avere un lavoro
Nell’economia si trasferiscono soldi in continuazione
Le risorse guadagnate o trasferite vengono consumate sotto forma di beni o servizi
Alla fin fine, beni e servizi devono essere prodotti
Note conclusive: l’«economics» come studio dell’«economy»
2. L’evoluzione, dai pins al Pin
Dai «pins» al Pin
Tutto cambia: come sono mutati gli attori e le istituzioni del capitalismo
I capitalisti sono diversi
Anche i lavoratori sono diversi
I mercati sono cambiati
È cambiato anche il denaro, cioè il sistema finanziario12
Note conclusive: cambiamenti reali e teorie economiche
3. Come siamo arrivati fin qui?
Una serie di stronzate messe in fila: a cosa serve la storia?
La realtà è più strana della finzione: perché la storia è importante
La tartaruga e la lumaca: l’economia mondiale prima del capitalismo
L’Europa occidentale è cresciuta molto lentamente…
… ma la sua crescita è stata comunque più rapida che in ogni altro paese del mondo
L’alba del capitalismo: 1500-1820
La nascita del capitalismo… alla moviola
L’emergere di nuove scienze, tecnologie e istituzioni
Inizia l’espansione coloniale
Il colonialismo lascia profonde cicatrici
1820-1870: la Rivoluzione industriale
La storia mette il turbo: inizia la Rivoluzione industriale
Un’aspettativa di vita di diciassette anni e ottanta ore lavorative alla settimana: per alcuni la miseria aumenta
La nascita dei movimenti anticapitalisti
Il mito del libero mercato e del libero scambio: la verità sullo sviluppo del capitalismo
La Gran Bretagna pioniera del protezionismo
Gli Stati Uniti campioni di protezionismo
Il libero scambio si diffonde… perlopiù con mezzi poco liberi
1870-1913: Mezzogiorno di fuoco
Il capitalismo ingrana la marcia: nasce la produzione di massa
Nascono nuove istituzioni economiche per affrontare la maggior scala della produzione, i rischi e le instabilità crescenti
Perché l’età dell’oro liberale non fu poi tanto liberale
1914-1945: gli sconvolgimenti
Il capitalismo fa un passo falso: la Prima guerra mondiale e la fine dell’età dell’oro liberale
Il capitalismo trova un rivale: la Rivoluzione russa e l’ascesa del socialismo
Il capitalismo si deprime: la Grande depressione del 1929
Iniziano le riforme: Stati Uniti e Svezia aprono la strada
Il capitalismo vacilla: la crescita rallenta e il socialismo ottiene risultati migliori
1945-1973: L’Età dell’oro del capitalismo
Il capitalismo va a gonfie vele su tutti i fronti: crescita, occupazione e stabilità
Cosa c’è dietro l’Età dell’oro
Il remix del capitalismo: politiche e istituzioni a sostegno dei lavoratori
Il capitalismo gestito: lo stato disciplina e plasma i mercati, in tanti modi diversi
L’alba di un nuovo giorno: finalmente i paesi in via di sviluppo sperimentano il progresso economico
La via di mezzo: il capitalismo funziona al meglio con adeguati interventi statali
1973-1979: l’interregno
Dal 1980 a oggi: ascesa e declino del neoliberismo
La Lady di ferro: Margaret Thatcher e la fine del compromesso postbellico inglese
L’attore: Ronald Reagan e la ricostruzione dell’economia americana
La crisi del debito e la fine della rivoluzione industriale nel Terzo mondo
I muri cominciano a crollare: la caduta del socialismo
Un solo mondo, che siate pronti o no: la globalizzazione e il nuovo ordine economico mondiale
L’inizio della fine: la crisi finanziaria asiatica
Un’alba fasulla: dal boom delle dot.com alla Grande moderazione
Una crepa nel muro: la crisi finanziaria globale del 2008
La «primavera keynesiana» e il ritorno dell’ortodossia del libero mercato, più aggressiva di prima
Conseguenze: il decennio perduto?
