V. La coscienza attribuita alle cose

Nel corso dei due capitoli seguenti, ci serviremo di una tecnica molto criticabile, ma i cui risultati possono fornire alcune indicazioni utili, a condizione di fare le riserve che noi faremo.

Abbiamo cominciato col servirci della seguente domanda: «Se ti pungi con una spina, sentirai qualcosa. E se pungo questa tavola, sentirà qualcosa?» La domanda in seguito si applica ai sassi, ai fiori, ai metalli, all’uomo ecc., si chiede che cosa accadrebbe se si potesse pungere il sole, la luna, le nuvole. Naturalmente conviene, e questa è la parte piú interessante dell’interrogatorio, domandare a proposito di ciascuna risposta del fanciullo: «Perché sí ?» o «Perché no?» Infatti, l’essenziale è vedere se il fanciullo risponde arbitrariamente o conformemente a un sistema, e trovare, nel secondo caso, quale sia la concezione latente del fanciullo.

È chiaro che il grave pericolo di questa tecnica è la suggestione, suggestione semplice o per insistenza. Per evitare la suggestione semplice, occorre porre le domande sotto una forma non tendenziosa; non bisogna dire: «La tavola sente qualcosa?», ma: «La tavola sente qualcosa o niente del tutto?» Come abbiamo potuto osservare, il vero pericolo non è costituito dalla suggestione semplice, ma dall’insistenza. Se il fanciullo dice prima: «sí» (ad esempio che il fiore sentirà la puntura), sarà portato a continuare a dire di si a tutto. Se invece ha cominciato col dire di «no», avrà ugualmente tendenza a insistervi. Bisogna dunque prendere due precauzioni. La prima, di saltare continuamente da un sistema all’altro: dopo aver chiesto se un cane può sentire, occorre passare immediatamente a un sasso o a un chiodo (che in generale son considerati privi di coscienza), poi tornare a un fiore, per passare infine a un muro, una roccia ecc. Dopo aver constatato che il fanciullo evita ogni insistenza, possono essere abbordati i soggetti piú scabrosi, come gli astri, le nuvole ecc. Anche qui, non bisogna procedere con ordine, ma evitare ogni continuità. La seconda precauzione consiste nell’osservare costantemente la sistematizzazione implicita del fanciullo. Cosa non facile, poiché i bambini piú piccoli non sanno né giustificare le loro affermazioni49 né prender coscienza del proprio ragionamento o delle proprie definizioni,50; inoltre, il fanciullo non sa né moltiplicare né sommare le sue proposizioni, né evitare le contraddizioni,51 costringendo lo sperimentatore a un lavoro d’interpretazione immediato, quasi sempre assai delicato. La pratica, tuttavia, permette di eliminare abbastanza rapidamente i fanciulli che rispondono a caso e riconoscere quelli che veramente hanno delle sistematizzazioni latenti. Fra le due reazioni esiste una differenza talvolta evidente fin dal principio dell’interrogatorio. E del resto bene rivedere, a qualche settimana di distanza, gli stessi fanciulli, per constatare se le loro sistematizzazioni si siano conservate.

Ma ci siamo presto accorti che la domanda della puntura era troppo ristretta. Per quanto animisti siano, i fanciulli non sono cosí antropomorfisti come si potrebbe credere. In altre parole, facilmente rifiutano di ammettere che il sole sentirebbe una puntura, ma non cessano di credere che il sole sappia di camminare, o sappia quando è giorno e quando è notte. Negano al sole il dolore, ma gli lasciano la coscienza di essere sole. Occorre dunque variare le domande a proposito di ogni oggetto, in funzione dell’attività dell’oggetto stesso. Cosí, per esempio, a proposito delle nubi si domanderà: «quando fa freddo, sentono il freddo o no?», «quando camminano, sanno di camminare o no?» ecc. Inoltre può essere utile cominciare l’interrogatorio con una serie di domande centrate sul verbo «sentire» e quindi, a titolo di controllo, ricominciarne un’altra impostata sul verbo «sapere».

Crediamo che, maneggiando con la voluta prudenza queste diverse domande, si possa evitare l’insistenza. Ma la critica che può esser mossa a questa tecnica è piú profonda. Dopo le ricerche di Binet sulla testimonianza nel fanciullo, è noto che le domande poste sotto forma di alternative sono pericolose, poiché obbligano a risolvere un problema che forse non si sarebbe mai presentato spontaneamente nella stessa forma. Bisognerà dunque trar partito dai nostri risultati con una prudente riserva. Teniamo ad avvertirne subito il lettore, perché non ci attribuisca interpretazioni premature.

Fra le risposte ottenute, possiamo senza troppo arbitrio distinguere quattro gruppi, che corrispondono grosso modo ai quattro stadi successivi. Per i fanciulli del primo stadio, tutto ciò che possiede una qualunque attività è cosciente, anche se immobile. Per i fanciulli del secondo stadio, la coscienza è riservata ai corpi in moto: il sole e una bicicletta sono coscienti; una tavola e un sasso no. Durante il terzo stadio, si compie una distinzione essenziale tra il moto proprio e il moto ricevuto dall’esterno. Gli oggetti dotati di moto proprio, come gli astri, il vento ecc., sono d’ora in poi i soli ritenuti coscienti, mentre gli oggetti il cui moto è ricevuto dall’esterno, come le biciclette ecc., sono privi di coscienza. Infine, durante il quarto stadio, la coscienza è riservata agli animali.

Diciamo subito che, facendo la critica dei nostri materiali, saremo condotti a ritenere valido questo schema, cioè atto a caratterizzare effettivamente lo sviluppo dell’animismo spontaneo nel fanciullo. Ma dati i difetti del nostro procedimento di interrogatorio, crediamo difficile classificare con sicurezza in un determinato stadio un determinato bimbo. Si vorrà riconoscere che ci troviamo di fronte a due problemi distinti. Il primo è in qualche modo statistico, e la sua soluzione è possibile a onta delle imprecisioni di dettaglio; il secondo è dell’ordine della diagnosi individuale, e la sua soluzione presuppone una tecnica molto piú raffinata.

