IX. | La meteorologia e l’origine delle acque |
Va da sé che, per il fanciullo come per il primitivo, l’astronomia non si differenzia per nulla dalla meteorologia. Gli astri sono sullo stesso piano delle nubi, dei lampi e del vento. Conviene dunque proseguire la nostra inchiesta con lo studio delle spiegazioni relative all’origine degli altri corpi celesti, e aggiungervi l’analisi delle spiegazioni dell’origine delle acque.
Come per gli astri, un gran numero di domande spontanee dei fanciulli mostrano che il problema che stiamo per proporre ai nostri scolari non è estraneo agli interessi propri del fanciullo. Eccone le prove:
Nelle domande collezionate da Hall100 rileviamo: a 5 anni: «Perché cade la pioggia? Da dove viene?» A 6 anni: «Che cosa è la nebbia? Chi l’ha fatta?» A 7 anni: «Da dove viene la neve? Chi fa il tuono e i lampi? Che cosa è il tuono? A che cosa serve? Chi fa tuonare? ecc». A 8 anni «Chi fa la neve?» A 11 anni, a proposito di un fiume: «Mi domando che cosa lo faccia cosí grosso. Non è piovuto molto».
In materiali raccolti da Klingebiel rileviamo a 3 anni e 7 mesi: «Dimmi, mamma, è Dio che apre il rubinetto del cielo, affinché l’acqua passi attraverso le assi bucate che chiudono il cielo ?» A 3 anni e 8 mesi: «Dimmi, mamma, è il buon Dio che ha fatto il mare di X e anche quello di Z? Doveva lvere un innaffiatoio ben grande!»
Nelle domande di Del101 a 6½: «Perché [il lago] non giunge fino a Berna?» «Perché non si forma una sorgente, nel nostro giardino?»102 «Come si costruisce [una sorgente]?» «Per fare una sorgente, occorre anche un badile?» «Ma come si forma la pioggia in cielo? Ci sono dei tubi o dei torrenti?»103 «Perché [il fulmine] si forma da solo? È vero [che si forma da solo]? Ma c’è tutto quel che occorre, in cielo, per fare il fuoco?» «Perché lo vediamo meglio di notte, il lampo?»104 «Chi fa andare cosí velocemente il Rodano? ecc.»105
Inoltre, il sordomuto di James, d’Estrella (già citato, cap. VII, § 1, e inizio cap. VIII), riferisce ricordi interessanti:
«Quando c’erano delle nubi, egli [d’Estrella] supponeva che venissero dalla grande pipa di Dio [d’Estrella chiama Dio l’ uomo grande e forte nascosto… dietro le colline” che ogni mattina lancia il sole in alto; inizio cap. VIII]. Perché? Perché aveva spesso constatato, con infantile meraviglia, come il fumo delle pipe e dei sigari salisse in spirali. Le fantastiche forme delle nubi ondeggianti nell’aria lo riempivano di rispetto. Che polmoni potenti aveva Dio! Quando c’era nebbia, il fanciullo pensava che fosse il suo alito nel freddo del mattino. Perché? Perché, con un tempo simile, aveva spesso visto il proprio fiato. Quando pioveva, non dubitava che Dio avesse preso una grande sorsata d’acqua c la sputasse dalla sua immensa bocca sotto forma di acquazzone. Perché? Perché a piú riprese aveva osservato con quanta abilità i cinesi [a San Francisco] bagnassero in questo modo la biancheria per farla sbiancare».
Queste identificazioni delle nubi al fumo, e delle nebbie o della pioggia al fiato o alla saliva, possono sembrar strane. Ne vedremo tuttavia numerosi esempi.
L’esame di queste domande o ricordi basta a farci presentire che stiamo per ritrovare, a proposito della meteorologia e delle acque, le stesse spiegazioni date a proposito degli astri. Le domande dei bimbi piú piccoli o i ricordi del sordomuto sono nettamente artificialistici. Domandare «chi ha fatto» o «a che cosa serve» significa pregiudicare la risposta con la stessa domanda. Invece, piú i fanciulli crescono, piú le domande indicano che il fanciullo cerca una spiegazione fisica. Bisogna dunque attendersi di ritrovare lo stesso processo di sviluppo delle spiegazioni relative agli astri: il passaggio dall’artificialismo integrale a spiegazioni sempre piú positive.
Escludiamo da questo capitolo un certo numero di domande che riprenderemo a proposito del nostro studio sulla meccanica infantile,106 poiché queste riguardano piú da vicino la causa del movimento che l’origine dei corpi, tale è, per esempio, la domanda sulle onde, sul movimento dei fiumi, delle nubi ecc. e, soprattutto, la grossa questione dell’origine del vento e dell’aria, inseparabile dallo studio del moto, al quale preferiamo riservare una trattazione apposita.107
1.La volta del cielo |
Le domande sulla volta celeste, sulla notte e sulle nubi costituiscono un tutto che non si può separare senza artificio. Siamo quindi costretti a cominciare con l’analisi di uno di questi tre termini, per non appesantire il nostro esposto. Inoltre, nella serie di spiegazioni che vanno dall’artificialismo integrale alla spiegazione naturale, non è possibile, senza arbitrio, distinguere i tre stadi che abbiamo descritto a proposito dell’origine degli astri. Crediamo tuttavia utile mantenere questo schema, poiché i punti di riferimento sono tanto indispensabili quanto arbitrari. In psicologia come in zoologia e in botanica, i generi e le specie sono necessari, ma dipendono tanto dalla libera scelta del classificatore quanto dai dati da classificare.
Per i piccini (2-6 anni), il cielo è situato press’a poco all’altezza dei tetti o delle montagne. «Vanno fino in cielo?» domanda Del a proposito dei razzi.108 Inoltre costituisce una volta che tocca l’orizzonte.109 Cosi An, a 3 anni, vede una mucca su un prato in lontananza, e chiede: «È laggiú vicino al sole, vero?» In tali condizioni, è naturale che il cielo faccia dapprima al fanciullo l’impressione di un soffitto o di una volta solida, e che pertanto sia concepito come fabbricato dagli uomini o da Dio.
Ecco alcuni esempi di questo primo stadio, durante il quale esiste artificialismo integrale:
GAL (5 anni): Il cielo è «di pietra». Non è piatto, ma «rotondo». È il buon Dio che l’ha fatto.
GAUD (6;8): «È il buon Dio che l’ha fatto. – Di che cosa? – Di terra». È blu, perché Dio l’ha «fatto blu».
ACK (8;7): È Dio che l’ha fatto. «Ha preso della terra».
BAR (9;5, tardivo): «È fatto di grosse pietre. Di grossi blocchi di pietre. – Perché il cielo non cade? – Perché se cadesse, cadrebbe su tutte le case e tutti sarebbero uccisi. – In che modo non cade? – Perché tien bene. – Perché? – Perché i blocchi di pietra sono attaccati a qualcosa».