Troppo poco e troppo tardi? Le prospettive di riforma
4. Lasciate che cento fiori fioriscano
Un anello per domarli? Le diverse impostazioni allo studio dell’economia
Solo un cocktail o tutta la lista? Come leggere questo capitolo
La scuola classica
La mano invisibile, la legge di Say e il libero scambio: gli argomenti chiave della scuola classica
Analisi delle classi e vantaggio comparato: l’importanza della teoria classica ai giorni nostri
A volte sbaglia, a volte è antiquata: i limiti della scuola classica
La scuola neoclassica
Fattori della domanda, individui e scambi: le differenze con la scuola classica
Individui egoisti e mercati che si equilibrano da soli: le analogie con la scuola classica
La rivoluzione contro il libero mercato: la teoria del fallimento del mercato
La controrivoluzione: il revival del libero mercato
Precisione e versatilità: i punti di forza della scuola neoclassica
Individui poco realistici, accettazione passiva dello status quo e scarsa considerazione per la produzione: i limiti della scuola neoclassica
La scuola marxista
Teoria del valore-lavoro, classi sociali e produzione: la scuola marxista come vera erede di quella classica
La produzione al centro dell’economia
La lotta di classe e il crollo del sistema capitalista
Gravemente difettose, ma ancora utili: le teorie dell’impresa, del lavoro e del progresso tecnologico
La tradizione sviluppista
Una tradizione dimenticata
Aumentare la capacità produttiva per superare l’arretratezza economica
I primi filoni della tradizione sviluppista: il mercantilismo, la teoria dell’industria nascente e la scuola storica tedesca
La tradizione sviluppista nel mondo contemporaneo: l’economia dello sviluppo
Molto più di quel che sembra: una valutazione della tradizione sviluppista
La scuola austriaca
Non ci sono solo le arance (nel cesto della frutta): i diversi tipi di economia pro libero mercato
Complessità e razionalità limitata: la difesa austriaca del libero mercato
Ordine spontaneo contro ordine artificiale: i limiti della teoria austriaca
La scuola (neo)schumpeteriana
Venti di distruzione creatrice: la teoria schumpeteriana dello sviluppo capitalista
Perché Schumpeter ha predetto il declino del capitalismo, e perché ha avuto torto?
La scuola keynesiana
Perché esiste la disoccupazione? La spiegazione keynesiana
Politica fiscale attiva per il pieno impiego: la soluzione keynesiana
La moneta trova il suo posto nella scienza economica: la teoria keynesiana della finanza
Una teoria economica adatta al XX secolo… e oltre?
«Nel lungo periodo siamo tutti morti»: i limiti della scuola keynesiana
La scuola istituzionalista, vecchia e nuova?
Gli individui sono modellati dalla società: l’ascesa della scuola istituzionalista
Gli individui non sono totalmente determinati dalla società: il declino della scuola istituzionalista
Costi di transazione e istituzioni: la nascita della nuova economia istituzionale
Le istituzioni non sono solo limitanti: pregi e difetti della nuova economia istituzionale
La scuola comportamentale
I limiti della razionalità umana e il bisogno di regole individuali e sociali
Economia di mercato contro economia organizzativa
Perché emozioni, lealtà e correttezza sono importanti
Troppo concentrata sull’individuo? Una valutazione della scuola comportamentale
Note conclusive: come migliorare l’economia
Preservare la diversità intellettuale e incoraggiare un proficuo scambio di idee
Tutti (non solo gli economisti di professione) possiamo fare la nostra parte per migliorare l’economia
5. Dramatis personae
Gli individui come eroi ed eroine
La visione individualista dell’economia
Il fascino e i limiti della visione individualista dell’economia
Le organizzazioni sono i veri eroi: la realtà del processo decisionale in economia
I decisori economici più importanti sono le corporation, non gli individui
Le corporation non prendono decisioni come gli individui
Chi sono gli azionisti?
La separazione tra proprietà e controllo
Anche i lavoratori e gli stati influenzano le decisioni aziendali
La Volkswagen e la complessità dei processi decisionali nelle aziende moderne
La cooperativa come forma alternativa di proprietà e management aziendali
Una testa, un voto: le regole decisionali delle cooperative
Molti lavoratori non prendono più decisioni individuali
Alcuni sindacati hanno persino un ruolo nell’elaborazione delle politiche nazionali
Lo stato è il singolo attore economico più importante
Come prende le decisioni lo stato: compromessi, compromessi (e lobbying)
Le organizzazioni internazionali che hanno i soldi: Banca mondiale, Fmi e altre
Le organizzazioni internazionali che fissano le regole: Omc e Bri
I promotori di idee: le agenzie dell’Onu e l’Ilo
Nemmeno gli individui sono come dovrebbero
L’individuo diviso: le persone hanno «sé multipli»
L’individuo integrato: le persone sono plasmate dalla società
L’individuo influenzabile: le persone sono deliberatamente manipolate dagli altri
