Una volta terminata la stesura dei miei primi due libri, Analisi tecnica e i mercati finanziari (Hoepli, 2017) e Strategie operative per i mercati finanziari (Hoepli, 2018), per definire i contenuti di questo terzo libro mi sono soffermato sulle domande più frequenti che mi vengono poste al termine dei convegni e dei corsi di formazione che tengo durante l’anno. In questo modo ho selezionato gli argomenti più importanti che sono stati affrontati in questo volume.
Per descriverli mi sono messo nei panni dell’investitore medio, che intende gestire in modo autonomo i propri risparmi. Quest’ultimo si trova davanti numerose opportunità, ma anche molte difficoltà. Da un lato, infatti, può operare praticamente su qualsiasi mercato finanziario (azionario, valutario, obbligazionario, materie prime), utilizzando le varie piattaforme e i diversi strumenti finanziari offerti dai broker online. Dall’altro, deve affrontare mercati sempre più sofisticati ed efficienti, che nel corso del tempo hanno aumentato in modo esponenziale la velocità con cui reagiscono a eventi e notizie esterne. Il pericolo, quindi, è quello di perdere molto tempo (e spesso anche molti soldi) alla ricerca di una valida metodologia operativa, che si possa utilizzare sia per trading di breve termine, sia per l’investimento di medio termine.
Un primo aspetto che va affrontato riguarda il tempo che l’investitore ha a disposizione per poter analizzare, studiare e seguire l’andamento dei mercati. Il fattore temporale costituisce infatti un elemento fondamentale (spesso trascurato) per poter scegliere un’adeguata operatività. In generale, infatti:
a. La costruzione di strategie operative per il trading di breve termine (quello che in gergo tecnico viene chiamato day trading) richiede diverso tempo da dedicare all’attività di analisi. C’è un lavoro di analisi, di selezione e di messa a punto delle strategie che necessita di almeno un’ora e mezza o due giornaliere, per poter studiare in modo adeguato l’andamento delle varie attività finanziarie. Solo chi riesce quotidianamente a ritagliarsi questo spazio può pertanto riuscire a operare utilizzando questa tecnica operativa.
b. Un’operatività di più ampio respiro, ma sempre su orizzonti di breve termine (quello che viene chiamato swing trading, ossia la ricerca dei movimenti impulsivi/direzionali che durano solitamente dalle due settimane ai due mesi), non richiede una presenza costante sul mercato, ma necessita comunque un’attività costante di monitoraggio e di analisi (sia per la ricerca di nuove opportunità operative, sia per la gestione delle posizioni in essere).
c. Un’operatività di investimento (più legata a logiche di asset allocation, in cui le varie attività finanziarie/asset class vengono utilizzate per ottenere un’adeguata diversificazione e ridurre il rischio generale di mercato), richiede invece una conoscenza sia dei fattori macroeconomici che condizionano l’andamento dei mercati, sia del loro impatto sulle varie attività finanziarie.
In questo libro affronteremo le prime due tipologie di operatività, lasciando al lettore la possibilità di esaminare e approfondire il terzo tipo in altri volumi. Descriveremo quindi (Tabella 1.1):
• Il trading di posizione, illustrando alcune strategie che mirano a sfruttare il trend di breve termine presente sulle diverse attività finanziarie. In questo caso andranno monitorati sul grafico giornaliero sia l’aspetto grafico (analisi del trend, eventuali figure di continuazione o di inversione e così via), sia l’analisi quantitativa (in particolari i segnali operativi forniti dai vari indicatori tecnici (MACD, RSI, Bande di Bollinger e così via).
• Il day trading, mostrando alcune strategie che lavorano principalmente a livello intraday e che sfruttano la possibilità, offerta da vari broker online, di utilizzare l’effetto leva/marginazione. In questo caso sarà fondamentale analizzare il recente movimento dei prezzi (price action) e individuare i vari setup operativi (pattern, candlestick analysis, quantitative trading).
TABELLA 1.1 – Le strategie operative dipendono dall’orizzonte temporale che si intende utilizzare per i propri investimenti.
|
Orizzonte temporale |
Strategie |
Day trading |
Giornaliero |
Intraday |
Swing trading |
Settimanale |
Di posizione |
Investimento |
Mensile |
Lungo termine |
Prima di addentrarci nella spiegazione dei vari aspetti tecnici che consentono di fare trading, è opportuno descrivere che cosa significhi investire/operare sui mercati finanziari. Un investimento finanziario può essere definito come l’impiego di una certa quantità di denaro, con l’obiettivo di ottenere un beneficio futuro. Si sacrifica quindi qualcosa al tempo 0 (t0), in previsione di ottenere qualcosa di maggior valore al tempo 1 (t1).
Una delle principali differenze tra il trading e l’investimento è proprio il fattore temporale: nel trading si parla di giorni (al massimo settimane), mentre per l’investimento si parla invece di mesi. In entrambi i casi, tuttavia, si impiegano delle risorse finanziarie e si rinuncia, implicitamente e inevitabilmente, ad altre opportunità che si potrebbero sfruttare con le stesse risorse. L’investitore ha sempre di fronte a sé diverse possibilità, ma purtroppo non dispone di un criterio oggettivo in grado di individuare quale sia quella migliore. In particolare, pochi investitori sono in grado di porsi la seguente domanda: “quanto posso ragionevolmente attendermi di guadagnare, dato il livello di rischio a cui mi espongo?”.
Quello che non va mai dimenticato è che “un investimento (e quindi anche il trading) è sempre una questione di rischio e di rendimento”. La valutazione e la stima del rapporto rischio/rendimento è il concetto primario da cui partire: non conta soltanto da dove si parte e dove si spera di arrivare, ma anche come si arriva al punto finale. L’andamento nel corso del tempo di un investimento è importante quanto il suo risultato finale.
Una prima regola da non dimenticare è che “dove c’è un rendimento, c’è un rischio”: in assenza di rischio, quindi, non può esserci alcuna aspettativa di rendimento.
In condizioni di mercato normale, rischio e rendimento sono sostanzialmente proporzionali:
• Se si vuole guadagnare di più, si deve essere disposti a rischiare di più.
• Se il rischio aumenta, deve aumentare anche l’aspettativa reddituale.
Il problema è che, nel momento in cui si effettua un investimento, i livelli di rischio e di rendimento sono difficilmente prevedibili. E questo vale sia quando si effettua un investimento per il medio termine, sia quando si opera su orizzonti temporali di breve termine.
Ogni investitore, poi, ha un suo livello di propensione al rischio e delle aspettative di rendimento. Il livello di rischio, in particolare, non è lo stesso per tutti gli investitori: alcuni operatori hanno un rischio medio-basso, altri medio, altri medio-alto e altri ancora molto alto. Per qualcuno, per esempio, il rischio di perdere il 10-15% del proprio capitale è tollerabile, per qualcun altro non lo è. Non solo: a fronte di un certo livello rischio, i vari investitori hanno aspettative di rendimento assai diverse. Per risolvere questo problema vedremo che, nella costruzione di strategie operative per il trading di breve termine, sarà fondamentale individuare quelle situazioni tecniche in cui il rischio iniziale è contenuto e il rendimento potenziale elevato.
A creare ulteriori difficoltà ci sono i sempre più frequenti spot pubblicitari che attirano ignari investitori, con la promessa di garantire, in poco tempo e senza particolari competenze, dei profitti esorbitanti.
Uno degli errori commessi da chi pensa di arricchirsi in poco tempo è pensare che si possano avere profitti elevati con rischi contenuti e con capitali modesti.
La verità è che, per riuscire a guadagnare in modo costante e sistematico sui mercati finanziari, è necessaria competenza e professionalità. Per brevi periodi di tempo è anche possibile (teoricamente) ottenere rendimenti elevati (sempre a fronte di rischi consistenti), ma ciò che va sempre considerato è il modo con il quale quei profitti sono stati ottenuti. In particolare:
• Un conto è guadagnare il 10% ogni mese per tre mesi di fila; un altro è guadagnare il 5% il primo mese, il 10% il secondo e il 20% il terzo. Il rendimento finale è simile, ma è evidente come nel secondo caso i risultati parziali siano decisamente più variabili.