Ancora due osservazioni. Lo schema che abbiamo delineato lascia sfuggire alcuni particolari. Accade, infatti, che alcuni fanciulli incorporano nella loro nozione di coscienza alcuni attributi, come ad esempio il fatto di avere del sangue, di parlare, di esser visibile (per il vento) ecc. Ma sono punti di vista personali, privi cioè di valore generale, e possiamo perciò trascurarli.

D’altra parte, non distingueremo le concezioni infantili relative al verbo «sentire» e le concezioni infantili relative al verbo «sapere». Le sfumature che abbiamo potuto notare sembrano soprattutto verbali. Forse il «sentire» è piú a lungo attribuito alle cose che il «sapere». Ma non abbiamo cercato di verificare quest’impressione, perché qui poco importa.

  1.Il primo stadio: tutto è cosciente

Il fanciullo classificato in questo stadio non dichiara certo che tutto è cosciente. Afferma semplicemente che ogni oggetto può a un dato momento essere sede di coscienza, tale è il caso in cui l’oggetto sia in un grado qualsiasi attivo o sede di un’azione. Cosi, un sasso può non sentir nulla, ma se lo si sposta, o lo si mette a bagno, o lo si rompe ecc., allora sentirà. Ecco alcuni esempi che scegliamo fra i piú grandi dei fanciulli di questo stadio:

VEL (8½) afferma che solo gli animali possono sentire una puntura, segno che è in grado di differenziare le risposte. In realtà vuol dire che solo gli animali sono capaci di soffrire. Le nuvole, ad esempio, non sentirebbero una puntura. «Perché? – Perché è aria. – Sentono il vento o no? – Sí, il vento le spinge. – Sentono il caldo? – ». Ma per ciò che concerne la semplice coscienza, ogni corpo può essere, a tratti, cosciente: «Il banco sente qualcosa? – No. – Se lo si brucia, sente? – . – Perché? – Perché diminuisce. – Un muro sente qualcosa? – No. – Se lo si abbatte, sente? – . – Perché? – Perché si rompe». Un attimo dopo: «Se strappo questo bottone [bottone del panciotto], sente? – . – Perché? – Perché il filo si strappa. – Gli fa male? – No, ma sentirà che si strappa». «La luna sa di camminare, o no? – . – Questo banco sa di essere dov’è? – . – Lo credi proprio? Ne sei sicuro, o no? – Non sono sicuro. – Perché credi e non credi che il banco sappia di esser dov’è? – Perché è legno. – E perché credi che lo sappia? – Perché è qui». «Quando il vento soffia contro il Salève, sente che c’è una montagna o no? – . – Perché? – Perché passa di sopra». «Una bicicletta sa di muoversi? – . – Perché? – Perché si muove. – Lo sa, quando si è fermata? – . – Con che cosa lo sa? – Coi pedali. – Perché? – Perché non si muovono piú. – Lo credi? – [ridiamo]. – E pensi che io ci creda? – No. – Allora, lo credi? – … – Il sole può vederci? – . – Ci hai già pensato? – . – Con che cosa ci vede? – Coi raggi. – Ha occhi? – Non so».

Il caso di Vel è interessante perché ha delle sfumature. Malgrado il nostro suggerimento finale, Vel attribuisce un potere visivo al sole. Rifiuta il dolore a un bottone, ma gli attribuisce coscienza nell’essere strappato, ecc. Certo, Vel non si era mai posto le domande che gli poniamo, ma da ciò che precede sembra risultare che, se non se le è mai poste, è perché confonde ancora «agire» e «sapere che si agisce», oppure «essere» e «saper di essere». Si potrà fors’anche mettere in dubbio questa interpretazione prudente. Solo che, nel caso di Vel, abbiamo una controprova. Piú di un anno dopo quest’interrogatorio, l’abbiamo rivisto e interrogato su piccoli problemi fisici. Inutile dire che non abbiamo ricordato a Vel il suo interrogatorio dell’anno prima, e ch’egli l’aveva totalmente dimenticato. Ecco una delle reazioni spontanee di Vel a 9 anni e ½:

Sospendiamo una scatola meccanica a una corda doppia e, davanti a Vel, l’attorcigliamo in modo che, lasciando la scatola, la corda si srotoli trascinandola in un movimento rotatorio. «Perché la scatola gira? – Perché la corda è arrotolata. – Perché questa gira, allora? – Perché il filo [la corda] vuole srotolarsi. – Perché? – Perché era disfatta [vale a dire: perché vuol riprendere la posizione iniziale, in cui era “disfatta”, cioè non arrotolata]. – Il filo sa di essere arrotolato? – . – Perché? – Se vuol srotolarsí, sa di essere arrotolato! – Lo sa veramente d’essere arrotolato? – Sí… non son sicuro. – Come pensi che lo sappia? – Perché sente di essere attorcigliato».

Questo discorso non è né di un fanciullo suggestionato, né di un fabulatore. Ecco altri casi:

KENT (7½): «Se si punge questo sasso, lo sentirà? – No. – Perché? – Perché è duro». «Se lo si mette nel fuoco, lo sentirà? – . – Perché? – Perché lo brucia. – Sentirà il freddo o no? – Si». «Un battello sente di essere sull’acqua? – . – Perché? – Perché è pesante quando ci si è di sopra [vale a dire: sente la pressione della gente che vi sta dentro]. – L’acqua sente quando la si punge? – No. – Perché? – Perché è sottile [= non consistente]. – Sul fuoco sente il calore, o no? – [sente]. – Il sole sentirebbe qualcosa, a pungerlo? – Sí, perché è grosso». «L’erba sente quando la si strappa? – Sí, perché la si tira. – Se portassimo questa tavola all’altro lato della camera, sentirebbe? – No, perché è leggera [cioè: non resiste per mancanza di peso]. – Se la si rompe? – Ci sente [= lo sente]».