L’individuo complicato: le persone non sono soltanto egoiste
L’individuo maldestro: le persone non sono molto razionali
Note conclusive: solo individui imperfetti possono compiere scelte reali
Secondo interludio. Andiamo avanti…
PARTE SECONDA. Usare l’economia
6. Quanto volete che faccia?
La produzione
Il Prodotto interno lordo o Pil
Il Prodotto interno netto o Pin
Il Prodotto nazionale lordo o Pnl
I limiti di Pil e Pnl
Perché è necessario conoscere le «cifre reali»?
La maggior parte dei beni e servizi mondiali è prodotta da un numero limitato di paesi
La maggioranza dei paesi in via di sviluppo produce una piccola, minuscola, frazione di ciò che producono i più ricchi
Il reddito
Il Reddito interno lordo o Ril
Il Reddito nazionale lordo, o Rnl, e l’Rnl pro capite
Adeguamento dei livelli di prezzo: la parità di potere d’acquisto
I dati sul reddito non rappresentano esattamente il tenore di vita, anche a parità di potere d’acquisto
I paesi che tipicamente consideriamo più ricchi hanno un reddito pro capite superiore a 40000 dollari
Nei quattro paesi più poveri, l’individuo medio non guadagna nemmeno un dollaro al giorno
C’è povero e povero: il divario tra i paesi in via di sviluppo
Gli aggiustamenti della Ppa indicano che il divario nel tenore di vita non è profondo quanto quello nella produttività
La felicità
Non tutto ciò che si può contare conta e non tutto ciò che conta si può contare: la felicità può – e deve – essere misurata?
Preferenze adattive e falsa coscienza: perché non possiamo fidarci completamente di come giudichiamo la felicità
Matrix e i limiti degli studi sulla felicità
Studi sulla felicità con indicatori più oggettivi
Note conclusive: perché in economia i numeri non possono mai essere oggettivi
7. Come cresce il tuo giardino?
Crescita economica e sviluppo economico
Sviluppo economico come sviluppo delle capacità produttive
Un’economia con scarse capacità produttive non può essere sicura nemmeno del valore di ciò che produce
I cambiamenti tecnologici sono alla base dello sviluppo economico
Le tecnologie non sono tutto: l’importanza dell’organizzazione del lavoro
L’ascesa del fordismo o: il sistema di produzione di massa
Il sistema di produzione di massa modificato: la produzione snella
L’importanza delle capacità produttive anche al di fuori dell’impresa
Distinguere fra tassi di crescita generale e pro capite per non falsare la prospettiva
Perché un tasso di crescita del 6 per cento è un «miracolo»
Il potere dei tassi composti
A differenza della crescita economica, non si può misurare lo sviluppo economico con un solo indicatore
La quota di investimenti sul Pil è l’indicatore chiave dello sviluppo di un paese
Il dato su ricerca e sviluppo è un buon indicatore per i paesi più ricchi
Industrializzazione e deindustrializzazione
Meccanizzazione e processi chimici favoriscono l’aumento della produttività nell’industria
Il «centro di formazione» dell’economia
L’ascesa della società postindustriale?