• Un conto poi è ottenere un rendimento annuo del 12% guadagnando costantemente l’1% al mese; un altro è guadagnare sempre il 12%, ma alternando mesi in cui si è perso il 6% e altri in cui si è guadagnato il 10%.
Questi semplici esempi mostrano come la variabilità/volatilità dei risultati o del rendimento costituisca un importante elemento di valutazione per i propri investimenti. In generale, la volatilità (misurata tramite la deviazione standard e alla quale dedicheremo ampia visibilità all’interno del libro) esprime proprio il rischio di sbagliare previsione circa il futuro rendimento del proprio investimento.
Per poter approcciare in modo corretto al trading sui mercati finanziari, è necessario definire (Figura 1.1):
a. Su quali strumenti si intende operare. Il mio consiglio è di iniziare a operare sui titoli azionari e di specializzarsi su un certo gruppo di titoli (per esempio i 40 titoli che compongono l’indice Ftse Mib). Successivamente si può pensare di passare ai future (per esempio il Ftse Mib future, l’EuroStoxx 50 future, il Dax future) e al Forex (euro/dollaro, euro/yen, euro/gbp, dollaro/yen e così via). La scelta, ovviamente, dipende sia da quanto tempo si può dedicare all’analisi e allo studio, sia dagli orari in cui si possono seguire i mercati.
b. Motivi in base ai quali viene deciso cosa comprare e cosa vendere. Se si lavora con finalità di investimento, si devono inevitabilmente considerare anche fattori di tipo macroeconomico, mentre se si opera con finalità di trading è necessaria la conoscenza dei principi e delle tecniche operative legate all’analisi tecnica.
c. L’orizzonte temporale delle operazioni. Anche in questo caso, se si decide di operare in un’ottica di medio termine, si andrà alla ricerca di interessanti opportunità di acquisto (long) su base fondamentale (individuando eventuali situazione di sottovalutazione) e si dovranno pertanto sfruttare discese consistenti dei mercati per accumulare posizioni. Al contrario, se si ragiona con finalità speculative di breve termine, si potrà andare sia long (al rialzo) sia short (al ribasso), sfruttando le diverse situazioni di mercato che si possono creare nel breve termine.
d. I livelli di prezzo da utilizzare per l’entrata e l’uscita dalla posizione. Anche quando si opera in un’ottica di investimento, è importante avere un giusto market timing e può essere utile usufruire delle indicazioni fornite dagli strumenti grafici/quantitativi propri dell’analisi tecnica.
e. Come comprare/vendere le varie attività finanziarie (un titolo azionario, un cambio, un future, un ETF e così via). La banche e i broker online offrono la possibilità di operare su qualunque mercato e con qualunque strumento finanziario. È importante tuttavia conoscere le funzionalità della piattaforma con la quale si opera, i vari strumenti a disposizione (per esempio la marginazione) e le caratteristiche delle attività sulle quali si vuole investire (per esempio come funziona un future, le proprietà dell’ETF che si intende acquistare e così via).
f. Quanto denaro investire in una singola operazione. Questo aspetto, spesso sconosciuto o sottovalutato da molti operatori, è fondamentale per poter controllare il rischio al quale ci si espone. Nel Capitolo 6 descriveremo alcune metodologie relative al money management.
FIGURA 1.1 – I vari aspetti che devono essere definiti prima di iniziare a operare.
I passaggi necessari per costruire una valida metodologia operativa sono sostanzialmente sei:
1. Ottenere un accesso al mercato (o ai mercati) sul quale si vuole operare.
2. Definire l’orizzonte temporale del proprio investimento.
3. Scegliere che cosa comprare e il relativo strumento finanziario (un’azione, un future, un ETF, un cambio e così via).
4. Decidere la quantità di capitale da utilizzare (money management).
5. Decidere cosa fare sia se le cose vanno male (risk management), sia se vanno bene (profit management).
6. Inviare l’ordine al mercato e monitorarne l’andamento.
Il primo passo, quindi, consiste nell’aprire un conto presso un intermediario (una banca o un broker online) che consenta di operare sui diversi mercati finanziari (argomento che verrà approfondito nel Capitolo 3). Oggi, grazie a Internet, è possibile aprire un conto di trading senza muoversi da casa e tutti i moduli necessari possono essere compilati online. Va solo inviata una copia dei propri documenti di identità e la scansione di un’utenza domestica (elettricità, gas), così che la banca possa accertare il domicilio effettivo del cliente. All’apertura di un conto è prevista anche la compilazione di una serie di questionari informativi, che servono alla banca per stilare un profilo personale del cliente, basato sulla sua esperienza in tema di mercati finanziari e la sua tolleranza al rischio (normativa MiFID).
Quello che va qui evidenziato è che il forte sviluppo tecnologico degli ultimi anni ha introdotto diverse novità nel mondo del trading. In particolare:
• Oggi è possibile operare su qualunque mercato finanziario (azionario, valutario, obbligazionario, delle materie prime e così via).
• C’è stata una forte espansione dei servizi (consulenza professionale, piattaforme di trading, strumenti di analisi e così via).
• Si è registrata una forte riduzione dei costi di negoziazione (ossia delle commissioni richieste dai vari broker per operare).
• Si è assistito a un forte sviluppo delle tecniche operative.
Abbiamo già evidenziato come il primo fattore da valutare nel campo degli investimenti sia quello temporale. La scelta fondamentale è tra essere investitori o speculatori. I primi guardano molto avanti nel tempo: assumono posizioni di investimento con l’obiettivo primario di accrescere il capitale nel corso di mesi/anni. Effettuano investimenti in obbligazioni, fondi comuni di investimento, ETF, titoli azionari, scegliendo aziende ritenute solide e in grado di offrire dividendi interessanti.
Gli speculatori, invece, operano sui mercati finanziari su orizzonti temporali di breve/brevissimo termine: pochi giorni, oppure anche poche ore o minuti (in alcuni casi addirittura pochi secondi).
Come corollario a questa distinzione, occorre considerare una delle leggi fondamentali legate all’investimento, ossia che i profitti richiedono tempo per maturare. Per guadagnare ci vuole quindi del tempo, ma più tempo si rimane in posizione e maggiori sono i rischi che si corrono. Per questo motivo è necessario trovare il giusto compromesso tra il profitto atteso e il tempo necessario per ottenerlo.
La parte operativa richiede invece di dotarci di una metodologia operativa che fornisca:
a. Validi segnali di entrata.
b. Una solida gestione del rischio.
c. Un’efficiente gestione dei profitti.
In pratica, la strategia deve definire:
1. Che cosa comprare e quando comprare.
2. Che cosa fare se le cose vanno bene.
3. Che cosa fare se le cose vanno male.
A livello finanziario, poi, ci sono fondamentalmente due modi per guadagnare sui mercati finanziari: o si investe una cifra contenuta di denaro e si mira a cogliere un movimento favorevole di ampio respiro, oppure si investe una cifra più consistente (utilizzando per esempio la marginazione o la leva finanziaria offerta da alcuni strumenti finanziari, come i future) e si sfruttano i movimenti di breve termine compiuti dai prezzi. Nel primo caso si seguono logiche di investimento utilizzando l’analisi fondamentale; nel secondo caso si seguono strategie di trading fondate sull’analisi tecnica.
A seconda dell’orizzonte temporale previsto per il proprio investimento, è necessario utilizzare criteri specifici per la selezione delle attività finanziarie che si intende acquistare. Se, per esempio, si vogliono acquistare azioni al fine di ottenere profitti di lungo periodo, occorre analizzare il contesto economico generale/settoriale/specifico della società quotata, con l’obiettivo di stimarne il valore corretto (fair value). Questo valore andrà poi confrontato con il valore/prezzo di mercato, al fine di determinare se la società sia sopra o sottovalutata. I prezzi espressi dal mercato oscillano continuamente verso l’alto e verso il basso, per effetto dell’azione costante della domanda e dell’offerta, a loro volta influenzate dalle informazioni disponibili sul mercato e dalla percezione degli operatori in merito al futuro andamento dei prezzi stessi.
L’elemento fondamentale è quindi costituito dalle aspettative sui prezzi.
Chi acquista un titolo azionario lo fa perché si aspetta che il suo prezzo sia destinato a crescere. Chi lo vende lo fa perché ritiene che il suo prezzo sia destinato a calare. Ma soltanto uno dei due investitori avrà ragione.