Possiamo notare la tendenza di Kent a misurare il grado di coscienza secondo lo sforzo che fanno le cose: un battello sente i suoi passeggeri, ma una tavola leggera non sente che la si sposta; l’erba sente di esser tirata ecc.

JUILL (7½): Un sasso non sente né il caldo né il freddo. «Se cade per terra, lo sente? – . – Perché? – Perché si è rotto». «Una tavola può sentir qualcosa? – No. – Sente, se la si rompe? – Oh si!» «Il vento sente quando soffia contro una casa? – . – Lo sente o non lo sente? – Lo sente. – Perché? – Perché gli dà fastidio. Non può passare. Non può andare piú avanti». «Dimmi una cosa che non sente nulla. – … – I muri possono sentire? – No. – Perché? – Perché non possono camminare [questa risposta annuncia il secondo stadio]. – Sentono, se li abbattiamo? – ». «Il muro sa di essere in una casa? – No. – Sa di essere alto? – . – Perché? – Trovandosi in alto, sa di essere in alto!»

REYB (8;7): «L’acqua sente qualcosa? – No. – Perché? – Perché l’acqua si separa [è liquida]. – Se la mettiamo sul fornello, sente il caldo? – . – Perché? – Perché l’acqua è fredda e il fuoco è piú caldo. – La legna sente qualcosa? – No. – Quando brucia, sente o no? – Sí, perché la legna non può difendersi [!]. – Allora sente o no? – Sente».

Tutti questi casi sono analoghi ed escludono l’ipotesi di una semplice suggestione. Si noti anche quante sfumature presentano. Il fanciullo attribuisce coscienza a tutto, ma non la coscienza di qualunque cosa. Ad esempio rifiuta di ammettere che un sasso senta una puntura, che il sole sappia in quanti siamo in questa camera, che dei bottoni o degli occhiali sappiano dove sono, ecc. Per contro, quando c’è una attività qualunque, e soprattutto una resistenza, allora c’è coscienza: per Kent, un battello sa di portare un carico, ma una tavola non sa di essere trasportata; per Juill, il vento sente un ostacolo, la tavola non sa nulla salvo se la si rompa; per Reyb, la legna sente di bruciare «perché non può difendersi», ecc. Casi simili sono facili da interpretare. È errato dire che il fanciullo «attribuisce una coscienza» alle cose, o per lo meno è un’interpretazione del tutto metaforica. In realtà, egli non si è mai o si è posto molto raramente52 la domanda se gli oggetti siano coscienti o no. Egli però, non concependo una distinzione possibile fra pensiero e oggetti fisici, ignora che possono esservi azioni non accompagnate da coscienza. L’attività, per lui, è necessariamente attività intenzionale e cosciente. Un muro non può essere abbattuto senza sentirlo, un sasso non può esser rotto senza saperlo, un battello non può portare un peso senza fare uno sforzo ecc. Abbiamo qui un’indissociazione primitiva fra azione e sforzo cosciente. Il vero problema è dunque di sapere come il fanciullo giunga a concepire un’azione incosciente, dissociando la nozione dell’atto dalla nozione della coscienza dell’atto, non già di sapere perché nel fanciullo l’azione e la coscienza appaiano necessariamente legate.

Se cercassimo un’analogia fra le risposte e le credenze dei primitivi, non è certo all’animismo carico di affettività, di cui sono testimonianza i riti sociali, che dovremmo riferirci, ma al poco che conosciamo della fisica primitiva. Mach ricorda a questo proposito53 la storia del capo indiano Chuar, che spiegava perché i suoi uomini non riuscissero a lanciare un sasso sull’altro lato di un precipizio: è, diceva, perché il sasso è attirato dal vuoto, come capita anche a noi quando siamo presi da vertigini, e perde la forza necessaria per giungere sull’altra sponda. Mach a questo proposito osserva che il considerare ogni sensazione soggettiva come universale è, per il pensiero primitivo, una tendenza invincibile.

Resta tuttavia da risolvere una difficoltà. Ci si può infatti chiedere se veramente le risposte che abbiamo analizzato siano primitive e costituiscano il primo stadio dell’animismo infantile. In realtà, abbiamo trovato, al di sopra dei 5-6 anni, soggetti veramente eccezionali che avevano raggiunto stadi superiori, e soprattutto ci è accaduto di incontrare, a 4-5 anni, fanciulli in apparenza ben poco animisti. Ecco un esempio.

GONT (4 anni): «Il sole sa che tu sei qui? – . – Sa che sei in questa camera? – Non lo sa. – Sa quando tramonta? – Oh, sí. – Sa quand’è notte? – Oh, no!» ecc.

Ma, ad analizzare queste risposte, e tenuto conto delle difficoltà di interrogazione in queste età (e sono considerevoli, data la nostra presente tecnica), ci si accorge che le resistenze del fanciullo sono di ordine soprattutto verbale. Nei bimbi, i termini «sapere» e «sentire» sono mal compresi e hanno un senso piú ristretto che negli adulti. «Sapere» significa qualcosa come «aver appreso» o «sapere al modo dei grandi». Gont nega il sapere a un banco, perché «il banco non è un signore». Allo stesso modo, «sentire» significa «aver male», «gridare», ecc. Dunque, questi bimbi non hanno probabilmente un vocabolo per dire «aver coscienza di». Di qui le anomalie che l’interrogatorio durante queste età rivela.