Ma accade anche che il cielo sia concepito come una crosta di nubi indurite, il che apre la via alle spiegazioni del secondo stadio:
FRAN (9 anni, tardivo). Il cielo «è una specie di nube». «Com’è cominciato il cielo? – … L’hanno fatto loro [i signori]. – In che modo? – Essi hanno trovato molte nubi e poi questi signori le hanno prese per stringerle forte, poi hanno detto: “Si vedrà se vogliono tenere”. – Il cielo è duro? – Si». Quanto a queste nubi, sono uscite dal fumo delle case. La «causa materiale» e la «causa efficiente» del cielo sono ambedue artificiali.
BUL (7;6) pensa che il cielo sia duro. Esso è «di aria» o «di azzurro». L’hanno fatto dei signori.
I piú piccini (3-4 anni) dicono ordinariamente che il cielo è «di azzurro»; in seguito, l’azzurro diventa pietra, terra, vetro, aria, nubi. Ma, durante il primo stadio, il cielo è quasi sempre concepito come solido.
Durante il secondo, il fanciullo si sforza di trovare una spiegazione fisica dell’origine del cielo. La «causa efficiente» della formazione del cielo cessa di essere artificialistica. Ma la materia di cui il cielo si compone resta dipendente dall’attività umana: il cielo è di nubi e le nubi sono nate dai camini delle case, dei battelli ecc.
GAVA (8½): «Di che cos’è fatto, il cielo? – È una specie di nube che si forma, – In che modo? – È il vapore dei battelli che sale in cielo, poi forma una grande aiuola blu. – Il cielo è duro o no? – È come una specie di terra. – Di che cosa? – È una specie di terra che ha molti buchetti; poi vi sono delle nubi che passano attraverso i buchetti, poi quando piove la pioggia cade attraverso questi buchetti. – Com’è cominciato? – … Quando c’è stata la terra, questa, forse, ha fatto delle case, e poi c’è stato del fumo, e questo ha formato il cielo. – Il cielo è vivo? – Si, perché se fosse morto cadrebbe [cfr. la definizione di vita mediante l’attività]. – Il cielo sa di sostenere il sole, o no? – Si, perché anche lui vede la luce. – In che modo la vede? – Oppure sa quando il sole si alza e quando il sole tramonta. – In che modo? – Perché, dopo che è nato [il cielo], ha conosciuto quando il sole era venuto, e poi ora può sapere quando il sole si alza e quando il sole tramonta». Il cielo è dunque una grande nube viva, ma una nube nata dal fumo delle case e dei battelli.
GIAMB (8½): «Di che cosa è fatto, il sole? – Di aria. – Come mai il cielo è blu? – Quando gli alberi dondolano fanno salire in alto l’aria [rivedremo spesso questa credenza a proposito dell’origine del vento].110 – Ma perché è blu? – Talvolta il fumo è blu e cade fra gli alberi, e ciò fa diventare blu il cielo».
GRANG (7;6): «Di che cosa è fatto il cielo? – Di nubi. – E quando è blu, sono sempre le nubi? – Si». Tuttavia, il cielo è solido: il buon Dio ci abita sopra. Le nubi si sono riunite senza l’aiuto di nessuno, ma sono nate dalle case. Sono vive.
Durante il terzo stadio, il fanciullo arriva a sbarazzarsi di ogni artificialismo. Il cielo è di aria o di nubi. Si è formato da solo. Le nubi di cui è fatto sono di origine naturale. Durante questo stadio, l’idea di una volta solida è, del resto, in via di sparizione.
REY (8 anni) fa da anello di congiunzione fra secondo e terzo stadio. Il cielo è ancora una volta solida: «È duro». Ma questa volta è formata solo di materie d’origine naturale: «Vi sono molte piccole nubi ammassate. – Di che cosa sono? – Sono larghe». «Di che cos’è fatto, il cielo? – È blu. – Di che cosa? – Di nubi. – E le nubi? – Sono blu. Talvolta ve ne sono di blu». Quanto all’origine delle nubi, Rey gira in tondo: il cielo fa le nubi, e le nubi fanno il cielo. «Di che cosa sono le nubi? – Di cielo. – E il cielo? – Di nubi…» ecc.
TACC (9 anni): «Che cos’è il cielo? – Sono nubi. – Nubi di che colore? – Blu, nere, grige o bianche. – Lo si potrebbe toccare, il cielo? – No, è troppo in alto. – Se si potesse salire, lo si potrebbe toccare? – No. – Perché? – Perché è aria, sono nubi. – Di che cosa sono fatte le nubi? – Di polvere. – Da dove viene? – Dalla terra. È la polvere che sale». «Come sta insieme? – È il vento che la sostiene».
LUG (12;3): «Che cos’è il cielo? – È una nube. – Di che colore? – Bianco. – Il cielo blu è una nube? – No certo? – Che cos’è? – È aria. – Il cielo com’è cominciato? – Con aria. – Da dove veniva, quest’aria? – Dalla terra. – Che cosa c’è sopra il cielo? – È vuoto».
STOECK (il anni): «Di che cos’è fatto, il cielo? – Di nubi, di acqua, di aria. – E il blu di che cos’è fatto? – Di acqua. – Perché è blu? – È l’acqua che fa blu. – Da dove viene, quest’acqua? – Dalle nebbie».
Certo, queste spiegazioni sono influenzate dagli adulti. Se i fanciulli non avessero posto la domanda, non saprebbero a 10 e 11 anni che il cielo è fatto d’aria e non è solido. Ma è pur sempre interessante sapere in che modo i fanciulli abbiano assimilato ciò che hanno potuto udire. A questo riguardo, si nota, con l’età, una precisa evoluzione: diminuzione di artificialismo a vantaggio di una ricerca progressiva di spiegazioni mediante identificazione di elementi (l’aria, il fumo, le nubi, l’acqua); spiegazioni che non sono senza analogia con quelle dei presocratici.
La miglior prova che i nostri risultati sono in parte indipendenti dall’ambiente è che li ritroviamo non soltanto a Ginevra. La signorina Rodrigo ha voluto porre le stesse domande a un centinaio di piccoli spagnoli, dai 5 agli 11 anni, a Madrid e a Santander. Accanto a risposte vaghe e imbeccate, troviamo le stesse spiegazioni che da noi a Ginevra. In media, abbiamo un certo ritardo in confronto alle risposte ottenute in Svizzera, ma l’ordine di successione è lo stesso. Calcolando l’età media di ognuno dei tre tipi di spiegazioni, troviamo 7 anni per le spiegazioni secondo le quali il cielo è fatto di pietra, di terra, di mattoni ecc., 8½ per le rappresentazioni secondo le quali il cielo è una nube, e 10 anni per le spiegazioni che ricorrono all’aria.