Deindustrializzazione non significa minor produzione manifatturiera
La deindustrializzazione è in parte un’«illusione ottica»
La produzione materiale conta ancora
L’agricoltura è ancora importantissima
Nei paesi ricchi l’industria è meno importante che in passato…
… ma è molto più importante di quanto si pensi
La deindustrializzazione «prematura» nei paesi in via di sviluppo
Storie di successo grazie ai servizi? Svizzera, Singapore e India
Il pianeta si sta esaurendo? La sostenibilità ambientale è una questione seria
Dobbiamo prendere molto sul serio i vincoli ambientali
Lo sviluppo tecnologico può essere la soluzione, e non solo la causa, dei problemi ambientali…
… ma le soluzioni tecnologiche hanno dei limiti
I paesi in via di sviluppo hanno bisogno di più sviluppo economico per migliorare il tenore di vita e adattarsi al cambiamento climatico
I paesi ricchi dovrebbero continuare a sviluppare la propria economia, ma cambiare radicalmente le priorità di produzione e consumo
Note conclusive: perché dobbiamo fare più attenzione ai processi produttivi
8. Guai alla Grande Banca Dawes di credito, risparmio e sicurtà
Le banche e il sistema finanziario «tradizionale»
Le banche fanno promesse che non sempre possono mantenere
Il sistema bancario è (in un certo senso) un imbroglio, ma un imbroglio socialmente utile (se ben gestito)
La banca centrale è lo strumento principale per incentivare la fiducia nel sistema bancario
Ulteriori sostegni alla fiducia: tutela dei depositi e regolamentazione prudenziale
Il sistema finanziario «tradizionale» (di metà Novecento)
Le banche d’investimento e la nascita del nuovo sistema finanziario
Le banche che non si vedono: le banche d’investimento
Il ruolo chiave delle banche d’investimento è (o era) quello di favorire l’emissione e lo scambio di azioni e obbligazioni
I titoli cartolarizzati si ottengono accorpando prestiti individuali in obbligazioni composite
Gli Abs possono diventare più complessi, e all’apparenza più sicuri, grazie alla «strutturazione»
Accorpare e strutturare significa semplicemente spostare e nascondere il rischio, non eliminarlo
I derivati sono sostanzialmente una scommessa su come «qualcos’altro» si svolgerà nel tempo10
All’inizio i derivati si limitavano al mercato delle commodity
Derivati «over the counter» o derivati «exchange traded»: su misura contro standardizzati
I derivati permettono di coprire i rischi ma favoriscono anche la speculazione
La nascita di altre tipologie di derivati: opzioni e swap
Il mercato dei derivati è decollato negli anni ottanta
La crescita esponenziale della finanza
Il nuovo sistema finanziario e le sue conseguenze
Il nuovo sistema finanziario doveva essere più efficiente e sicuro
La crescente complessità ha reso il sistema finanziario più inefficiente e instabile
Anche la maggiore interconnessione ha accentuato l’instabilità del sistema finanziario
Come il nuovo sistema finanziario ha favorito l’orientamento a breve termine delle grandi aziende non finanziarie
La finanziarizzazione delle imprese non finanziarie
Il sovrasviluppo del settore finanziario e le sue conseguenze
Le crisi finanziarie sono diventate sempre più frequenti
L’«alleanza scellerata» tra azionisti orientati al breve periodo e manager ha ridotto le capacità di investimento delle grandi aziende
Gli utili delle società non finanziarie, quantomeno di quelle statunitensi, derivano sempre più dalle loro attività finanziarie
Note conclusive: la finanza necessita di regole stringenti proprio perché è così potente
9. La capra di Boris dovrebbe crepare
Disuguaglianza
Ivan non è solo: la ricerca dell’uguaglianza come propulsore delle vicende umane
«Sapete, penso che sia solo invidia»
Troppa disuguaglianza fa male all’economia: instabilità e mobilità ridotta
La disuguaglianza porta a risultati sociali peggiori
In molti casi le società più egualitarie sono cresciute più velocemente
Alcuni animali sono più uguali degli altri: anche la troppa uguaglianza è un male
L’ipotesi di Kuznets: la disuguaglianza nel tempo
L’ipotesi di Kuznets non regge…
… perché la politica economica ha il suo peso
Le diverse tipologie di disuguaglianza
Misurare la disuguaglianza: il coefficiente di Gini e il rapporto di Palma
Disuguaglianza tra chi?