Possiamo dunque ammettere che le risposte della presente categoria caratterizzano un primo stadio. Durante questo stadio, tutti i corpi possono essere coscienti, anche gli oggetti immobili, ma la coscienza è legata ad un’attività qualsivoglia, sia che questa attività emani dagli oggetti stessi, sia che questi la subiscano dall’esterno. In media, possiamo dire che lo stadio si estenda fino ai 6-7 anni.

  2.Il secondo stadio: tutto ciò che si muove è cosciente

Già durante il primo stadio la coscienza è legata, per il fanciullo, a un determinato movimento, almeno là dove l’attività porta con sé un movimento. Ma qualsiasi corpo poteva esser cosciente: un muro, una montagna ecc. Invece, ciò che caratterizza il secondo stadio è che la coscienza oramai è riservata ai mobili, cioè non piú ai corpi che sono occasionalmente sede di un moto qualsiasi, ma a quelli che sono ordinariamente in moto o la cui attività specifica è di essere in moto. Cosi saranno considerati coscienti gli astri, le nuvole, i fiumi, il vento, i veicoli, il fuoco ecc.

MONT (7 anni): «Il sole sa di illuminare? – . – Perché? – Perché è fuoco. – Sa che noi siamo qui? – No. – Sa che è bel tempo? – ». Allo stesso modo, il vento, le nuvole, i ruscelli, la pioggia sono coscienti. «Il vento sente qualcosa quando soffia contro una casa? – Sí, sente che non può andare piú lontano. – Una bicicletta sa che cammina? – . – Sa di andar forte? – . – Può partire da sola? – No», ecc. Al contrario, i banchi, il muro, i sassi, i fiori ecc. non sanno né sentono nulla. «Questo banco sa di essere in questa sala? – No. – Perché? – Perché non può parlare. – Sa che sei seduto su di lui? – No. – Perché? – … – Sa se gli dài dei colpi, se lo rompi? – No», ecc.

La scelta di Mont è precisa, anche se non ce ne dà le ragioni. Nei seguenti casi, il fanciullo è piú esplicito:

KAE (11 anni) associa spontaneamente la coscienza al movimento: «Il sole sa qualcosa? – Si, riscalda. – Sa di tramontare, la sera? – Si, perché vede le nubi davanti a sé… no, non lo sa, perché non è lui che si nasconde. Sono le nubi che gli passano davanti». Dunque, se fosse il sole a nascondersi, lo saprebbe; ma poiché tramonta senza aver compiuto esso stesso quell’azione, non lo sa. «La bicicletta sa di camminare? – Si, sente la terra. – Un’automobile sa di camminare? – Si, sente di non essere piú allo stesso posto».

VOG (8;6): a La luna sa di brillare? – Si. – Perché? – Perché ci guida di sera [la luna ci segue, vedi cap. VII, § 2]. – Il vento sa di soffiare? – Si, perché fa molta aria. – La bicicletta sa di camminare? – Si. – Perché? – Perché può andar forte». Ma i sassi ecc. non sanno né sentono nulla.

PUG (7;2): «Il sole sa di tramontare? – Si. – Sa di rischiarare? – No. – Perché? – Perché non ha occhi, perché non può sentire. – Una bicicletta sa qualcosa? – No. – Perché? – Volevo dire che sa quando va forte e quando va adagio. – Perché credi che sappia? – Non so. Penso che sappia. – Un’automobile sa di camminare? – Si. – È viva? – No, ma sa. – È il signore che sa o è l’automobile? – È il signore. – E l’automobile? – Anche». I banchi, le tavole, i muri ecc. non sentono né sanno nulla.

SART (12½): «L’acqua può sentir qualcosa? – Si. – Che cosa? – Quando c’è il vento si formano le onde. Poiché è il vento a formare le onde, l’acqua sente qualcosa». I sassi, i muri, le tavole ecc. non sentono completamente nulla. «Un orologio sa qualcosa? – Si, perchè indica le ore. – Perché sa? – Perché sono le lancette che indicano l’ora». [Sart ha 12 anni!]

È inutile moltiplicare questi esempi, primo perché sono tutti simili, ma soprattutto perché questo stadio è essenzialmente uno stadio di transizione. Infatti, o i fanciulli prestano la coscienza a tutte le cose, o la limitano al moto, come se ogni moto fosse la manifestazione di uno sforzo volontario. Ma allora giungono molto rapidamente a scoprire che il moto di alcuni corpi, come quello di una bicicletta, è un moto ricevuto interamente dall’esterno, ad esempio dalla persona che pedala. Appena fatta questa distinzione, il fanciullo riserva la coscienza ai corpi dotati di moto proprio, e cosí passa al terzo stadio.

Non abbiamo dunque che una differenza di grado fra il secondo e il terzo stadio. Per esprimere questa differenza, non si dovrebbe dire, malgrado le apparenze, che il fanciullo comincia con l’attribuire la coscienza a ogni corpo in moto (secondo stadio), e in seguito la riserva ai corpi con movimento proprio (terzo stadio). In realtà, durante i due stadi, il fanciullo considera la coscienza come associata al movimento proprio, e, quando attribuisce coscienza alle biciclette, durante il secondo stadio, nella maggior parte dei casi immagina la bicicletta come dotata di una certa forza intenzionale e indipendente dal ciclista.54 La differenza fra il secondo e il terzo stadio deriva dunque semplicemente dal fatto che, a un certo punto, il fanciullo scopre l’esistenza di corpi il cui moto non è autonomo. Questa scoperta conduce il fanciullo a distinguere due specie di corpi e, cosí, a ridurre progressivamente il numero dei corpi dotati di moto proprio. Le macchine sono i primi oggetti cosí differenziati dai corpi vivi e coscienti. Poi vengono, in generale, le nuvole, i ruscelli ecc.