2.La causa e la natura della notte |
Affrontiamo qui un gruppo di rappresentazioni e spiegazioni molto piú indipendenti dall’educazione ricevuta dal fanciullo di quanto non sia stato finora. È dunque interessante ricercare se i processi di evoluzione messi in luce nelle precedenti ricerche siano ancora validi per quanto concerne la spiegazione della notte. Vedremo che è proprio cosí. Possiamo infatti distinguere quattro stadi nello sviluppo di questa spiegazione. Durante il primo, il fanciullo dà della notte una spiegazione puramente artificialistica, ma senza precisare il come della sua fabbricazione. Durante il secondo e il terzo, la spiegazione è semi-artificialistica e semi-fisica: la notte è una grande nube nera mossa da forze umane, che riempie tutta l’atmosfera (secondo stadio) o che chiude semplicemente il giorno (terzo stadio). Infine, durante il quarto, la notte si spiega naturalmente, con la sparizione del sole.
Durante il primo stadio, il fanciullo si limita a spiegare la notte con la sua utilità, che è il punto di partenza di ogni artificialismo. Se si sollecita il fanciullo a completare la sua spiegazione finalistica con una spiegazione causale, farà intervenire gli uomini o il buon Dio, ma senza precisare il «come» del fenomeno.
MOR (5 anni): «Perché viene la notte? – Perché fa nero. – Perché fa nero? – Perché è sera. I bimbi devono andare a letto. – Da dove viene la notte? – Dal cielo. – Come fa la notte, il cielo? – Il buon Dio. – Come diventa nero? – Non lo so».
LÉO (7½): «Da dove viene la notte? – Dal cielo. – Come si forma, la notte, in cielo? – Perché c’è un orologio, poi al mattino è dritta e di sera cade. – Perché? – Cade perché viene notte. – E che significa? – Perché è notte. – Come fa a venir notte, quando la lancetta cade? – [La notte viene] Perché la lancetta è caduta. – Lo sapevi già? – … Perché a casa nostra c’è una specie di lampada e poi una lancetta: quando cade è notte». Per quel che abbiamo potuto capire, questa «specie di lampada» è un contatore che si apre di sera per accendere la luce elettrica. «Com’è cominciato, quest’orologio? – È il buon Dio che l’ha fatto. – Chi è Dio? – È una persona. – Che cosa fa? – Lavora. – Perché? – Per i bimbi». È chiaro che per Léo il movimento della lancetta di un contatore è contemporaneamente segno e causa della notte. Léo non si occupa del «come» di questo fenomeno.
GILL (7 anni): La notte «è… si dorme, di notte, anzi è tutto nero. – Perché è nero? – Per andare a dormire. – Perché diventa nero? – È il cielo che diventa nero e questo fa diventar tutto nero».
DELESD (7;8): «Come succede che di notte tutto è nero? – Perché si dorme. – Se dormi al pomeriggio, diventa tutto nero? – No, signore. – Allora, come mai di notte, diventa tutto nero? – …» Nonostante quest’obiezione, Delesd insiste che viene notte perché si dorme.
Queste risposte sono di grande interesse. Il loro fondo comune consiste nell’affermare che viene notte perché si dorme. In certi casi (Gill, ad esempio), questo legame sembra semplicemente teleologico: la notte viene perché si possa andare a dormire. In altri casi, e verosimilmente nei casi primitivi, il sonno è insieme causa finale e causa efficiente della notte. C’è precausalità. Il fanciullo non si preoccupa del «come»: cerca semplicemente l’intenzione che è causa della notte, e questa intenzione è, evidentemente, che i fanciulli dormano. Inoltre, sotto l’influenza dell’interrogatorio, il fanciullo completa questo legame precausale con un mito artificialistico. Tale è il caso di Léo; ma, come si vede, il mito non è che un commento al legame precausale: «la notte è prodotta dal sonno».
Durante il secondo stadio, il legame precausale fra notte e sonno resta il fattore principale della spiegazione del fanciullo, ma il «come» della formazione della notte è trovato. La notte è una grande nube nera che riempie l’atmosfera sotto l’azione degli uomini o di Dio. Come si vede, il problema è semplicemente spostato. In che modo il bisogno di sonno degli uomini, o la loro volontà, riesce a far venire la grande nube nera? Il fanciullo non se ne cura.
VAN (6 anni): «Che cos’è la notte? – Per dormire. – Perché è scuro, di notte? – Perché si dorma meglio, e nella camera faccia buio. – Da dove viene, questo buio? – Perché il cielo diventa grigio. – Come mai il cielo diventa grigio? – Le nubi diventano nere. – Come mai? – È il buon Dio che fa venire delle nubi nere».
DUC (6 anni): «Perché, di notte, è buio? – Perché è ora di andare a letto. – Come mai viene buio? – Son le nubi che lo fanno. – Lo sapevi? – L’ho capito ora. – Come lo fanno, le nubi? – Perché ce ne sono di nere. – Hai già visto, di notte, la luna e le stelle? C’erano delle nubi? – Sissignore. – Di notte, ci sono sempre, le nubi? – No. – E quando non ci sono, la notte viene egualmente? – … – Perché è buio anche quando non ci son le nubi? – Son le nubi che fanno questo». Dopo qualche settimana: «Come si forma, la notte? – Perché vengono delle nubi nere nere. – Quando è notte, ci son sempre le nubi? – Sí. – E quando è chiaro, perché è chiaro? – Perché si possa vedere».
BOURG (9 anni): «Da dove viene, la notte? – È l’aria che diventa nera. – Perché di notte l’aria diventa nera? – … – E di giorno? – È l’aria che è bianca. – La notte è dell’aria nera che viene, o è dell’aria bianca che diventa nera? – L’aria bianca se ne va. – Da dove viene l’aria nera? – Dalle nubi».
MART (8;10): Di notte è buio «perché di notte dormiamo, e non si vede piú nulla. – Perché è buio? – Perché il cielo diventa nero. – Come mai? – Non lo so. – Che cosa ne pensi? – Perché c’è brutto tempo. – Che cosa fa venir buio? – Il cattivo tempo. – Di notte, fa sempre brutto tempo? – Non sempre. – Allora, quando c’è bel tempo, che cosa fa venir buio? – Perché le nubi si raggiungono [=si saldano fra loro]».
FRAN (9 anni): «Che cos’è, la notte? – Quando è tutto buio. – Da dove viene questo buio? – Dal cielo. – Com’è cominciata, la notte? – Perché ci sono delle nubi nere nere. – Da dove vengono queste nubi? – Dal cielo. – Vengono durante il giorno o durante la notte? – Durante la notte. – Perché non vengono durante il giorno? – Perché il giorno è chiaro. La notte è nera. Se venissero di giorno sarebbe notte! – Ma perché vengono soltanto di sera? Come succede, questo? – Perché di sera è piú scuro. – Le nubi sanno di camminare o Lo? – Si, quando vengono, le nubi si mettono insieme perché non si possa vedere nemmeno un quadrello [nemmeno un pezzo] di bianco. – Lo fanno apposta? – Si. – Perché? – Perché dobbiamo dormire».
ZWA (9 anni): «Che cos’è la notte? Da dove viene? – Perché è come [se] stesse per piovere, e tutto diventa nero. – Che cos’è il nero? – La notte. – Da dove viene? – Dalle nubi. – Perché viene tutte le sere? – Perché gli uomini sono stanchi. – Che cosa fa venire la notte? – Il cielo. Diventa nero. – Perché? – Perché le persone vadano a dormire».