Le aspettative e le divergenze di opinioni rendono possibili gli scambi sui mercati finanziari: per ogni trade/operazione c’è un venditore che vuole liberarsi da un’azione in cui non crede più e un compratore che ha aspettative opposte.
Informazioni, ipotesi, aspettative e probabilità sono dunque i motori che muovono i prezzi. Queste differenze di vedute sono originate essenzialmente da tre fattori:
1. I diversi livelli di accesso alle informazioni. Non tutti gli operatori ricevono infatti le stesse informazioni nello stesso istante: c’è sempre chi arriva prima, perché ha un accesso preferenziale alle informazioni e ne può potenzialmente beneficiare. Da questo punto di vista occorre evidenziare che Internet e le varie piattaforme offrono un accesso diretto e immediato a tutte le notizie in grado di influenzare l’andamento dei mercati (si pensi, per esempio, alla diffusione dei dati macroeconomici che vengono quotidianamente rilasciati e diffusi dalle varie agenzie stampa).
2. La capacità di analisi e interpretazione delle informazioni stesse. Spesso ci possono essere divergenze di opinione in merito all’interpretazione di tali informazioni e al loro impatto sui prezzi. Molte volte un dato macroeconomico o aziendale viene valutato da alcuni operatori in modo positivo e da altri operatori in modo negativo. Anche in questo caso, più che il dato in sé, ciò che conta sono le attese del mercato e la situazione tecnica/psicologica presente sul mercato prima dell’arrivo del dato stesso. Molto spesso, per esempio, un dato macroeconomico di per sé positivo (per esempio un PMI1 americano sopra i 50 punti), può essere interpretato in modo negativo perché le attese erano superiori (per esempio, ci si aspettava un dato superiore ai 55 punti) o perché i prezzi erano già saliti in precedenza, anticipando la diffusione di un dato positivo.
3. Il diverso orizzonte temporale delle posizioni che vengono costruite. In ogni istante sul mercato sono presenti diversi operatori, che hanno obiettivi e finalità completamente diverse. Ci sono fondi di investimento che lavorano su orizzonti temporali di medio termine e possono giudicare conveniente acquistare un certo titolo azionario perché ritengono che nei prossimi 6/12 mesi sia destinato a risalire. Nello stesso istante ci sono anche fondi di investimento speculativi (Hedge Fund) che, lavorando su orizzonti temporali di breve termine, vendono (short) quel titolo azionario, perché ritengono che nei successivi 3/10 giorni sia destinato a scendere.
I PRINCIPALI ERRORI CHE SI COMMETTONO
L’investitore che si affaccia sul mondo dei mercati finanziari va considerato al pari di una persona che vuole imparare a giocare a tennis. È necessario che conosca le regole del gioco, che si doti dei materiali necessari e che frequenti delle lezioni da maestri/insegnanti che gli dicano cosa deve e cosa non deve fare. Questo libro descrive, spero in modo esauriente, le cose che si devono conoscere. Questo paragrafo e quello successivo sono invece dedicati alle cose che non si devono fare, ossia agli errori che trader e investitori tendono a ripetere con una certa frequenza.
I più diffusi (Figura 1.2) sono:
1. Non accettare le perdite. Uno dei problemi più grandi che affliggono il trader è quello di non chiudere in perdita le operazioni che si dimostrano errate. È una difficoltà legata sia all’aspetto economico sia a quello psicologico (molte persone trovano estremamente difficile ammettere di aver sbagliato). Molti trader costruiscono strategie operative con stop-loss2 solo “teorici”: individuano cioè un livello di supporto e, mentalmente, pensano di chiudere la posizione se i prezzi dovessero scendere sotto quella soglia. In realtà, poi, quando i prezzi rompono effettivamente il supporto e occorre subire effettivamente la perdita, preferiscono aspettare e attendere che qualcosa cambi. Qualcuno pensa che il mercato stia sbagliando. Altri cercano qualche motivazione tecnica per ipotizzare che sia solo un falso segnale. Altri ancora incrementano le posizioni per mediare il prezzo di carico. Nulla di più sbagliato. La verità è che, nella maggior parte dei casi, la strategia che è stata costruita si è rivelata sbagliata e occorre uscire subito da quella posizione, prima che la situazione peggiori ulteriormente.
2. Non seguire regole prestabilite. La mancanza di un piano operativo costruito a tavolino, in cui si definisce dove viene determinato quanto investire nella singola operazione; qual è il rischio massimo che si è disposti a correre; quali sono i livelli operativi che si intende utilizzare nella propria operatività (entry level, stop-loss iniziale, take-profit), porta il trader a commettere errori dettati dall’emotività e dallo stress di dover poi gestire la posizione in tempo reale. Sorgono dubbi, perplessità, incertezze che nulla hanno a che fare con l’analisi che è stata effettuata a bocce ferme e che aveva portato a giudicare come interessante una certa situazione tecnica.
3. Non imparare dagli errori. Spesso gli operatori commettono lo stesso tipo di errore (entrano sul mercato prima del dovuto, entrano in posizione in ritardo, chiudono anticipatamente la posizione, non rispettano gli stop-loss e così via) e dai loro sbagli non riescono a trarre il dovuto insegnamento. Per poter analizzare nel dettaglio la propria operatività è opportuno tenere la contabilità delle varie operazioni, segnando il livello di entrata, lo stop-loss, l’eventuale take-profit e la motivazione per la quale è stata fatta l’operazione. Solo la corretta registrazione di tutti i trade può infatti consentire di valutare in modo oggettivo i risultati ottenuti, individuando le situazioni sulle quali si è profittevoli e quelle invece su cui si commettono errori e si subiscono delle perdite.
4. Non avere pazienza. Una delle difficoltà che spesso il trader incontra è quella di saper aspettare che si creino le situazioni necessarie per operare. Il fatto di rimanere in stand-by per un po’ di tempo può risultare snervante da un punto di vista mentale. Ciò porta il trader a operare anche quando non vi sono le condizioni, solo per il fatto di dover fare qualcosa. In alcuni casi si rischia addirittura di andare in overtrading (ossia di operare in modo frenetico, senza una logica di fondo), per la voglia di recuperare perdite precedenti o per voler proseguire un’eventuale striscia positiva di operazioni.
5. Non far correre a sufficienza i profitti. Una delle regole di base del trading sostiene di “tagliare le perdite e lasciare correre i profitti”. Quando il mercato va nella direzione ipotizzata, è opportuno (direi necessario) sfruttare la situazione, seguendo tuttavia delle regole precostituite (prendendo profitto parziale, per esempio, dopo che i prezzi hanno compiuto un movimento favorevole, proporzionato al rischio iniziale al quale ci si è esposti). Una delle tecniche che si può utilizzare è quella di simulare la propria operatività a tavolino (quello che in gergo tecnico viene chiamato paper trading), per poter valutare effettivamente se i target/take-profit che vengono utilizzati nella propria operatività sono troppo vicini o troppo lontani rispetto al movimento effettivamente compiuto dal mercato. In alcuni casi ci si accorgerà di aver chiuso le posizioni troppo presto, mentre in altri, invece, di aver fissato degli obiettivi troppo ambiziosi.
6. Non seguire rigide regole di money management. Soltanto un’attenta gestione del denaro può consentire di sopravvivere a lungo sui mercati finanziari. Il trader che si assume rischi troppo elevati, che non rapporta in modo corretto la dimensione delle singole posizioni al capitale totale di cui dispone, che non rispetta gli stop-loss prefissati, è destinato inevitabilmente a subire delle perdite. Per poter ottenere rendimenti positivi in modo costante, è necessario essere estremamente disciplinati e rigidi nella propria operatività. Se non si rispettano queste regole, è inevitabile che la nostra equity-line (la linea cumulata dei profitti e delle perdite, che registra l’esito finale delle varie operazioni) sarà molto volatile: ci saranno periodi in cui si ottengono buoni risultati (a fronte tuttavia di rischio elevato), ma anche periodi in cui si subiscono perdite consistenti.