Ciò che abbiamo affermato, dopo i risultati ottenuti con la tecnica attuale, sarà confermato in seguito da una tecnica molto piú sicura destinata allo studio delle cause del moto.55 Vedremo che, negli stadi primitivi, il fanciullo concepisce ogni moto come dovuto in parte a un motore esterno, ma anche, necessariamente, a un motore interno, cioè a una forza spontanea e intenzionale. Solo molto piú tardi (dopo i 7-8 anni) questo dinamismo animistico cede il passo a una spiegazione meccanica del moto, anche per quanto concerne le macchine. Questa inchiesta sul movimento, fatta su fanciulli diversi da quelli dei quali stiamo analizzando le risposte, costituisce la miglior controprova del valore dei risultati presenti.

Diciamo infine che il secondo stadio si estende, in media, dai 6-7 agli 8-9 anni, e il terzo dagli 8-9 agli 11-12 anni.

  3.Il terzo stadio: sono coscienti i corpi dotati di moto proprio

Fra tutti gli stadi, è questo il piú sistematico e il piú interessante. La maggior parte dei fanciulli che lo rappresentano sono di un animismo piú riflettuto e motivato dei precedenti. Le risposte degli stadi precedenti testimoniano infatti un orientamento dello spirito molto piú che credenze sistematiche. Secondo la nostra terminologia, sono piuttosto credenze provocate che credenze spontanee. Invece, molti dei fanciulli del terzo stadio (non la maggioranza, ma molti) attestano qualcosa di molto piú riflettuto e, accanto a molte credenze provocate, si trovano alcune convinzioni spontanee.

ROSS (9;9) comincia col prestar coscienza agli animali, ma la nega alla tavola: «Una tavola sente se la pungo? – No. – Perché? – Perché non è una persona. – Il fuoco sente qualcosa? – No. – Se ci si mette sopra dell’acqua, sente? – No. – Perché? – Perché non è una persona. – Il vento sente qualcosa quando c’è il sole? – Si. – Sa di soffiare? – Si. – Il sole sente qualcosa? – Si. – Che cosa sente? – Sente che riscalda, ecc». Ross attribuisce la coscienza anche alle stelle, alla luna, alla pioggia e ai ruscelli, ma la rifiuta alle biciclette, alle automobili e ai battelli. «Sei o non sei sicuro di tutto ciò? – Non molto. – Ci hai già pensato? – No. – Perché non sei sicuro? – Perché non l’ho imparato. – Mi dici che il vento sente qualcosa, ma non ne sei sicuro. Dimmi ciò che pensi: perché credi che il vento non senta di soffiare? – Perché non è una persona. – E perché credi che lo senta? – Perché è lui [!] che soffia». Si raffronti questa risposta a quella data da Mart (8; 10) a suo tempo (cap. II, § 2): «Il lago sa il suo nome! – Si, perché cammina. – Sa di camminare? – Si, perché è lui che cammina».

C’è in queste parole «è lui che soffia» «è lui che cammina» tutto il terzo stadio, e di conseguenza tutto l’animismo infantile nella sua forma piú pura. La prima di queste risposte ha maggior valore, in quanto scaturisce da un fanciullo che «non è sicuro» di ciò che sta dicendo e sa benissimo che il vento non è «una persona». Ma nessuna causa esterna determina il vento; dunque, il vento soffia da solo e deve esser cosciente del suo moto. «Può fare ciò che vuole, il vento?» domandiamo in seguito a Ross. «Può smettere di soffiare, se vuole? – . – Può soffiare quando vuole? – ». Come, dunque, non animare il vento? Ross non è deciso, certo; ma proprio la sua indecisione è preziosa, perché mette in luce la versatilità del suo pensiero.

CARD (9½) accorda la coscienza agli astri e alle nubi come agli animali, ma la rifiuta alle pietre ecc., e anche al vento: «Il vento sente di soffiare? – No. – Perché? – Perché è la nuvolaglia che lo fa soffiare». Abbiamo qui l’espressione spontanea di una fra le numerose spiegazioni dei fanciulli sull’origine del vento: il vento è prodotto dal movimento delle nuvole.56 Poco importa il contenuto di questa teoria. Dobbiamo soltanto notare che per Card il moto del vento non è spontaneo, e quindi il vento è privo di coscienza.

SCHI (6 anni, precoce): «Le nubi sentono di camminare? – Poiché sono loro a produrre il vento, possono sentire». Si riconosce la teoria di Card e la stessa argomentazione. Schi dice anche, a proposito dei fiori: «Il fiore sente se ci si cammina sopra? – Deve sentirlo». E precisa: «É vivo, perché cresce».

RATT (8;10) resiste a ogni suggestione per quanto concerne i sassi, i muri, le tavole, le montagne, le automobili ecc., ma attribuisce una coscienza agli astri: «Il sole sente il caldo? – . – Perché? – Perché è lui a far caldo. – Le nuvole sentono qualcosa? – Sentono il cielo. – Perché? – Perché toccano il cielo. – Il vento sente il freddo? – Si, perché è lui a far freddo». Ratt distingue, dunque, l’attività spontanea del sole o del vento dal moto non spontaneo delle macchine.

TACC (10;6) distingue molto bene fra «esser caldo» e «aver caldo»: «Il fuoco sente il caldo? – No. – Perché? – Perché è già caldo. – Può sentire il caldo?» – No. – Perché? – Perché non vive. – Può aver caldo? – No, perché è già caldo». Ma quando si tratta del sole, delle nuvole, dei ruscelli, del vento ecc., concepisce la coscienza come legata al moto: «Le nuvole sono calde? – Quando c’è sole. – Hanno caldo o sono calde? – Hanno caldo». E poiché noi lo disilludiamo, risponde: «Credevo che vivessero poiché si muovono». Del resto, la coscienza e la vita non coincidono interamente per Tacc: «I ruscelli hanno caldo o sono caldi, quando il sole li riscalda? – Hanno caldo… Non sentono molto, perché non vivono. – Perché? – Sentono solo un po’, perché scorrono».