PAT (10 anni): La notte «è del nero. – Da dove viene questo nero? – Dal buon Dio. – Come lo fa, il buon Dio? – Non so. – Da dove viene? – Dalle nubi. – In che modo? – Diventano nere».
Per i fanciulli del secondo stadio, la notte è dunque una grande nube nera o dell’aria nera. Questa nube non tappa la luce. Non è uno schermo. Costituisce essa stessa la notte, sia perché sprigiona «dell’aria nera» (Bourg), sia perché produce dei riflessi neri.
Dal punto di vista dell’artificialismo, queste risposte sono interessanti. La causa motrice delle nubi è infatti la volontà degli uomini o di Dio, e si confonde con la causa finale. Il moto delle nubi si spiega interamente con l’obbligo di farci dormire. D’altra parte, l’artificialismo si combina con un animismo integrale: il fatto di comandare alle nubi implica che la nuvola obbedisca coscientemente. Quanto all’origine di queste nubi mandate da Dio o dagli uomini, è simile a quella di tutte le nubi in generale: è il fumo delle case.
L’artificialismo del secondo stadio è dunque meno completo di quello del primo: l’uomo non è piú direttamente causa della formazione della notte; è soltanto agente del suo moto.
Durante il terzo stadio, troviamo ancora numerose tracce di artificialismo parziale. Ma un grande progresso è fatto, poiché la notte non è piú concepita come sostanza, ma come assenza di luce. Il fanciullo invoca ancora le nubi per spiegare la notte, ma le nubi non la costituiscono piú materialmente: si limitano a «tappare il giorno». La notte è ora considerata come un’ombra, nel senso proprio della parola.
Inutile dire che questo passaggio dalla concezione della nottesostanza alla concezione della notte-ombra non è immediata ma insensibile. Esistono numerosi casi intermedi, nei quali il fanciullo oscilla fra le due concezioni senza riuscire a decidersi. Ecco uno di questi casi: il fanciullo dice da una parte che le nubi chiudono il giorno (terzo stadio), ma dall’altra crede ancora che la nuvola debba esser nera per produrre la notte, tornando cosí ad assimilare la notte a una sostanza nera (secondo stadio):
ROUL (7 anni): «Che cos’è, la notte? – Delle nubi nere. – Da dove vengono queste nubi? – Dal cielo. – In che modo? – Passano davanti alle nubi bianche. – Perché vengono di sera? – Per nascondere le nubi bianche. Occupano il loro posto [risposta del secondo stadio]. – Come accade ciò? – Vengono da sole. Camminano. – In che modo? – È il buon Dio che le spinge. – Può far notte, in questa camera? – Si. – Come? – Chiudendo gli scuri. Che cosa succede, allora? – Non vediamo piú la luce. – Allora, perché è scuro, nella camera? – Perché chiudiamo le persiane. – È notte, allora? – Si. – Quando chiudiamo le persiane, c’è una nube nera nella camera? – No. – Allora, che cos’è, la notte nella camera? – Non si vede piú la luce. – E la notte fuori, che cos’è? – Perché il cielo è coperto di grandi nubi nere che arrivano. – Devono esser nere per coprire la luce? – Sí. – È possibile coprire la luce con nubi bianche? – No, perché non possono coprire».
Roul presenta due spiegazioni giustapposte. Da una parte, la notte è costituita da nubi nere che «occupano il posto» delle nubi bianche; dall’altra, la notte è un’ombra prodotta da una nube che fa schermo. Ecco ora alcuni casi appartenenti nettamente al terzo stadio, cioè che definiscono subito e senza suggestione la notte come un’ombra prodotta da nubi che occludono la luce:
MAI (8;7): «Che cos’è la notte? – Quando non c’è piú chiaro. – Perché non fa piú chiaro? – Quando le nubi si mettono davanti al giorno. – Chi te l’ha detto? – Nessuno. – E il giorno? – Quando non ci sono piú nubi. – Che cosa produce il giorno? – Il cielo…»
BAB (8;11): «Perché di notte è buio? – Perché il cielo è nascosto, e [anche] le nubi». Sono le nubi che nascondono il cielo: «Le nubi coprono tutto il cielo e non si può piú veder nulla. – Da dove vengono, queste nubi? – Dal cielo. – Di che colore sono? – Grige. – Le nubi bianche avrebbero potuto fare notte? – Sí. – Perché? – Perché vanno tutte».
Si vede bene che le nubi non hanno piú il cómpito assegnato loro nel secondo stadio, quello cioè di provocare con la sola loro presenza il buio, sia che riempissero l’atmosfera, sia che provocassero riflessi neri. Le nubi, d’ora in poi, servono di schermo, qualunque colore abbiano. Cosí Roul afferma che una nube bianca può benissimo far notte: basta che «copra il cielo» e cosí nasconda la luce che dal cielo si sprigiona.
Durante il quarto stadio, i fanciulli scoprono che la notte risulta semplicemente dalla sparizione del sole. Inutile dire che non sanno ancora che la terra gira intorno al sole. È anche perfettamente inutile insegnarglielo troppo presto, perché non capirebbero. Abbiamo trovato fanciulli di 9-10 anni ai quali era stata inculcata l’idea che l’America fosse dall’altra parte del globo: ne concludevano che l’America fosse a un piano sotto l’Europa e che il sole, per raggiungere l’America, dovesse attraversare i mari in un tunnel scavato in quello che costituisce il pavimento dell’Europa e il soffitto dell’America. Ma, senza sapere che la terra è rotonda, i fanciulli possono comprendere che il giorno è prodotto dal sole, e la notte dalla sua sparizione.
Infatti, durante i tre stadi precedenti, il sole non era indispensabile al giorno. Il giorno è prodotto da nubi bianche, o da aria bianca, o dal cielo.
Cosí DEU (7 anni) dice che la notte è «una nube nera che nasconde il cielo bianco». Sebbene questa risposta sia del terzo stadio, Deu crede che il cielo illumini: «Il sole non è come la luce. La luce rischiara tutto, mentre il sole [rischiara] solo dove è».
Invece, durante il quarto stadio, il fanciullo scopre che è proprio il sole a produrre il giorno. È questo, abitualmente, il risultato di influenze adulte, ma pensiamo che alcuni soggetti possano giungere da soli a intuirlo. Ecco alcuni esempi del quarto stadio:
CAUD (9½): «Da dove viene, la notte? – Quando il sole tramonta, comincia la notte. – Chi l’ha detto? – L’ho visto. – Perché fa notte, quando il sole tramonta? – Perché non fa piú giorno». «Perché di notte il cielo diventa nero? – Perché non si vede il giorno di notte. Non si vede piú dove sia il cielo».
BON (8½): «Perché di notte è buio? – Quando è ora di andare a dormire. – Perché la notte è buia? Che cosa ne pensi? – Perché il sole si è nascosto. – Che cosa produce il giorno? – Perché c’è il sole».