7. Seguire rumor/notizie, anziché le proprie analisi. Molti trader sono spesso distratti dal fiume di notizie che giungono continuamente sul mercato e tendono a farsi influenzare dai giudizi espressi da altri analisti. Non bisogna mai dimenticare che fare trading significa lavorare sui prezzi: questi ultimi vanno pertanto seguiti da vicino, analizzati, studiati. Bisogna capire come si sono formati e quale potrebbe essere il loro comportamento futuro. Tutto il resto è solo “noise”, rumore di fondo, che può sicuramente generare volatilità (in occasione, per esempio, della diffusione di importanti dati macro o in seguito ad alcune scelte societarie particolarmente rilevanti), ma non è quasi mai in grado di modificare la struttura tecnica del mercato. Se quest’ultimo è impostato per salire, troverà il modo di salire anche in presenza di un ambiente negativo (anzi, un mercato che non scende quando arrivano notizie negative è sintomo di forza e indica la volontà di salire, con i compratori che hanno sfruttato queste notizie per accumulare posizioni al rialzo); se invece il mercato è impostato per scendere, troverà il modo di scendere anche in presenza di un ambiente positivo (anzi, un mercato che non sale quando arrivano notizie positive è sintomo di estrema debolezza e indica la volontà di scendere, con i venditori che hanno utilizzato queste notizie per liquidare eventuali posizioni long o aprire nuove posizioni short).
8. Utilizzare analisi complesse. I trader alle prime armi, spesso alla ricerca del Sacro Graal, riempiono i loro schermi di indicatori/oscillatori tecnici, di numerose trendline3 che si intersecano con i prezzi, di complessi metodi grafici di difficile decifrazione. Niente di più sbagliato. Il grafico deve essere il più pulito possibile, con i prezzi che devono avere la maggiore visibilità possibile, con alcune linee di tendenza che aiutano a individuare il trend principale e identificare i principali livelli di supporto o di resistenza, e pochi, pochissimi indicatori che possono fornire utili informazioni operative. L’obiettivo è ottenere un grafico/layout che sia il più chiaro e il più semplice possibile, dove devono essere evidenti i livelli chiave che si sono formati e sui quali si intende operare.
9. Non avere le idee chiare. Quando si decide di aprire una nuova posizione (e quindi di mettere a rischio il proprio denaro), è necessario avere un quadro chiaro e preciso della situazione. Se si hanno dubbi, incertezze, indecisioni è meglio rinunciare. Se il quadro tecnico risulta contrastato, significa che il mercato stesso è indeciso sul da farsi. In queste condizioni è preferibile stare alla finestra, in attesa che lo scenario si chiarisca o si sblocchi. La regola di base è che si entra sul mercato solo quando le probabilità di successo sono a nostro favore, ossia quando le analisi condotte (analisi grafica, analisi quantitativa e analisi volumetrica) sono tutte concordi nell’evidenziare che i prezzi siano destinati a salire (per un’operatività long) o a scendere (per un’operatività short). In generale, è preferibile perdere un’occasione, piuttosto che assumersi un rischio scommettendo sul fatto che i prezzi prendano la direzione sperata. Il trading consente di ottenere risultati positivi solo se si sfruttano le situazioni favorevoli e si riduce il più possibile il proprio livello di rischio.
10. Passare da una strategia all’altra. Il trader deve costruirsi una solida metodologia di analisi e una valida strategia operativa. Quest’ultima richiede di operare solo quando si presentano situazioni tecniche che l’operatore ha imparato sia a riconoscere (per esempio un breakout4, o una barra di reversal5), sia a sfruttare. Questo significa che, di fronte a situazioni simili, si dovrà operare in modo simile, utilizzando sempre gli stessi tool (grafici/quantitativi/volumetrici), assumendo lo stesso livello di rischio e gestendo la posizione nello stesso modo. Non si deve pertanto cambiare il proprio modo di operare solo perché gli ultimi risultati sono stati negativi. Le perdite vanno gestite e analizzate, ma non devono farci abbandonare una metodologia che nel corso del tempo ha dimostrato di funzionare.
FIGURA 1.2 – Gli errori più frequenti commessi da trader e investitori.
Molto spesso trader e investitori subiscono perdite consistenti sui mercati finanziari, non tanto per la scarsa conoscenza delle tecniche di entrata/uscita, quanto per un’errata gestione del denaro (quello che in gergo tecnico viene chiamato money management).
I due errori più gravi che vengono solitamente commessi sono:
• Investire in una singola operazione una quantità di denaro troppo elevata, rispetto al capitale totale che si ha a disposizione.
• Perdere il controllo di una posizione, lasciando che una piccola perdita si trasformi in una più grande.
Nel primo caso, infatti, se la posizione non dovesse andare subito nella direzione sperata, si potrebbe generare forte apprensione e tensione, annebbiando in questo modo le scelte operative del trader. Nel secondo caso, il pericolo è quello di subire perdite significative, tali da incidere in modo consistente sul capitale disponibile.
Per questi (e altri) motivi diventa fondamentale seguire una strategia prestabilita, a cui attenersi in modo rigoroso. Il pericolo, infatti, è che le emozioni “da trading” prendano il sopravvento e generino scelte poco razionali e quasi sempre sbagliate. Se i prezzi dovessero scendere sotto il livello di stop-loss, per esempio, la prima reazione emotiva (oltre all’inevitabile delusione e arrabbiatura) sarebbe spesso di incredulità. In un primo momento, infatti, è difficile ammettere di avere sbagliato. In alcuni casi si rimane immobili, quasi paralizzati, con la perdita che nel frattempo assume dimensioni sempre più consistenti. Il problema è che, se la posizione non è stata chiusa con una perdita del 2% e non si ha la forza di chiuderla quando si perde il 5%, quando poi ci si troverà con un -10% ben difficilmente si accetterà di uscire dalla posizione. Con il passare del tempo subentra la rassegnazione e l’unica speranza (spesso vana) diventa quella di poter recuperare in futuro (trasformando in questo modo un’operazione nota con finalità di trading, in una di investimento per il medio termine). In questo frangente, tuttavia, il trader non ha più il controllo della situazione ed è in balìa del mercato. Sarà quest’ultimo, infatti, che deciderà se il trader recupererà in tutto o in parte il suo denaro o se invece la perdita continuerà ad aumentare.
La famosa “legge della rovina statistica” (evidenziata nella tabella di drawdown recovery, Tabella 1.2) mostra come la percentuale di recupero cresca in modo quasi esponenziale all’aumentare delle perdite subite, rendendo assai difficile (per non dire impossibile) ritornare al capitale iniziale. Per questo motivo è assolutamente necessario dotarsi di un valido modello di money management (argomento che verrà decritto nel Capitolo 6).
TABELLA 1.2 – Più la perdita è consistente, più è difficile recuperarla e tornare al capitale di partenza.
% Perdita |
% Recupero |
-5% |
5,26% |
-10% |
11,11% |
-15% |
17,65% |
-20% |
25% |
-25% |
33,33% |
-30% |
42,86% |
-40% |
66,67% |
-50% |
100% |
-60% |
150% |
-80% |
400% |
-90% |
900% |
La gestione del rischio (che in gergo tecnico viene chiamata risk management) è l’aspetto più importante nella costruzione di strategie operative che possano durare nel corso del tempo. La sua funzione principale è quella di evitare che una o più posizioni possano sfuggire al controllo del trader e generare una perdita la cui entità potrebbe incidere in modo significativo sul capitale a sua disposizione. Chi opera sui mercati finanziari deve sapere, infatti, che le perdite sono inevitabili e fanno parte delle “regole del gioco”.
I risultati di un buon trader sono spesso caratterizzati:
• Da diverse operazioni chiuse con delle piccole perdite.
• Da un numero simile di operazioni che generano piccoli utili.
• Da alcune operazioni che producono un utile consistente.
Questa analisi (volutamente semplificata) conferma la validità del celebre detto “taglia le perdite e lascia correre i profitti”.
Per quanto riguarda la parte “taglia le perdite”, occorre prestabilire e rispettare, in modo rigoroso e disciplinato, gli stop-loss che vengono fissati. Gli stop-loss costituiscono infatti una parte rilevante (per non dire fondamentale) di ogni strategia operativa: a ogni ingresso sul mercato deve essere sempre associato uno stop-loss iniziale, che va pertanto inserito all’interno della piattaforma di trading simultaneamente al prezzo d’entrata. Lo stop deve essere fissato in modo oggettivo e non può più essere spostato. In questo modo si evita che l’emotività legata all’andamento del trade possa indurre il trader a modificare in modo soggettivo la propria operatività.