Disuguaglianze minori e maggiori: l’Europa a confronto con Africa meridionale e America Latina
La disuguaglianza della ricchezza è molto superiore a quella di reddito
La disuguaglianza di reddito è cresciuta nella maggior parte dei paesi a partire dagli anni ottanta
La disuguaglianza globale è cresciuta costantemente negli ultimi due secoli
Povertà
La povertà è stata la condizione umana prevalente per la maggior parte della storia
Definizioni differenti di povertà: assoluta o relativa
Diverse dimensioni della povertà: reddituale o multidimensionale
Misurare il livello della povertà: per numero di persone o per distanza dalla soglia
Che cos’hanno i poveri che non va: le cause della povertà
Mercati truccati
1,4 miliardi di persone vivono in stato di povertà assoluta, e molti sono cittadini dei paesi a reddito medio
La povertà secondo le soglie nazionali può variare dal 5 all’80 per cento
Note conclusive: perché povertà e disuguaglianza non sono fuori dal nostro controllo
10. Ho conosciuto qualcuno che lavorava
Il lavoro
Il lavoro come condizione distintiva dell’essere umano
Il cane che non abbaiava: la curiosa assenza del lavoro in economia
Molti hanno lavorato, e ancora lavorano, in condizioni di violazione dei diritti umani
Il lavoro ci forgia
Il lavoro influenza il nostro benessere fisico, intellettuale e psicologico
«Lavorare finché lo si desidera»: lavoro regolamentato o libera scelta
Il lavoro forzato
Il lavoro minorile
Nelle nazioni povere le persone lavorano molto più a lungo che in quelle ricche
Siccità o inondazione? La distribuzione asimmetrica delle ore di lavoro
Il tempo di lavoro effettivo: ferie pagate e ore di lavoro annuali
Chi sono i «fannulloni»? Miti e realtà sui tempi di lavoro
Perché chi lavora di più è più povero?
I rischi sul lavoro: incidenti industriali e precarietà
La disoccupazione
Giacomo deve restare disoccupato per il bene comune: come ci siamo abituati a una disoccupazione elevata
I costi individuali della disoccupazione: difficoltà economiche, perdita di dignità e depressione
I costi sociali della disoccupazione: spreco di risorse, declino sociale e abbattimento delle competenze
Passare da un lavoro all’altro: la disoccupazione frizionale
Competenze non più richieste: la disoccupazione tecnologica
Governi e sindacati creano disoccupazione: la disoccupazione politica
La domanda può essere insufficiente: la disoccupazione ciclica
Il capitalismo non può fare a meno della disoccupazione: la disoccupazione sistemica
I diversi tipi di disoccupazione coesistono in combinazioni e contesti diversi
Chi può lavorare, chi vuole lavorare e chi lavora: definire e misurare la disoccupazione
I tassi di disoccupazione nei paesi ricchi sono molto cresciuti dall’Età dell’oro
La difficoltà di definire la disoccupazione nei paesi in via di sviluppo: sottoccupazione e bassa produttività
La disoccupazione nei paesi in via di sviluppo
Note conclusive: il lavoro va preso seriamente
11. Leviatano o re filosofo?
Lo stato e l’economia
Economia politica: un nome più «onesto»?
L’intervento dello stato è moralmente giusto?
Lo stato non può porsi al di sopra degli individui: la visione contrattualistica
«Sgradevole, brutale e breve»: Thomas Hobbes e l’argomento originale del contrattualismo
L’argomento del contrattualismo moderno, o libertariano, sul ruolo dello stato
L’argomento contrattualista esaspera l’indipendenza degli individui dalla società
I fallimenti del mercato
Alcuni beni devono essere forniti collettivamente: i beni pubblici
Quasi sempre i beni diventano «pubblici» per ragioni politiche: pochi beni hanno motivo di essere pubblici
Una limitata presenza di fornitori porta all’inefficienza sociale: la concorrenza imperfetta
Dividere, nazionalizzare o regolamentare? La gestione della concorrenza imperfetta
Il fallimento del mercato dovuto alla concorrenza imperfetta è più controverso rispetto a quello legato ai beni pubblici o alle esternalità
Che cosa costituisce un fallimento del mercato? Dipende dalla teoria usata per spiegare il funzionamento dei mercati
Fallimento dello stato
Dittatori, politici, burocrati e gruppi d’interesse: lo stato – o meglio, chi lo controlla – può non voler promuovere il bene comune
Il governo, anche volendo, potrebbe non essere in grado di correggere i fallimenti del mercato, per la presenza di asimmetrie informative e carenza di risorse
Depoliticizzazione: liberare il mercato dalla politica
Mercato e politica