La successione di questi 4 stadi mostra dunque una progressiva diminuzione dell’artificialismo a favore di una ricerca di spiegazioni sempre piú adattate alla realtà fisica. Ora, l’ordine di successione di questi stadi, in particolare dei due primi, mostra chiaramente una delle radici dell’artificialismo infantile: il fanciullo comincia a interessarsi del «perché» dei fenomeni prima di occuparsi del loro «come». In altre parole, il fanciullo parte dal postulato implicito che tutto abbia un significato, nell’ordine delle cose: tutto è concepito secondo un piano, e questo stesso piano è concepito in funzione del bene degli esseri umani. La notte «è per dormire», tale il punto di partenza (primo stadio). Solo in seguito il fanciullo si preoccupa di conoscere l’autore del fenomeno e il suo come (secondo stadio). L’autore sarà naturalmente l’uomo stesso, in funzione del quale la notte esiste. Il «come» sarà il fumo dei camini che produce le nubi e l’aria nera che riempie l’atmosfera. In che modo dei mezzi di fortuna assicureranno la regolarità nel ritorno delle notti? Il fanciullo non pensa nemmeno di chiederselo. È cosí convinto che la necessità morale, e non il caso o la forza meccanica, regoli il corso delle cose, che ammette, senza cercar piú oltre, che la volontà degli uomini, unita al buon volere del fumo e delle nubi, basti ad assicurare la costanza del succedersi delle notti. Tale è dunque l’artificialismo dei fanciulli, quando l’educazione religiosa non è ancora venuta a complicarlo con rappresentazioni estranee al suo pensiero spontaneo.
3.L’origine delle nubi |
Per il fanciullo, il cielo e la notte sono essenzialmente formati da nubi. È dunque importante precisare donde vengano queste nubi. È questo un terreno propizio allo studio dell’artificialismo, poiché la spontaneità del fanciullo può rivelarvisi intera.
Abbiamo, sull’origine delle nubi, documenti raccolti a Parigi, a Nizza, in Savoia, nel Vallese, a Ginevra. La signorina Margairaz ha posto le nostre domande a Carouge (Ginevra), la signorina Roud nel Cantone di Vaud, la signorina Rodrigo in Ispagna. L’evoluzione delle risposte ottenute in questi diversi ambienti si è dimostrata convergente, e spesso con uno stupefacente parallelismo, cosí che possiamo aver fiducia nelle conclusioni che seguiranno.
Possiamo distinguere tre stadi nell’evoluzione delle spiegazioni relative all’origine delle nubi. Durante il primo (in media, a Ginevra, fin verso i 5-6 anni), la nuvola, in genere considerata come solida (di pietra, di terra ecc.), è concepita come interamente fabbricata dagli uomini o da Dio. Durante il secondo (dai 6 ai 9 anni di media a Ginevra e a Parigi), il fanciullo spiega le nubi col fumo dei tetti e precisa che, se non ci fossero case, non ci sarebbero piú nubi. L’artificialismo è dunque piú indiretto che durante il primo stadio, ma ancora molto sistematico. Infine, durante il terzo stadio (9-10 anni in media), le nubi hanno un’origine interamente naturale: la nuvola è aria condensata, o umidità, vapore, calore ecc.
Ecco alcuni esempi del primo stadio:
AUB (7 anni): «Da dove vengono le nubi? – Dalla montagna. Scendono, e poi sono là. – Di che cosa credi siano fatte? – Di terra. – Dove sono? – In cielo. – In che modo salgono in cielo? – È il buon Dio che le fa salire, perché non salgono da sole». Le nubi, tuttavia, sono vive: «Se camminano, devono ben saperlo».
GRIL (7 anni) dice, a proposito della pioggia: «È il buon Dio che la fa cadere. – In che modo? – Prende delle grosse palle, le lancia, e cosí piove. – Sono palle fatte di che cosa? – Di pietra. – Si può sapere quando il buon Dio lancia queste palle? – Sí, si sente il tuono». Dopo un attimo: «Da dove vengono le nubi? – Dal cielo. – Di che cosa son fatte? – Di pietra». Le nubi son vive e sanno di camminare.
Anche TAC (6;5) crede che le nubi siano fatte dal buon Dio: «Di che cosa sono fatte? – Di pietra. Poi sí rompe. Ma è ben fissa in ciclo».
Per RAT (8 anni), le nubi sono state fatte di terra, sulla montagna, e da uomini, «perché non possono essersí fatte da sole».
L’utilità di queste nubi è variamente interpretata:
Per GRIL (7 anni) le nubi servono, come si è visto, a fare il tuono e cosí produrre la pioggia. Ma vengono anche «per illuminare».
Per altri fanciulli, le nubi son fatte «per far la notte», per «annunciare la pioggia» ecc.
Le risposte di questo primo stadio sono dunque paragonabili alle spiegazioni piú primitive sull’origine degli astri (cap. VIII, §§ 1 e 2). Nei due casi, l’artificialismo integrale implica l’animismo invece di escluderlo. Gli astri sono fuoco acceso dagli uomini, e perciò sono vivi. Le nubi sono di pietra o di terra accumulata dagli uomini, e perciò sono vive e coscienti.
Inoltre, nei due casi si trovano fanciulli che immaginano una partecipazione iniziale tra corpi celesti e uomini, come se le nubi o gli astri fossero direttamente nati dall’uomo:
ROY (6 anni) ha detto, come si ricorda (cap. VIII, § 1), che gli astri sono cominciati «perché noi abbiamo incominciato ad essere vivi» e che sono cresciuti «perché noi siamo cresciuti». Aggiungeva che sono le nubi a far crescere la luna e il sole. Questa seconda affermazione sembra contraddire la prima. In realtà, vedremo che non è affatto cosí. Un mese dopo averlo interrogato sugli astri, torniamo a interrogarlo a proposito delle nubi. «Donde vengono le nubi? – Dal cielo. – In che modo? – È il cielo che le ha fatte. – Come? – Perché è utile farle. – In che modo? – Perchè si taglia in due. – Chi si taglia in due? – Il ciclo. – Una nuvola di che cosa è fatta? – Di aria. – E il cielo? – Pure d’aria. – Com’è cominciato, la prima volta che è esistito il cielo? – È sempre esistito. – Ma la prima volta? – Perché è del vento. – Da dove veniva questo vento? – Dal cielo. – Come mai? – È stato qualcuno che ha soffiato. – Chi? – Gli uomini. – Quali uomini? – Uomini che facevano questo mestiere».