Quando si costruisce una strategia operativa a tavolino (per esempio studiando i grafici giornalieri di fine giornata), si ha molto più tempo a disposizione per analizzare la situazione, rispetto a quando si opera in real time; si è quindi in grado di individuare con maggiore calma, precisione e oggettività i livelli operativi sui quali intervenire. L’andamento del mercato in tempo reale introduce spesso diverse tensioni emotive e può indurre il trader a modificare la sua operatività, con effetti spesso negativi (per esempio allontanando il livello di stop-loss, assumendo quindi un livello di rischio maggiore rispetto a quello che si era prestabilito, piuttosto che un’uscita anticipata dalla posizione per la voglia di monetizzare il guadagno fin lì ottenuto). Un eventuale spostamento dello stop-loss o del prezzo di ingresso modifica in modo sostanziale la strategia operativa e impedisce ex post di poter giudicare in modo oggettivo il risultato ottenuto.
Per quanto riguarda la parte “lascia correre i profitti”, il principio stabilisce che le posizioni che producono degli utili vanno conservate fino a quando non viene fornito un segnale di uscita. In particolare, le strategie direzionali (che utilizzano indicatori di tipo trend-following, come le medie mobili) cercano di eliminare il rumore di fondo (noise) presente sul mercato e si focalizzano sulla tendenza primaria che i prezzi stanno esprimendo. Una tecnica operativa che può essere utilizzata per gestire la posizione prende il nome di “50/50” (fifty/fifty). Quest’ultima prevede di liquidare metà posizione quando si ottiene un profitto pari al doppio del rischio iniziale (se il trader ha rischiato il 2%, per esempio, si deve ottenere un guadagno del 4%). Sull’altra metà posizione si deve alzare lo stop a pareggio (ossia al livello al quale è stata aperta la posizione) e si segue poi lo sviluppo successivo dei prezzi tramite adeguati livelli di trailing-stop (posizionati su base grafica o tramite opportuni indicatori tecnici). L’obiettivo è di far correre il più possibile questa metà posizione, sulla quale non si corre ormai più alcun rischio. In questo modo anche una strategia operativa che genera il 50% di trade in utile e il 50% in perdita, riesce comunque ad avere un saldo finale positivo (visto che le perdite subite vengono compensate dagli utili prodotti dalla metà posizione che si chiude in guadagno e il profitto finale è generato dalla metà posizione che si lascia correre in direzione del trend primario e sulla quale non si corre più alcun rischio).
Uno dei detti spesso richiamati da trader e gestori finanziari è che “il mercato ha sempre ragione”. Con questa frase si intende sottolineare come l’unico interlocutore con il quale gli investitori si devono confrontare sia il mercato (e quindi i prezzi da esso espressi). I giudizi di sovra/sottovalutazione, le stime fornite dalle varie società di consulenza e le congetture/ipotesi espresse dai diversi analisti, devono essere valutati con estrema attenzione e utilizzati con la massima cautela. Aprire una posizione al rialzo su una certa attività finanziaria (per esempio un titolo azionario), solo per il giudizio positivo espresso da una banca d’affari o perché si ipotizza una salita futura dei prezzi in virtù di ipotetici risultati positivi, conduce molto spesso l’investitore in errore (e a subire perdite considerevoli).
Occorre anzitutto ricordare che i mercati finanziari non guardano al passato, ma in avanti, ossia cercano, per quanto possibile, di anticipare/scontare l’andamento futuro delle variabili macroeconomiche che possono condizionarne l’andamento. Questo significa che, in occasione della diffusione di dati macro o di singoli risultati societari, è necessario valutare non tanto il risultato storico, quanto il risultato previsto per il futuro e confrontarlo con quello che il mercato si attendeva.
Ipotizziamo che venga diffuso il PIL americano relativo al secondo trimestre. L’attesa è per un +3,9%, contro un dato precedente (relativo al primo trimestre) di +3,6%. Se dovesse uscire un +3,8%, è probabile che il mercato (azionario) reagisca in modo negativo, perché il dato è stato superiore al dato precedente (3,8% contro 3,6%), ma inferiore alle attese che il mercato aveva (3,9% contro 3,8%) e sul quale il mercato stesso (e quindi i suoi prezzi) si era attestato.
Il trader/investitore, quindi, non si deve far condizionare dal fatto che il mercato venga valutato come sopra o sottovalutato. In un mercato giudicato come sopravvalutato, per esempio, i prezzi possono continuare a salire per molto tempo, nonostante la presenza di elevate valutazioni di tipo fondamentale. Allo stesso modo, i prezzi di un mercato sottovalutato possono continuare a scendere anche in presenza di valutazioni che possono apparire sacrificate. Ciò che conta (e che produce utili e/o perdite) sono solo i prezzi e l’obiettivo primario di ogni trader/operatore deve essere quello di entrare a un certo prezzo e di uscire della posizione a un prezzo più alto (per le posizioni long). Per poter ottenere risultati positivi con il trading non sempre è necessario prevedere correttamente l’andamento dei mercati.
Alcuni trader riescono infatti a generare degli utili nonostante sbaglino una buona parte delle loro previsioni. Com’è possibile? Lasciano correre i profitti e tagliano le perdite. In questo modo i guadagni ottenuti con le operazioni che vanno in positivo riescono ad assorbire e superare le perdite generate dalle operazioni sbagliate. È altrettanto vero, tuttavia, che non sempre i trader/analisti che fanno buone previsioni riescono poi a ottenere risultati positivi. In molti casi, infatti, la componente psicologica gioca un ruolo fondamentale. Charles Dow scrisse molto tempo fa che “nessun altro fattore è maggiormente responsabile delle perdite in borsa quanto l’orgoglio, che non fa ammettere i propri errori”.
Molti trader, infatti, sono incapaci di ammettere i loro errori di valutazione. Questo atteggiamento, in ambito finanziario, conduce quasi sempre a risultati negativi. Spesso il trader rimane ancorato alle proprie convinzioni e non si accorge che sul mercato si è verificata un’inversione di tendenza. Questo può essere dovuto a un’analisi errata della situazione tecnica, ma può anche essere provocato dal fatto che il mercato stesso abbia cambiato opinione/direzione.
In questi casi il trader pensa di essere un “gradino sopra il mercato” e di saperne di più. Ritiene infatti di essere nel giusto e che, prima o poi, il mercato gli darà ragione. In questa situazione psicologica il trader commette solitamente un duplice errore:
• Valuta una discesa dei prezzi come una semplice correzione e non comprende che si tratta di una flessione che già si inserisce in un trend ribassista. Apre quindi nuove posizioni long che la successiva discesa del mercato porterà in stop-loss.
• Giudica un recupero dei prezzi come un semplice rimbalzo tecnico e non si accorge che quel recupero è l’inizio di una fase rialzista. Apre quindi posizioni short che la successiva risalita del mercato farà chiudere in perdita.
Questo atteggiamento di superbia/arroganza nei confronti del mercato si verifica solitamente dopo che si sono ottenuti una serie di risultati positivi: l’entusiasmo e la presunzione portano infatti ad abbassare le proprie difese e spingono il trader ad assumere rischi sempre più alti. Rischi che, presto o tardi, portano a perdite consistenti, che vanno spesso ad azzerare gli utili faticosamente ottenuti con le operazioni precedenti.
Il trader non deve mai dimenticarsi che lavora con i prezzi ed è su questi ultimi che calcola le sue plusvalenze o le minusvalenze. Il suo operato non viene giudicato dalle sue valutazioni o dalle sue analisi ma solo e soltanto dal saldo finale (giornaliero) del suo conto.
Il suo lavoro è quello di:
• Studiare la situazione tecnica del mercato.
• Comprendere che cosa è successo nel recente passato.
• Conoscere come si è arrivati ai prezzi più recenti.
• Capire qual è la cosa più probabile che il mercato potrà fare nel prossimo futuro.
In pratica, si deve rispondere a questa “semplice” domanda: “è più probabile che i prezzi salgano o che scendano?”.
Questo modo di procedere fa sì che il trader non venga influenzato da fattori esterni (il cosiddetto noise di mercato) e, nella sua operatività, si concentri esclusivamente sui prezzi. Come corollario a questa regola fondamentale ci sono poi alcuni principi di base (Figura 1.3) legati al money management.