Non si può affermare piú chiaramente il legame fra coscienza e moto proprio. Tace, che ha 10 anni e ½, sa dosare il grado di coscienza che conviene a ciascun essere, e darne le ragioni. Rifiuta la coscienza agli oggetti fabbricati, al fuoco, alla pioggia, ma l’accorda agli astri, al vento, alle nuvole e ai ruscelli.

IMH (6 anni, precoce) accorda una coscienza agli astri e alle nuvole, ma la rifiuta all’acqua, perché non ha movimento proprio: «Può scorrere piú in fretta, ma quando è in pendenza». Imh appartiene dunque a uno stadio evoluto (il terzo)57 per quanto concerne la spiegazione dei fiumi.

WIRT (8;4): «Il fuoco sentirebbe se lo si pungesse? – Si. – Perché? – Perché vive. – Perché vive? – Perché si muove. – Una nuvola sentirebbe se la si pungesse? – Si. – Perché? – Perché vive, perché resta in aria e si muove quando si alza il vento [il vento non esclude sempre il moto proprio della nuvola].58 – Il vento sente qualcosa? – Si. – Perché? – Perché soffia. – L’acqua sente qualcosa? – Si. – Perché? – Perché scorre». Allo stesso modo il sole e la luna. «L’erba sente se la si punge? – Si. – Perché? – Perché è viva in quanto cresce». Le macchine, però, non sanno né sentono nulla: «Una bicicletta sa di camminare? – No. – Perché? – Perché dobbiamo farla andare». Allo stesso modo le automobili, i treni, gli aratri ecc.

Come si vede, tutti questi casi si somigliano, sebbene un gruppo sia stato osservato a Ginevra, un altro nel Giura bernese, ecc. Certo, questi fanciulli differiscono da un caso all’altro su ciò che si debba considerare come moto spontaneo. Per gli uni il fuoco ha un moto proprio, perché brucia da solo una volta acceso; per gli altri, il moto è ricevuto, perché bisogna accenderlo. Per gli uni i ruscelli sono automotori, per gli altri la pendenza ha un ruolo meccanico ecc. Vedremo, studiando le cause del moto, che ogni moto dà luogo a uno o piú stadi durante i quali è ritenuto spontaneo, e a diversi stadi durante i quali è ritenuto determinato. Anche queste divergenze sono spiegabilissime. Non è meno interessante constatare che tutti questi fanciulli sono concordi nel riservare la coscienza ai corpi dotati di movimento proprio. Risultato tanto piú notevole in quanto lo ritroveremo a proposito del concetto di «vita» e indipendentemente dai risultati presenti.

  4.La coscienza è riservata agli animali

La prova migliore che la nostra tecnica d’interrogazione è valida, e non dà luogo a risposte suggerite o fabulate, è l’esistenza del quarto stadio. Che fanciulli di 9-8 e perfino 7 anni arrivino a rispondere negativamente a tutte le nostre domande e a riservare la coscienza ai soli animali, o agli animali e alle piante, prova indiscutibilmente che il nostro interrogatorio non è suggestivo. Vedremo inoltre che esiste passaggio insensibile fra le risposte del quarto stadio e le risposte degli stadi precedenti, indice questo del valore del metodo seguíto.

Il quarto stadio appare, in media, verso gli 11-12 anni soltanto, ma vi appartengono anche fanciulli di 6-7 anni.

Cominciamo col rilevare la continuità esistente fra terzo e quarto stadio. Ecco alcuni casi intermedi significativi: i fanciulli rifiutano ogni coscienza ai corpi sublunari, tranne gli animali, ma l’accordano ancora al sole e alla luna, in quanto si muovono da soli:

PIG (9 anni) rifiuta la coscienza alle nuvole, al fuoco, ai fiori «perché non sono vivi». Ma il sole sente qualcosa: «Perché? – Perché è vivo». Le stelle non-sentono nulla «perché sono delle scintille. – E il sole non è una scintilla? – No, è una luce». La luna pure è cosciente, ma non le nuvole, «perchè sono fumo» e il fumo «non cammina». «Le nuvole camminano da sole? – No. – E la luna? – Si». Il fuoco non sente nulla «perché si è costretti a farlo». Un ruscello non sente nulla perché «è l’aria che lo fa camminare».

GOL (6 anni, molto precoce) riserva la coscienza, oltre che agli animali, alla luna «perché di sera va sempre nello stesso posto». Al contrario, il fuoco non è cosciente «perché resta sempre nello stesso posto», e le nuvole pure «perché è il vento a spingerle».

REH (6½) resiste a ogni suggerimento per quanto concerne le nubi, il vento, l’acqua ecc. Pretende che il sole non senta nulla: «Il sole sente qualcosa? – No. – Perché? – Perché non vive». Ma quando si precisa l’attività del sole, testimonia subito un animismo latente: «Perché sorge il sole? – Per fare sole. – Perché? – Non so. –Quando c’è la pioggia e le nuvole, che cosa fa il sole? – Parte, perché c’è brutto tempo. – Perché? – Perché non vuol prendere la pioggia».

È interessante notare che sono quasi sempre il sole e la luna a rimaner piú a lungo animati. Sono infatti i soli corpi il cui moto sembri altrettanto spontaneo quanto quello degli animali. Il caso di Reh mostra inoltre come l’animismo, anche quando sembra sul punto di sparire, si prolunghi in finalismo. Questo fatto dimostra da solo quanto sia delicato un giudizio d’insieme sull’animismo infantile. Questo animismo è ben lungi dall’esser semplice, e si discosta tanto dall’antropomorfismo grossolano quanto dal meccanicismo degli adulti.

Ecco ora dei casi espliciti del quarto stadio:

CEL (10;7) rifiuta la coscienza anche al sole e alla luna «perché non sono esseri viventi». «Ci sono delle cose che sanno o sentono? – Le piante, gli animali, le persone, gli insetti. – È tutto? – . – Il vento può sentire? – No».