Questi discorsi sembrano fabulati. Ma, a parte il fatto che Roy ci è sempre sembrato esente da fabulazione, esattamente gli stessi miti si ritrovano nei ricordi d’infanzia del sordomuto d’Estrella riportati da James, ai quali siamo già ricorsi:
Si ricorderà che (inizio cap. VIII) d’Estrella, per spiegare l’origine degli astri, supponeva «un uomo grande e forte» nascosto dietro le colline di San Francisco. Quest’uomo, che d’Estrella nei suoi ricordi chiama Dio, spiega anche le nubi: «Quando c’era vento, egli [il fanciullo] supponeva che fosse un indizio del suo buonumore [di Dio]. Un vento freddo manifestava la sua collera, una brezza fresca il suo buonumore. Perché? Perché talvolta il fanciullo aveva sentito l’alito sfuggire dalla bocca delle persone in collera che stavano per litigare o sgridare. Quando c’erano le nubi, supponeva che venissero dalla grande pipa di Dio. Perché? Perché aveva spesso constatato con infantile ammirazione che il fumo delle pipe o dei sigari saliva in spirali. Le forme fantastiche delle nubi oscillanti nell’aria lo riempivano di rispetto. Che polmoni potenti Dio aveva! Quando c’era nebbia, il fanciullo pensava che fosse l’alito di Dio nel freddo del mattino. Perché? Perché con un tempo simile aveva spesso visto il proprio alito».
Durante il secondo stadio, l’origine della nube è semi-artificiale e semi-naturale. È artificiale in quanto la nube è nata dal fumo dei camini. È naturale in quanto la forma e l’agglomerarsi della nube sono indipendenti dall’uomo. Va da sé, inoltre, che le nubi continuano, durante questo secondo stadio, ad esser considerate vive e coscienti. Ecco alcuni esempi:
HANS (5 anni): «Da dove vengono le nubi? – Dal cielo. – Come accade ciò? – È fumo. – Da dove viene il fumo delle nubi? – Dal fuoco. – Da quale fuoco? – Dal fuoco dei fornelli. – Di quali fornelli? – Quando si cuoce. – Se non ci fossero case, ci sarebbero ancora le nubi? – Si. – Benissimo. E da dove verrebbero? – No, non ci sarebbero affatto».
BOIS (5½): «Da dove vengono le nubi? – Dal cielo. – Di che cosa sono? – Come il cielo. – Di che cosa? – Di nubi. – Di che cosa son fatte le nubi? – Di blu, di bianco. – Come sono cominciate, queste nubi? – Dai camini. – Come? – [Il camino] è fatto perché esca il fumo. – E allora? – Il fumo sale in cielo, e cosí forma le nubi».
MOC (8 anni): «Da dove vengono le nubi? – Dal fumo. – Quale fumo? – Il fumo dei camini, dei fornelli, poi dalla polvere. – In che modo forma le nubi? – Si colora in cielo, beve l’aria, poi è colorata, poi va in cielo. – Viene solo dai camini, il fumo delle nubi? – Si, poi quando c’è qualcuno che fa fuoco nei boschi. Quando ero in Savoia, mio zio accendeva del fuoco nei boschi, questo faceva del fumo che andava in cielo, ed era tutto blu. – L’hai visto blu? – Sí, è blu, ma quando va in cielo è nero. – Le nubi sentono il caldo e il freddo? – Si, perché sono le nubi che fanno venire il freddo e poi il caldo».
MAI (9;6): «Che cosa sono le nubi? – Sono fumo. – Da dove viene il fumo delle nubi? – Dai camini dalla cucina a gas».
BOURG (9;6) spiega, come abbiamo visto al § 2, che la notte è dovuta ad aria uscita dalle nubi. «Da dove viene l’aria nera? – Dalle nubi. – Da dove vengono le nubi? Di che cosa sono fatte? – Di fumo. – Di fumo che viene da dove? – Dai camini».
MARG (10 anni): Le nubi si formano «col fumo. – Quale fumo? – Bianco, grigio. – Da dove viene questo fumo? – Dai camini». D’altra parte, le nubi «sono vive. – Perché? – Perché altrimenti non camminerebbero, non potrebbero andare avanti». Sono, inoltre, coscienti di quello che fanno.
ZUL (10 anni): «Che cosa sono le nubi? – È fumo che si perde in aria, poi viene [diventa] nubi. Quando piove, diventano nere nere; quando non piove piú, diventano bianche, poi a volte rosse. – Di che cosa sono fatte? – Di fumo». Sono vive «perché camminano».
È interessante, dal punto di vista pedagogico, notare che l’artificialismo mitigato del secondo stadio è cosí tenace, che i migliori dati sulle nubi rischiano di esser deformati dallo scolaro e assimilati allo schema che si è detto. Infatti, abbiamo visto un gran numero di scolari, che pur sapevano che le nubi son fatte «di vapore» e che il vapore è prodotto del riscaldamento o dell’ebollizione dell’acqua (un’illustrazione del libro di lettura in uso nelle scuole di Ginevra rappresenta quest’ebollizione, a proposito di una lezione sul vapore), concludere tuttavia che tutte le nubi nascono dalle pentole. In altre parole, questi fanciulli hanno conservato la loro spiegazione spontanea, ma alla nozione di fumo hanno sostituito quella di «vapore». Ecco alcuni esempi di questo artificialismo i cui materiali sono tratti da discorsi adulti male interpretati:
BUL (11;8): «Come si formano le nubi? – È il vapore del mare. – Perché? – Provengono dal vapore del mare, dall’acqua che evapora. – Perché evapora? – È acqua calda. – Perché è calda? – Perché la si scalda. – Chi la scalda? – Il fuoco. – Come avviene? – Il fuoco dei bastimenti. – Sono loro che fanno scaldare l’acqua del mare? – Si». Del resto, le nubi «sono pure fatte d’acqua che si riscalda a casa, quando la finestra è aperta». Si vede che cosa un fanciullo di quasi 12 anni ha capito delle lezioni sull’evaporazione del mare!
DUCR (8½): Le nubi sono «vapore. È quando si fa bollire dell’acqua nelle pentole, allora abbiamo il vapore, che sale in cielo». D’altra parte, le nubi sono vive «perché volano in aria come se fossero uccelli, ma vanno molto in fretta».
Ecco qualche esempio di casi intermedi fra il secondo e il terzo stadio: il fanciullo mescola al suo artificialismo una parte di spiegazione naturale. L’origine delle nubi è duplice: il fumo o il vapore di cui è fatta la nube esce ora dalle case e dai laghi, ora dal mare. Ecco alcuni esempi:
CEN (8; 6): «Sai da dove vengano le nubi? – È vapore. – Che cos’è il vapore? – È come fumo. – Da dove esce il vapore? – Dall’acqua quando bolle o quando sta per bollire. – Il vapore delle nubi da dove viene? – Quando si fa cuocere la minestra. – Quando si fa cuocere la minestra si formano le nubi? – Il vapore esce e prende con sé dell’acqua». Cen sembra, dunque, del secondo stadio; ma aggiunge: «Senza case, ci sarebbero ancora, le nuvole? – Si. – Da dove verrebbero? – Da altri paesi. – Se non ci fossero piú case nemmeno negli altri paesi, ci sarebbero le nubi? – Si. – In che modo? – Si farebbe fuoco, ci sarebbe il fumo e poi il vapore». E, se non si facesse fuoco, ci sarebbero delle nubi che «verrebbero dalle montagne», ma Cen non sa come si formerebbero. Dunque, ha il preciso senso che le nubi siano in parte indipendenti dall’uomo, ma non sa come spiegarlo e ricorre, quando lo si sollecita, a spiegazioni artificialistiche.