FIGURA 1.3 – Le tre linee guida nella gestione della propria operatività.
In particolare:
1. Compra quando i prezzi salgono, vendi quando i prezzi scendono. È la regola fondamentale delle strategie che vengono chiamate di trend-following e sancisce che il trader debba sempre seguire il trend primario nel quale il mercato si trova inserito. Se il trend è rialzista, occorre pertanto ricercare opportunità long (in vista di un’ulteriore salita dei prezzi), mentre se è ribassista, si deve privilegiare un’operatività short/ribassista (in vista di un’ulteriore discesa dei prezzi).
2. Proteggi il tuo capitale. Questo principio richiama l’utilizzo degli stop-loss iniziali. Questi ultimi costituiscono l’unica polizza assicurativa in grado di impedire che una o più operazioni sbagliate possano produrre una perdita significativa, tale da incidere in modo sostanziale sulla consistenza del capitale che il trader ha a sua disposizione (al punto di impedirgli di continuare a operare). È opportuno evidenziare che le perdite devono essere sopportabili sia da un punto di vista finanziario (ossia devono essere sempre rapportate al capitale totale del trader), sia da un punto di vista psicologico (ossia non devono minare la fiducia del trader nella sua metodologia operativa).
3. Proteggi i profitti. Quando una posizione va nella direzione sperata, è opportuno gestirla con adeguati trailing-stop, la cui finalità principale è impedire che una posizione in utile si possa trasformare in una perdita. Alcune tecniche operative, per esempio, liquidano metà posizione al raggiungimento di target prestabiliti e alzano lo stop-loss iniziale a pareggio (quindi al prezzo di ingresso) sull’altra metà posizione.
Molti trader ritengono che i risultati (positivi o negativi) che si ottengono operando sui mercati finanziari, dipendano soprattutto dall’aspetto psicologico. I trader che operano in modo discrezionale, in particolare, è difficile che riescano a guadagnare in modo costante senza saper controllare i loro stati emozionali. Conoscerli e analizzarli può essere pertanto di aiuto per evitare di incorrere in errori che potrebbero produrre perdite particolarmente gravose.
Gli errori che vengono commessi sono sostanzialmente di due tipi: errori cognitivi ed errori emozionali. I primi riguardano una certa predisposizione a commettere errori, per via di alcuni pregiudizi che si formano nella testa del trader. I più diffusi sono l’iper-ottimismo, l’over-confidence e la conferma. Tutti e tre si commettono ex ante, ossia prima di entrare in posizione. L’iper-ottimismo sovrastima le possibilità di successo, portando il trader a sottovalutare i rischi. L’over-confidence, invece, ci porta a ritenere di sapere/conoscere più di quanto in realtà si conosca, pensando di poter controllare fenomeni complessi come i mercati finanziari. Si commette invece un errore di conferma quando si prendono in considerazione solo le informazioni che supportano il proprio punto di vista personale, scartando quelle che lo contraddicono.
Ci sono poi errori cognitivi che si commettono ex post, ossia dopo che viene chiusa una posizione. Il primo è l’errore di attribuzione, che attribuisce la colpa degli errori ad altri e mai a sé stessi; il secondo è l’errore del senno di poi e consiste nel giudicare facilmente prevedibile, a posteriori, il movimento dei prezzi.
Entrambi questi errori non consentono di fare la necessaria esperienza e di evitare di commetterli ancora in futuro.
Per quanto riguarda gli errori emozionali, può essere utile analizzare le varie situazioni psicologiche in cui il trader si può trovare (Figura 1.4).
1. La paura. È l’emozione più frequente ed è legata al rischio di subire delle perdite (e, in alcuni casi, anche alla paura di perdere delle possibili opportunità di guadagno).
La paura può nascere:
a. Prima di entrare in posizione. La paura di perdere del denaro (in particolare se si viene da una serie di risultati negativi) può indurre il trader a essere titubante nell’entrare in posizione, nonostante tutte le analisi indichino la presenza di una situazione interessante. In questi casi spesso si cercano ulteriori conferme da parte di altri indicatori e il pericolo è di perdere del tempo prezioso e di essere poi costretti a rincorrere il mercato (entrando quindi su un livello più alto rispetto a quello preventivato, con il concreto pericolo di assumersi un rischio più elevato rispetto a quello stabilito in sede di costruzione della strategia).
b. Quando la posizione è già in essere. In questo caso si ha il timore di perdere ciò che si sta guadagnando, temendo un’improvvisa inversione di tendenza. Basta per esempio una semplice pausa per renderci nervosi e indurci a chiudere preventivamente una posizione, senza che dal mercato e dagli indicatori arrivino segnali di allerta. Un’eventuale uscita anticipata, se poi il mercato dovesse proseguire nella direzione ipotizzata, porta a successive recriminazioni (legate al fatto di avere ottenuto solo un utile di piccole dimensioni, rispetto a un movimento ben più ampio compiuto dal mercato). Entrambi questi errori nascono dalla mancanza di fiducia nella propria metodologia che, dopo essere stata valutata e testata, dovrebbe invece essere seguita in modo costante e rigoroso.
2. Il desiderio. Quando una posizione non va nella giusta direzione, si spera che in un secondo momento il mercato finisca prima o poi per darci ragione. In alcuni casi si incrementa l’esposizione, compiendo un’assai pericolosa operazione di “media prezzo”. Spesso non si accetta il fatto di aver sbagliato l’analisi iniziale (o di riconoscere che il mercato ha cambiato la sua struttura tecnica), si vuole dimostrare a tutti i costi di aver ragione e di saperne di più rispetto al mercato. La realtà, tuttavia, è una sola: il mercato ha sempre ragione e nel trading occorre mettere da parte il proprio ego e saper accettare le sconfitte. C’è poi una forma particolare di desiderio che riguarda la voglia di rivalsa. Quando si subiscono delle perdite, in un primo momento c’è un senso di frustrazione e di delusione. Successivamente subentra la voglia di rifarsi, per riprendere quanto si è perso. Questo comportamento spesso ci induce o a incrementare l’operatività (con il pericolo di andare in overtrading, ossia di operare con estrema frenesia, entrando e uscendo più volte dal mercato senza che ce ne siano le condizioni), o a incrementare la dimensione (la size) delle posizioni che vengono aperte. Questo comportamento conduce solitamente a ulteriori risultati negativi, generati dall’assunzione di rischi superiori rispetto a quelli che si è in grado di gestire. Se non si accetta che una buona parte delle posizioni sia destinata a essere chiusa in stop-loss, significa non aver compreso che cos’è il trading, un’attività che si basa su strategie che hanno un fondamento statistico. E poiché non esistono strategie che hanno il 90/100% di riuscita, significa che nella maggior parte dei casi avremo a che fare con tecniche operative che avranno un risultato positivo nel 60/70% dei casi.
3. La delusione. Dopo una serie di operazioni chiuse in perdita o dopo un periodo in cui non si sono ottenuti i risultati sperati, è normale che ci sia delusione e sconforto. Questa situazione non deve tuttavia indurci ad assumere rischi maggiori, solo per il desiderio di volerci rifare quanto prima. Molti sono tentati di incrementare in modo significativo la loro esposizione sul mercato, con l’unico obiettivo di tornare quanto prima in utile. Così facendo, tuttavia, ci si espone a rischi che sono eccessivi, che nella maggior parte dei casi conducono solo a ulteriori sofferenze. Il trading richiede pazienza e costanza: si possono ottenere risultati positivi soltanto se si riescono ad affrontare con calma e disciplina le varie situazioni che i mercati ci propongono. Il trading non è una gara di velocità: può essere paragonato a una gara di 10.000 metri, dove si deve innanzitutto mantenere un passo costante. Ci possono essere fasi in cui si riesce ad accelerare, ma si deve essere consapevoli che ci sono anche periodi in cui occorre soffrire.