I fallimenti dello stato vanno presi sul serio, ma anche cum grano salis
La proposta di depoliticizzare è antidemocratica
Non esiste un solo metodo «scientifico» per tracciare il confine tra mercato e politica
La Strega bianca e una Magia più grande: depoliticizzare è definitivamente impossibile
Che cosa fanno gli stati
Le dimensioni economiche dello stato, misurate dal rapporto spesa pubblica-Pil sono cresciute di molto nell’ultimo secolo e mezzo
Gran parte della spesa pubblica è costituita da trasferimenti, più che da consumi o investimenti
L’influenza dello stato non può essere misurata solo in termini numerici
Note conclusive: l’economia è un argomento politico
12. «Tutte le cose in copiosa abbondanza»
Il commercio internazionale
«Il nostro Celeste Impero possiede tutte le cose in copiosa abbondanza»
David Ricardo sfida l’imperatore cinese, e persino Adam Smith: vantaggi comparati contro vantaggi assoluti
La logica che sottende alla teoria dei vantaggi comparati è impeccabile, in base ai suoi presupposti
L’Hos esclude strutturalmente la principale forma di protezionismo benefico ipotizzando che tutti i paesi hanno le stesse capacità
L’Hos è tanto favorevole alla liberalizzazione del commercio perché presuppone che capitale e manodopera possano essere riadattati a qualunque settore a costo zero
Nemmeno l’applicazione del principio di compensazione può nascondere il fatto che molta gente viene danneggiata dalla liberalizzazione del commercio
Il commercio internazionale è necessario, soprattutto per i paesi in via di sviluppo, ma questo non vuol dire che sia la cosa migliore
Quanto conta il commercio internazionale per i diversi paesi e quanto è cresciuta la sua importanza nell’ultimo periodo
Tanti paesi dipendono dal commercio ben più della «media globale»; solo pochi si collocano molto al di sotto della media
Cambiare la struttura del commercio internazionale: la crescita (esagerata) dello scambio di servizi e del commercio di beni manifatturieri, soprattutto dai paesi in via di sviluppo
La bilancia dei pagamenti
La bilancia commerciale
Partite correnti e conto capitale e finanziario
Voci diverse possono indirizzare le dinamiche della bilancia dei pagamenti in direzioni diverse
In alcuni paesi, surplus o deficit commerciali equivalgono a circa metà del Pil
Il deficit/surplus delle partite correnti è in genere inferiore/superiore al deficit/surplus della bilancia commerciale
Aumenti improvvisi nell’afflusso o deflusso di capitali possono creare gravi problemi
Investimenti diretti esteri e imprese transnazionali
Gli investimenti diretti esteri sono diventati la componente più dinamica della bilancia dei pagamenti
Gli Ide influenzano le capacità produttive del paese ricevente
Le prove che gli Ide abbiano effetti positivi sono deboli
Alcune delle imprese più grandi non fanno soldi… dove non vogliono
Il vecchio trucco dei prezzi di trasferimento
Gli Ide hanno altri effetti potenzialmente negativi sull’economia ricevente
I benefici degli Ide possono manifestarsi pienamente solo con una regolamentazione adeguata
L’aumento dei flussi di Ide
In genere gli Ide si concentrano nei paesi ricchi, ma negli ultimi anni i paesi in via di sviluppo sono «sovrarappresentati» negli Ide mondiali, perlopiù grazie alla Cina
Di recente si è assistito a un aumento della quota di investimenti brownfield sul totale degli Ide che ha cambiato il panorama industriale
Immigrazione e rimesse
Frontiere aperte, ma non per le persone?
L’immigrazione rivela la natura politica ed etica dei mercati
L’immigrazione in genere avvantaggia i paesi riceventi
I lavoratori del posto ci rimettono, ma non molto, e i loro guai sono causati più da strategie aziendali e politiche economiche «sbagliate» che dagli immigrati
Fuga e rientro dei cervelli: l’impatto sui paesi d’origine
Le rimesse hanno un impatto fondamentale sui paesi d’origine dei migranti
L’immigrazione nei paesi ricchi è aumentata negli ultimi due decenni, ma non quanto si crede
Un terzo degli immigrati vive nei paesi in via di sviluppo
Negli ultimi due decenni, la percentuale di immigrati sulla popolazione mondiale è cresciuta ben poco
Nell’ultimo decennio le rimesse sono aumentate in modo considerevole
Rimesse cospicue possono influenzare notevolmente il paese ricevente, sia in positivo che in negativo
Note conclusive: il migliore dei mondi possibili?
Epilogo. E adesso?
Come «usare» l’economia?
Note
Ringraziamenti
Sommario
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