CARIL (11; 7): Le nubi «sono vapore. – Da dove viene? – È il sole che lo produce… [viene] dai mari; viene quando si fa scaldar l’acqua. – Da dove vengono le nubi? – Dalle pentole».
Questi casi sono evidentemente influenzati dalle lezioni ricevute. Il caso seguente, invece, sembra spontaneo: le nubi hanno un’origine prima artificialistica, ma si costituiscono secondo un processo naturale:
VEL (8½) comincia col dire: «Le nubi sono aria». Ma la loro origine prima è artificiale: «Come si formano? – Dal fumo. – Da dove viene, questo fumo? – Dai fornelli. – L’aria e il fumo sono la stessa cosa? – No, il fumo fa l’aria e l’aria [produce] le nubi».
Passiamo al terzo stadio, durante il quale i fanciulli attribuiscono alle nubi un’origine interamente naturale. Sfortunatamente, la maggior parte delle risposte ottenute sono direttamente ispirate dalle lezioni scolastiche (all’opposto di ciò che avviene a proposito degli astri): «È il sole che fa evaporare l’aria»;.«È il sole che la fa diventar vapore riscaldandola» ecc. Ma, accanto a queste formule imparate, troviamo diverse spiegazioni piú o meno spontanee, che hanno il loro interesse. Il principio di queste spiegazioni è lo stesso di quello delle spiegazioni che abbiamo raccolte sull’origine naturale degli astri (cap. VIII, § 3): identificazione delle sostanze. Le nubi sono aria condensata, fumo, lampi, calore, umidità ecc., essendo l’aria, il fumo, il fuoco, il vapore e l’acqua ritenuti capaci di trasformarsi gli uni negli altri, come credevano i fisici presocratici. Ecco dapprima alcune identificazioni della nuvola col fumo dei lampi:
BEN (7½): Le nubi «sono fumo» che deriva dal tuono. «È il tuono che produce l’acqua». Cosí il lampo fuma, il fumo si cambia in nube, che si fonde in acqua.
FAU (7 anni): Le nubi «sono fuoco». Il tuono esce dalla nube, e la nube è il fumo del tuono.
LEF (8½): «Da dove vengono le nubi? – Vengono dal tuono: è acqua». L’acqua viene dal tuono, poiché il tuono fuma e il fumo diventa acqua.
GERV (11 anni) crede che le nubi siano formate dal fumo che esce dai vulcani. Reciprocamente, la terra è costituita da nubi ammassate.
Ecco ora alcune riduzioni delle nubi ad aria o ad aria compressa:
CHEV (8;2): «Che cosa sono le nubi? – Aria. – Da dove vengono? – Da dietro la montagna. Si formano dietro la montagna. – Spiegami come. – Con molta aria. L’aria si mette insieme e poi sale. – Come si sono formate, le nubi che sono proprio su di noi? – Con aria ch’era in alto. C’è piú aria in alto che in basso. – Ma mi hai detto che si formavano dietro la montagna. – È perché non vediamo quando si formano. – Come si formano? – Con aria. – E quelle che sono su di noi, si sono formate dietro la montagna? – Si, perché sono salite prima. Sono salite durante la notte, mentre quelle che sono verso la montagna sono salite durante il giorno. – Le nubi si formano solo dietro la montagna? – No, ve ne sono alcune che si formano davanti, davanti a noi. Me lo ha detto mio fratello. Tutta l’aria viene, poi si forma la nebbia. – Dici che talvolta si formano davanti a noi? – Ah, è per ria dell’aria dal basso che si riunisce. – Come mai? – C’è molta aria che viene. Fanno mucchio».
LIDY (9 anni): «Di che cosa son fatte le nubi? – Di aria. – Che cosa diventa, in cielo, quest’aria? – Una grossa nube, poi diventa molto pesante e poi cade».
ZWA (9 anni): «C’è un po’ di fumo dell’acqua che sale in cielo e questo forma le nubi. – Da dove esce il fumo dell’acqua? – È l’acqua che lo forma. – Dove? – Dentro. In fondo all’acqua, poi sale in alto. – In che modo? – Perchè il lago discende sempre piú. C’è un po’ di sabbia che sale come il fumo, e questo va in cielo. – Che cosa forma il fumo, l’acqua o la sabbia? – La sabbia. – Perché il fumo dell’acqua esce dalla sabbia? – Talvolta ci sono piccole pietre che si rompono e ne esce il fumo. – Perché? – Perché l’acqua è forte, e allora si rompono». Zwa allude evidentemente col nome di «fumo dell’acqua» alle bollicine d’aria che si formano sulla sabbia umida delle rive del lago di Ginevra.
Quanto all’identificazione delle nubi col calore e l’umidità, le ritroveremo studiando le spiegazioni relative alla formazione della pioggia (§ 5).
Si vede l’originalità di alcune di queste risposte del terzo stadio. Le nubi sono spiegate grazie a un processo interamente naturale; processo che consiste essenzialmente nella trasformazione di una sostanza qualitativamente eterogenea. Inoltre alcuni fanciulli giungono all’interessante nozione di una condensazione delle sostanze. Cosi Chev e Lidy parlano di aria che «si riunisce», che «diventa molto pesante» ecc. Sono spontanee, queste nozioni? Se non avessimo che questi esempi da citare, potremmo vedervi il risultato di lezioni mal capite sul vapore e sulla pioggia. Ma queste spiegazioni sono dello stesso tipo di quelle che i fanciulli di 9-10 anni dànno sull’origine degli astri («gli astri sono aria o nubi compresse»), sull’origine delle pietre («i sassi sono terra compressa»), e soprattutto sulle differenze di peso specifico esistenti fra i corpi (un oggetto pesante è «piú pieno» o «piú compresso» di un oggetto leggero di ugual volume).111 In queste condizioni, non è inverosimile che le spiegazioni che abbiamo ora visto siano spontanee.
Se esaminiamo i risultati ottenuti fuori Ginevra, troviamo un processo di evoluzione esattamente simile, ma con differenze nell’età media degli stadi. A Parigi, su una cinquantina di fanciulli esaminati particolarmente, troviamo che il primo stadio è in media anteriore ai 7 anni, che il secondo stadio dà una media di 8 anni, e il terzo di 9½ anni. In Spagna, questi stadi sono da situare in media a 7½, 9 e 10½ anni. In campagna, le spiegazioni artificialistiche spariscono naturalmente piú presto, ma ritroviamo gli stessi tipi di spiegazioni. Abbiamo visto piccoli campagnuoli sostenere che le nubi sono uscite dai camini delle case, tanto a Beaulieu-sur-Mer, quanto in pieno Vallese, nella campagna del Vaud e in Savoia.