VISO (11;1) giustifica le stesse esclusioni dicendo ogni volta: «No [non sente nulla], perché è una cosa, perché non vive».

FALQ (7;3) dà ogni volta per prova la materia di cui l’oggetto è composto: il fuoco non sente nulla «perché è legna bruciata», le nubi «perchè sono pioggia», il sole «perché è fuoco», la luna «perché è una piccola nube» [espressione spontanea di una credenza che studieremo piú oltre, cap. IX, § 3], il vento «perché non ha testa», ecc.

Il concetto di a cosa» di cui si serve Visc, nel senso di oggetto senza vita, è raro prima degli 11 anni. La sua apparizione segna il declino dell’animismo infantile.

  5.Conclusioni

Prima di continuare il nostro studio sull’animismo infantile procedendo all’analisi della nozione di «vita» e della nozione di «necessità morale» delle leggi naturali, importa chiarire l’interpretazione da dare ai risultati precedenti.

Abbiamo diviso le risposte fin qui ottenute in quattro stadi differenti. Conviene ora chiedersi se la sistematizzazione che questi stadi suppongono esista realmente nel pensiero spontaneo del fanciullo, e se i quattro tipi di risposte che abbiamo distinto costituiscano davvero degli stadi, cioè dei tipi successivi di risposte.

Per quanto concerne il primo punto, il grado di sistematizzazione delle credenze animistiche è evidentemente molto minore di quanto si potrebbe credere. L’animismo esiste nel fanciullo molto piú come orientamento spirituale, come schema di spiegazione, che come credenza coscientemente sistematica. Due ragioni fondamentali ci spingono a ridurre a queste proporzioni le sistematizzazioni che abbiamo rilevato.

La prima si riferisce alla struttura logica del fanciullo. Anzitutto, il pensiero del fanciullo è meno cosciente di se stesso di quanto non sia il nostro, cosicché anche le sistematizzazioni implicite, come quelle che abbiamo trovato nelle risposte del secondo stadio, sono mal percepite dal fanciullo: esse son dovute a un’economia di reazioni (che provoca l’uniformità) molto piú che a una ricerca voluta della coerenza. Di qui l’incapacità del fanciullo di motivare i suoi giudizi, di giustificare ogni affermazione isolata. Cosi un fanciullo del secondo stadio (vita = moto) non ha coscienza dei corpi mobili che gli fanno rispondere «sí» o «no» alle nostre diverse domande. Questa coscienza e questa capacità di giustificazione appaiono durante il terzo stadio, ma allo stato ancora rudimentale. Solo durante il quarto la sistematizzazione riflettuta succede alla sistematizzazione implicita, ma è proprio allora che l’animismo è eliminato dalla mentalità infantile.

È inutile insistere sulle contraddizioni e le difficoltà nel maneggio delle operazioni logiche elementari (addizione e moltiplicazione delle classi e delle proposizioni), difficoltà che vanno di pari passo con la mancanza di sistematizzazione riflettuta. Ne abbiamo del resto già sufficientemente trattato.59 Diciamo soltanto che questi fatti bastano da soli a spiegare perché non osiamo garantire il valore della nostra presente tecnica come mezzo diagnostico. Può infatti accadere che un fanciullo che ha appena attribuito coscienza a un oggetto, gliela rifiuti poco dopo: basta che un nuovo fattore sia venuto a interferire coi precedenti, perché il fanciullo dimentichi tutto ciò che ha detto, si contraddica, cambi parere ecc. Bisogna dunque guardarsi dal considerare questo o quell’interrogatorio come espressione di una solida diagnosi individuale. Ciò non impedisce, naturalmente, che il metodo abbia un valore statistico, poiché, se ci si limita a cercare come evolva il pensiero infantile in generale, è evidente che le fluttuazioni individuali si compensano e, a grandi linee, si riesce a delineare un processo di sviluppo.

Un altro motivo si sovrappone a queste considerazioni relative alla struttura del pensiero, per mostrare quanto i risultati ottenuti siano lontani dal pensiero spontaneo del fanciullo. Per rendersi conto del grado di sistematizzazione di una credenza, basta in genere domandarsi quale sia la sua funzione. Quali sono dunque i bisogni che; costringeranno il fanciullo a prender coscienza del proprio animismo implicito? Indubbiamente tali bisogni sono due.

Anzitutto, quando il fanciullo cercherà di spiegarsi la resistenza imprevista di un oggetto sul quale l’azione non ha presa, sarà costretto ad animarlo. O, piú generalmente, quando un fenomeno apparirà contingente, strano e soprattutto pauroso, il fanciullo ne attribuirà l’origine a intenzioni. Ora, il bisogno di spiegazioni che fa nascere l’animismo non è che momentaneo. Allo stesso modo sarà solo momentaneo l’animismo esplicito. Come dice Delacroix: «Il sole e la luna non esistono che in caso di eclissi. L’universale non esiste per l’uomo primitivo».60

D’altra parte, il fanciullo crede all’onnipotenza dell’uomo sulle cose, e l’animismo serve al fanciullo per spiegare l’obbedienza delle cose. Ma qui si tratta solo di un’attitudine implicita, non di una credenza riflettuta. Solo i casi di obbedienza eccezionale (come la luna di cui Gol dice che «va sempre nello stesso luogo») o di disobbedienza eccezionale possono spingere il fanciullo a una riflessione propriamente detta.

In sintesi: o attitudine implicita o riflessione sa casi eccezionali, queste le proporzioni alle quali bisogna ridurre l’animismo infantile. Ci si può allora chiedere dove vadano a finire i nostri stadi, e se l’ordine di successione che abbiamo creduto di poter stabilire non sia anch’esso artificiale, come le sistematizzazioni che caratterizzano ciascuno di quegli stadi.