4. L’incertezza. L’incertezza spesso nasce da alcuni risultati negativi, che hanno minato la sicurezza nella propria strategia operativa. In queste situazioni alcuni trader giocano in difesa e preferiscono rimanere fuori dal mercato per un po’ di tempo. Questo atteggiamento, di per sé prudente, potrebbe però impedire di cogliere alcune situazioni interessanti che, oltre a generare un buon guadagno, potrebbero far ritornare un po’ di fiducia nella propria operatività. Altri trader preferiscono invece ridurre la size (dimensione) delle posizioni, in modo da ridurre il livello di rischio al quale si espongono e di riprendere confidenza con il mercato. In queste situazioni, tuttavia, è preferibile ri-esaminare gli ultimi trade effettuati, per capire quali sono stati gli errori commessi, analizzando sia la situazione tecnica presente sul mercato, sia come sono state gestite le varie posizioni (gli stop-loss erano adeguati? Gli stop-loss non sono stati rispettati? La posizione è stata chiusa prematuramente?).
5. La rabbia. Quando si subiscono perdite di una certa consistenza è normale che ci si arrabbi, prima nei confronti del mercato e poi con sé stessi. La prima reazione, del tutto normale, è quella di attribuire ad altri la colpa dei nostri errori: si pensa ci sia una cospirazione ai nostri danni, ordita dalle “mani forti”, che muovendo a loro piacere i prezzi mirano a farci perdere. Si tratta ovviamente di un pensiero del tutto immotivato: spesso, infatti, le perdite derivano da un’errata interpretazione della situazione tecnica presente sul mercato o dal fatto di non aver individuato nel modo corretto i livelli grafici sui quali va impostata la strategia. I trader più emotivi, sull’onda di questo sentimento di collera, spesso aumentano il modo indiscriminato la loro operatività, creando le premesse per ulteriori fallimenti. Spesso si decide di entrare con un grosso capitale su un’unica operazione, facendo una sorta di “all in” e sperando di fare il trade che risani di colpo il bilancio in rosso della nostra operatività. È utile evidenziare che nella maggior parte dei casi questa scommessa si traduce in una nuova e cocente delusione. In seguito a posizioni che hanno generato o che stanno generando forti perdite, subentra poi il panico.
6. Il panico. È la situazione mentale che subentra quando le perdite hanno assunto una dimensione tale da non poter più essere sopportate e gestite. La posizione non è stata chiusa quando i prezzi sono scesi sotto il livello di stop-loss e quando la perdita aveva dimensioni contenute (la cui entità era stata definita e accettata in fase di costruzione della strategia). Si è poi lasciato che la perdita diventasse sempre più consistente, fino a diventare talmente consistente da non lasciare altra via al trader/investitore: abbandonare la posizione a sé stessa e sperare che nel medio/lungo termine il mercato restituisca, se non tutto, almeno una parte del capitale iniziale. Le conseguenze di questa situazione possono essere devastanti, sia da un punto di vista monetario, sia da quello psicologico: viene infatti minata la fiducia nella nostra strategia e il pericolo è che si abbia poi paura a rientrare sul mercato (sia per l’insicurezza che ne deriva, sia per la paura di riprovare sensazioni così negative).
7. L’euforia. È la situazione opposta a quella precedente e si verifica dopo una serie di operazioni che si sono chiuse con un guadagno particolarmente significativo. Ci sono periodi, infatti, in cui si è entrati in sintonia totale con il mercato, con quest’ultimo che sembra muoversi in base alle nostre indicazioni. Se decidiamo di entrare long, i prezzi accelerano subito al rialzo, se apriamo posizioni short, il mercato scende subito con decisione. In questa situazione, in cui c’è fiducia assoluta nella nostra operatività, spesso si corre il rischio di esagerare, decidendo di incrementare in modo eccessivo l’esposizione e assumendo rischi sempre più elevati. Il pericolo però è dietro l’angolo: basteranno alcuni trade in perdita per riportarci sulla terra e far rientrare tutto nella normalità (fatta di molte operazioni che generano utili/perdite contenuti e di poche operazioni che riescono a produrre risultati apprezzabili).
FIGURA 1.4 – I vari stati emozionali in cui ci si può trovare quando si opera sui mercati finanziari.
LE 10 LEZIONI CHE HO IMPARATO IN 20 ANNI SUI MERCATI FINANZIARI
Nelle pagine successive, per concludere questo primo capitolo, ho raccolto, in oltre 20 anni di esperienza sui mercati finanziari, le 10 lezioni fondamentali che ogni trader/investitore dovrebbe rispettare per poter ottenere dei risultativi positivi dai propri investimenti.
1. Avere una mentalità difensiva
Questo primo insegnamento richiama la famosa citazione di Warren Buffett sulla gestione del denaro: “Regola n. 1: non perdere mai soldi. Regola n. 2: non dimenticare mai la regola numero uno”. I trader principianti spesso si avvicinano al mondo del trading con una mentalità completamente sbagliata. Cercano di fare soldi il più velocemente possibile, mentre in realtà dovrebbero cercare di proteggere il più possibile i loro soldi. Non bisogna mai dimenticare che “il miglior attacco è una buona difesa”.
Per ottenere risultati positivi nel medio termine, quindi, è necessario utilizzare un approccio difensivo nel breve termine. Ciò significa che si deve operare e rimanere in posizione soltanto quando ci sono le giuste condizioni e tutti i criteri del proprio piano di trading sono soddisfatti. L’obiettivo principale del trading non è solo quello di “fare soldi”, ma anche non perdere quelli guadagnati in precedenza. Queste sono due cose che richiedono un’estrema forza mentale.
Può accadere che all’inizio un trader principiante, particolarmente fortunato, possa ottenere risultati positivi. Ma se dovesse continuare a operare senza un piano ben preciso, è molto probabile che restituirà al mercato tutto quanto ha guadagnato in precedenza e, successivamente, perderà anche il capitale con il quale aveva iniziato a operare. La chiave del successo, quindi, è la conservazione del capitale. E per conservarlo è necessario utilizzare un approccio difensivo sul mercato. Avere sempre a disposizione un capitale adeguato è fondamentale per poter sfruttare eventuali opportunità che si possono presentare.
2. Evitare un eccessivo coinvolgimento
Il trading comporta uno stress emotivo particolarmente elevato e, spesso, più si è convinti che il mercato debba andare in una certa direzione, più si rischia di commettere errori. Per esempio, quando si apre una posizione al rialzo (long) e si è eccessivamente confidenti che il mercato sia destinato a salire, si può incorrere nell’errore di non chiudere la posizione in stop-loss (se il mercato anziché salire dovesse invece scendere) o, peggio ancora, si inizia a fare media prezzo (ossia ad aprire nuove posizioni su valori più bassi, al solo fine di abbassare il prezzo medio di carico), confidando in una successiva ripresa. Al contrario, se si pensa che il mercato debba scendere, si apre una posizione short e, nonostante i prezzi continuino a salire, non si chiude la posizione e si aprono nuove posizioni short su valori più alti.
Per evitare queste situazioni è necessario costruire a tavolino la propria strategia operativa (entry, stop-loss, target), inserirla nella propria piattaforma e poi smettere di seguirla. In questo modo si è meno coinvolti da un punto di vista emotivo e non si corre il rischio di andare in overtrading (ossia continuare ostinatamente a operare in base alle sensazioni del momento). Per questo motivo, soprattutto per i trader che hanno poca esperienza, è preferibile aumentare il proprio arco temporale (time frame) di riferimento, utilizzando per esempio dei grafici giornalieri per costruire i propri setup operativi ed evitando il più possibile di operare nell’intraday (in particolare su grafici con time frame inferiori ai 15 minuti).
3. I risultati dell’ultimo trade non devono influenzare quello successivo
Un’altra lezione che ho imparato nel corso degli anni, è che il risultato dell’ultima operazione non deve influire (in particolare da un punto di vista emotivo) su quella successiva. Ogni operazione è diversa e separata rispetto a quelle precedenti. Questo è dovuto al fatto che la distribuzione dei trade vincenti, rispetto a quelli perdenti, è casuale. Se, per esempio, si compiono 100 operazioni e il risultato finale è 50 trade positivi e 50 trade negativi, si potrebbero per esempio avere 5 operazioni positive, seguite da 10 negative e poi 15 positive e così via. Il problema è: come gestire questa distribuzione casuale di vittorie e sconfitte? La domanda che occorre farsi è: sono in grado di sopportare una sequenza di 5 perdite di fila? E se le perdite consecutive fossero 10? La maggior parte delle persone non è in grado di gestire (sia da un punto di vista finanziario, sia emotivo) sequenze di questo genere e, per questo motivo, smette di operare o cambia continuamente l’operatività. Da un punto di vista emotivo, poi, i trader spesso diventano eccessivamente paurosi dopo un trade perdente ed eccessivamente fiduciosi dopo uno vincente. I problemi più grossi nascono, in particolare, quando si diventa troppo sicuri di sé (overconfidence). Questo atteggiamento porta ad assumere rischi sempre più grandi, creando le premesse per subire perdite di grosse dimensioni. Quello che non bisogna mai dimenticare è che si deve operare solo se sul mercato ci sono le condizioni per operare. Se queste condizioni non ci sono, bisogna avere la forza di non operare e di rimanere alla finestra. Il mercato riaprirà sempre il giorno successivo. Se si cercano continuamente delle opportunità anche quando non ce ne sono e non si rispettano le regole che ci si è dati, il pericolo è che domani il mercato riaprirà, ma noi non avremo più il capitale necessario per operare.
4. Fare meno vi farà fare di più
La maggior parte dei trader fallisce semplicemente perché fa troppe operazioni ed è alla continua ricerca di nuove opportunità/situazioni tecniche. La verità è che spesso la cosa migliore da fare è non fare nulla. In condizioni di mercato poco chiare (per esempio quando ci sono movimenti laterali e/o scarsa volatilità), il pericolo è di operare con un rapporto di rischio/rendimento sfavorevole. Se mancano prospettive di guadagno e, nonostante questo, si aprono delle posizioni, l’unico risultato è quello di correre degli inutili rischi legati all’andamento, spesso caotico (noise), del mercato. L’obiettivo primario di ogni metodologia operativa dovrebbe essere quello di filtrare i buoni segnali da quelli cattivi, imparando a leggere le indicazioni fornite dai prezzi (price action).
Le buone operazioni su cui vale la pena di entrare non sono così frequenti come potrebbe sembrare. Per questo motivo non è necessario fare molto trading per guadagnare molti soldi. Spesso i trade migliori sono quelli più chiari ed evidenti.
5. Stabilire dove uscire, prima ancora di entrare
Quando si costruisce una strategia operativa, è fondamentale individuare:
a. Un adeguato livello d’entrata.
b. Un chiaro livello di stop-loss (rispondendo a questa semplice domanda: dove non deve andare il mercato per annullare il segnale che sta fornendo?).
c. Un preciso take-profit (totale o parziale).
Quest’ultimo deve essere definito anticipatamente (ossia prima di entrare in posizione) e deve essere collegato, in termini dimensionali, all’entità del rischio (stop-loss) che si è disposti a correre aprendo quella posizione. Il rapporto rischio/rendimento (risk/reward) consente infatti di valutare la bontà della strategia (è buona norma che sia superiore a 1,5) e permette di gestire la posizione in modo automatico e senza emotività.
6. Stare sul mercato il tempo necessario
I trader neofiti tendono a fare moltissime operazioni intraday (andando spesso in overtrading) e a rimanere aperti con delle posizioni overnight quando sono in perdita (sperando in un successivo recupero). Questo comportamento ha diverse conseguenze negative:
a. Si hanno sempre posizioni aperte nel corso della giornata e ciò non fa che aumentare il livello di rischio a cui ci si espone.
b. Se si chiudono più velocemente le posizioni in utile rispetto a quelle in perdita, si limitano i potenziali di profitto e si ampliano invece le possibilità di perdita. In generale, invece, occorre predisporre una strategia operativa che si concentri su poche operazioni giornaliere e che preveda di non aprire più di un certo numero di operazioni in contemporanea (se parliamo di titoli azionari, per esempio, non più di 5).
Spesso gli investitori si accorgono solo ex post dei rischi che si sono assunti sui mercati. E, in molti casi, quando se ne accorgono è ormai troppo tardi, con le perdite che hanno assunto dimensioni rilevanti e non sono più gestibili. Per capire se si stanno rischiando troppi soldi, è sufficiente verificare se si è preoccupati per il fatto di avere una posizione aperta. In altre parole: se si sta pensando alla posizione anche quando si è lontani dai grafici o se si controlla frequentemente con il proprio telefono l’andamento dei prezzi, è molto probabile che la posizione aperta sia eccessiva rispetto alle proprie possibilità/disponibilità. Ho già evidenziato che, per sopravvivere sui mercati e continuare a operare, non bisogna mai rischiare troppi soldi. Se si è troppo preoccupati, è necessario ridurre la dimensione della posizione e continuare a ridurla fino a quando si riuscirà a gestire il tutto con relativa tranquillità.
8. Sapere ciò che si sta facendo
Molti trader iniziano a fare trading con denaro reale senza conoscere le varie funzionalità della piattaforma che utilizzano e senza avere una chiara metodologia operativa. Per risolvere il primo problema è assolutamente necessario effettuare un periodo di prova (di 1-2 mesi) della piattaforma demo messa a disposizione dal proprio broker, al fine di conoscere per esempio tutti gli strumenti disponibili, le varie tipologie di ordini che si possono utilizzare, come visualizzare l’andamento dei prezzi, come caricare i vari indicatori tecnici e così via.
Per quanto riguarda la metodologia operativa, è opportuno definire nel dettaglio sia i vari setup operativi, sia le regole di risk-money management (in particolare quanto denaro investire in ogni singola operazione).
Il trading, oltre alla parte tecnica, richiede una profonda conoscenza della propria personalità. Finché non si affrontano le proprie debolezze mentali/emotive, è difficile riuscire a guadagnare in modo costante. In particolare, è fondamentale controllare il proprio ego. Occorre lasciarlo fuori dalla porta o, prima o poi, potrebbe essere fonte di grossi guai. Essere fiduciosi è una buona qualità, ma c’è una linea molto sottile tra essere “fiduciosi” ed essere “eccessivamente fiduciosi”. Ed è una linea che nel trading non potete permettervi di attraversare. L’eccessiva fiducia in sé stessi o la scarsa conoscenza dei rischi che si stanno correndo, ci può condurre a operazioni sbagliate (o perché non hanno un rapporto rischio/rendimento adeguato o perché si pensa di saperne di più rispetto al mercato). Il concetto fondamentale, secondo me, è l’autodisciplina. Un trader disciplinato esegue infatti in modo costante e rigoroso il suo piano operativo e non si fa condizionare dal risultato, positivo o negativo, delle ultime operazioni effettuate.
I migliori trader che ho conosciuto sono umili e aperti. Sanno che potrebbero perdere soldi su qualsiasi operazione e operano di conseguenza. Lasciano che sia il mercato a fornirgli chiare indicazioni operative, che riescono poi a sfruttare avendo sempre sotto controllo il livello di rischio al quale si espongono. I trader alle prime armi, al contrario, cercano di anticipare il comportamento del mercato e costruiscono delle posizioni che sono molto simili alle scommesse sportive. Non posso fare altro che ribadire e sottolineare che, per poter ottenere dei risultati positivi sui mercati, è necessario essere assolutamente disciplinati. Il trading è un’arma a doppio taglio: può essere il modo migliore per guadagnare dei soldi, ma può essere anche il modo più veloce per perderli.
1. PMI: indice che registra il sentiment dei direttori degli acquisti. Valori sopra i 50 punti indicano che l’economia è in fase di espansione; valori inferiori ai 50 punti indicano che l’economia è in fase di contrazione.
2. Per stop-loss si intende il livello di prezzo che, se dovesse essere raggiunto, comporta la chiusura in perdita della posizione che è stata aperta.
3. Trendline: linee di tendenza, disegnate manualmente dall’analista, che consentono di individuare il trend seguito dai prezzi e che spesso costituiscono importanti livelli di supporto o di resistenza.
4. Breakout: situazione nella quale i prezzi accelerano al rialzo o al ribasso. In particolare, si parla di breakout rialzista quando i prezzi strappano al rialzo e salgono oltre una solida area di resistenza; si parla di breakout ribassista quando i prezzi accusano una brusca flessione e scendono al di sotto di un valido livello di supporto.
5. Reversal o inversione: situazione nella quale i prezzi invertono la loro direzione; se stavano salendo, accusano una rapida correzione, mentre se stavano scendendo, compiono un veloce recupero.