In realtà, il nostro schema, secondo il quale l’animismo infantile decresce molto regolarmente e logicamente dal primo al quarto stadio, è troppo semplice per non esser sospetto. Perché non potrebbero esserci delle recrudescenze di animismo, che renderebbero sinuosa la curva di sviluppo? Perché, anzi, non potrebbe esserci uno stadio preanimistico? Verso i 5 anni, troviamo dei fanciulli che sembrano meno animisti dei piú grandi. Quando inoltre si può seguire per qualche mese un fanciullo, si riscontrano le stesse contraddizioni. Zim, ad esempio, appartiene al primo stadio nel marzo e al secondo nel giugno dello stesso anno. Vel, invece, appartiene al terzo stadio nel dicembre 1922 e al primo nel giugno 1923 ! Non solo, ma quando si segue un fanciullo e si notano le sue domande e lo si interroga sulle materie alle quali si interessa, si constata che l’animismo varia ora in piú ora in meno.

Queste contraddizioni sono tanto interessanti per l’analista quanto disperanti per lo statistico. Bisogna infatti guardarsi dal concludere senz’altro col negare valore ai risultati precedenti, poiché la convergenza interna di questi risultati, cosí come la loro convergenza con tutti i fatti che esporremo in quest’opera, ci costringeranno a ritenerne qualcosa. Le anomalie di cui abbiamo presentito la frequenza devono dunque trovare spiegazione. In realtà, tre specie di fattori tendono a sovvertire l’ordine degli stadi che abbiamo stabilito. Sono i fattori di sistematizzazione, presa di coscienza, e vocabolario.

Ecco che cosa si deve attribuire all’influenza dei fattori di sistematizzazione. È in genere quando una credenza implicita comincia a vacillare, che viene per la prima volta coscientemente affermata. Come ha notato John Burnet, a proposito del pensiero presocratico, una proposizione è raramente affermata prima di essere stata negata.61 I fanciulli piú piccoli saranno dunque animisti senza esser capaci di giustificare coscientemente il loro atteggiamento. Ma quando questo urterà contro una nuova ipotesi suscettibile di scuoterlo, quando per la prima volta il fanciullo si chiederà per esempio se una pallina si muove intenzionalmente o meccanicamente,62 potrà succedere che il fanciullo mantenga la spiegazione animistica in mancanza di soluzioni migliori, e a questa dia, per riflessione e per sistema, un’estensione ch’essa non comporta piú in linea di diritto, date le nuove tendenze latenti del fanciullo. Il pensiero non procede dunque mai per linee rette, ma, per cosí dire, per spirali: alla credenza implicita e immotivata succede il dubbio, al dubbio la reazione riflettuta, ma anche questa riflessione è minata da nuove tendenze implicite, e cosí via. Possiamo cosí spiegare perché molti fanciulli di una certa età sembrino presentare un animismo piú sviluppato che i piccoli: essi hanno momentaneamente bisogno di quest’animismo, poiché il loro pensiero si è urtato in un fenomeno che non può spiegarsi meccanicamente; ma è una sistematizzazione secondaria che li ha condotti a tali opinioni, e il loro animismo non è identico, ma solo paragonabile all’animismo primitivo dei piú piccoli.

Il secondo fattore che rende possibile tali inversioni di senso è il fattore della presa di coscienza. Non avendo il fanciullo chiara coscienza delle sistematizzazioni implicite del suo spirito, quando si accorgerà, sia grazie al nostro interrogatorio, sia grazie a una riflessione spontanea, dell’esistenza di questa o quella credenza animistica, avverrà questo fenomeno: egli sarà portato a esagerare la portata delle sue credenze: scoprendo che le nuvole sanno di muoversi, attribuirà una coscienza a tutti i corpi in moto, senza accorgersi che in pratica la riserva solo ai corpi dotati di movimento proprio. È la difficoltà dell’esclusione o della moltiplicazione logica, che abbiamo già mostrato come dipenda dai fattori inerenti alla presa di coscienza.63 In parole piú semplici, ciò significa che, parlando, il fanciullo non riesce (come noi, del resto) a precisare sufficientemente il suo pensiero e, non ricordando le sfumature, lo forza. Questo continuo disaccordo fra pensiero parlato e pensiero implicito fa si che un fanciullo appaia all’interrogatorio ora piú ora meno animista di quel che realmente è. E sarà lui stesso a lasciarsi imbrogliare. Ecco dunque un secondo fattore d’irregolarità nella successione dei nostri stadi.

Infine, un ruolo notevole ha il vocabolario. La parola «sapere», ad esempio, ha certo un significato piú ristretto a 5 anni che a 10. Per un bimbo «sapere» significa «sapere come i grandi»; per un adulto, significa semplicemente «aver coscienza». In tal modo le parole, cambiando significato, spingeranno il fanciullo ora a estendere il suo animismo, ora a restringerlo.

In conclusione, è chiaro che questi tre fattori possono produrre inversioni di senso nello sviluppo generale dell’animismo infantile. Dobbiamo allora dedurne che i nostri 4 tipi di risposte non costituiscono stadi e che, nelle grandi linee, non si può affermare che il fanciullo passi da un animismo integrale a un animismo sempre piú ridotto? Evidentemente no. Ognuno dei nostri fanciulli, preso a parte, presenta forse una sistematizzazione implicita differente dalla sistematizzazione rivelata dall’interrogatorio; ognuno di loro è suscettibile tanto di retrocedere parzialmente nella serie dei nostri stadi quanto di avanzare in linea retta; ma in media i quattro tipi di risposta che abbiamo ottenuto costituiscono i tipi di sistematizzazione entro i quali il pensiero spontaneo del fanciullo real mente oscilla: quattro tipi che caratterizzano altrettanti stadi.