Concludendo, si vede come l’orientamento spirituale del fanciullo lo spinga all’artificialismo, anche per quanto concerne corpi in apparenza indipendenti dall’uomo come le nubi. Certo, i particolari di questo artificialismo sono poco interessanti. Soprattutto l’idea dominante dei fanciulli, che le nubi siano alimentate dal fumo dei tetti, è la piú naturale per spiriti orientati spontaneamente verso l’artificialismo. Ma poco importa questo particolare. L’interesse risiede nelle tendenze generali che presuppone. Se ricordiamo che il cielo e gli astri sono per il fanciullo formati prima di tutto di nubi, e che la stessa notte è dovuta a una attività regolare, intenzionale o perlomeno teleologica delle nubi, si comprende la portata delle risposte che abbiamo analizzato. Nulla è lasciato al caso, nell’universo infantile. Lo stesso fumo, che sembra il prototipo dei corpi inutili e votati al capriccio, è concepito come la materia del cielo e il motore essenziale delle fluttuazioni atmosferiche e della notte. Dal punto di vista dell’animismo, ne segue naturalmente che, nei primi due dei nostri stadi, il fumo e le nubi sono concepiti come coscienti e vivi. Durante il terzo stadio, invece, l’animismo tramonta. Ma molti dei fanciulli che riconducono le nubi all’aria o, conformemente alle lezioni ricevute, a vapore acqueo, le considerano ancora come coscienti. Riprenderemo la questione a proposito del movimento delle nubi.
4.Il tuono e i lampi |
Prima di studiare le spiegazioni che i fanciulli dànno della formazione della pioggia, esaminiamo le rappresentazioni relative ai temporali. Il problema dei temporali interessa tutti i fanciulli. È possibile raccogliere innumerevoli domande sul tuono e sui lampi. Quelle dei primi anni, fin verso i 6, sono manifestamente artificialistiche persino nella forma. Del, a 6½, quando sente dire che il fulmine si forma da solo, chiede: «Perché [il fulmine si forma da solo]? È vero? Ma c’è tutto quel che occorre per far fuoco, in cielo?»112
Le risposte ottenute possono essere classificate in tre stadi. Durante il primo, il tuono e i lampi sono considerati come «fabbricati» in cielo o sulle montagne. Durante un secondo stadio, sono usciti, secondo un processo naturale, dalle nubi o dagli astri, che sono pure considerati di origine artificiale. Durante il terzo stadio, l’origine dei temporali è interamente naturale.
Ecco alcuni esempi del primo stadio, che si estende fino ai 6 anni circa:
STEI (5 anni): «Che cos’è, il tuono? – Con martelli, si pesta. – Lo credi, o è una frottola? – Lo credo. – Chi pesta? – Il buon Dio. – Perché? – Per far piovere». «Che cos’è un lampo? Come si forma? – Non so. – Da solo? – Si. Prima del tuono. – Di che cos’è fatto? – Di fuoco. – Da dove vengono, i lampi? – Dal fuoco, perché sono accesi con fiammiferi. Lui accende, poi viene il lampo. – Chi accende? – Il buon Dio. – Perché? – Accende per far rumore. – Perché? – Perché cosí vuole. – Perché vuole? – Non ricordo».
DON (5; 5): «Che cosa sono i lampi? – È il tuono che li fa. – Come? – Il tuono fa rumore; poi, i lampi, è il tuono che li fa andare. – Di che cos’è fatto il lampo? – Di fuoco. – Da dove viene questo fuoco? – Dal tuono. – Il tuono è fatto di fuoco? – Nel tuono c’è del fuoco. – Da dove viene il tuono? – Dalla montagna. – Come viene dalla montagna? – Sono i muratori che ci lavorano. – Come? – Prendono del ferro, e con questo fanno il tuono».
Tutti i miti di questo primo stadio si somigliano. Il secondo stadio si estende in media dai 7 ai 9 anni. Il tuono è dovuto a un’esplosione delle nubi; il lampo, al fuoco che esce dalle nubi o dagli astri. Ma le nubi e gli astri sono ritenuti formati dal fumo uscito dalle case, o dall’aria fabbricata dagli uomini.
ROY (6;5): «Che cos’è il tuono? – È un lampo. Poi c’è del fuoco, poi tuona. –Da dove viene questo fuoco? – Dal sole. – Perché tuona? – È la luna che fa tuonare». Si ricordi che, per Roy, il sole risulta da un fiammifero lanciato dal buon Dio, o, perlomeno, cresce grazie alle nubi provenienti dall’alito degli uomini.
DUO (6;10): «Che cos’è il tuono? – Sono i lampi che s’incontrano. – Da dove viene il lampo? – Dal cielo. – Che cos’è? – Come del fuoco. Sono stelle». Ora, le stelle sono fabbricate.
BOIS (5½) comincia con lo stabilire un legame di reciprocità fra tuono e stelle: «Che cos’è il tuono? – Del fuoco. – Come si forma? – Con le stelle, con del fuoco. – Come si formano le stelle? – Perché esso [i] tuono] fa le stelle che fan prendere fuoco».Ma tutti e due risultano dai lampi, che sono nati dalle nubi: «Da dove vengono i lampi? – Dalle nubi. – C’è del fuoco nelle nubi? – Si. – Come mai? – Del fumo». In altre parole, essendo le nubi formate dal fumo dei tetti [Bois è esplicito a questo proposito], possono riconvertirsi in fuoco, questo origina i lampi, e perciò il tuono e le stelle.
Secondo la spiegazione piú corrente del secondo stadio il tuono scaturisce dallo scontro fra due nubi, e il lampo dalla combustione cosí prodotta, le nubi essendo formate di fumo, e il fumo contenendo del fuoco!
CESS (8;6): «Che cos’è il tuono? – Fuoco. – Da dove viene? – Dalle nubi, perché si urtano. – Perché questo fa rumore? – Perché si scontrano. – Che cosa sono i lampi? – Fuoco. – Da dove viene? – Dalle nubi, perché si sono urtate. – Come accade ciò? – Perché è fuoco, come la luna e il sole».
MOC (8 anni): «Da dove viene il tuono? – Dalle nubi. – In che modo? – Fanno bum [scoppiano]. – Che cosa sono i lampi? – Fuoco. – Perché parte dal fuoco? – Perché questo [i] tuono] scoppia [fa scoppiare] le nubi».
BO (9½): «Che cos’è il tuono? – Le nubi che si scontrano. – Perché? – Per fare il tuono. – Da dove viene il rumore? – Perché si urtano. – È dura, una nuvola? – Sí. – Come la tavola? – No [Bo aveva detto, prima, che le nubi sono fumo dei fornelli]». «Che cos’è il lampo? – È il tuono che parte». È fuoco «delle nubi. – C’è fuoco, nelle nubi? – A volte. – Che cosa sono le nubi? – Fuoco».
Quanto al terzo stadio, esso segna la comparsa delle spiegazioni puramente naturali. Queste sono perlopiú imparate e ricorrono all’«elettricità» delle nubi. Ma, come al solito, troviamo un buon numero di risposte originali che testimoniano una spontaneità almeno relativa. Citeremo solo queste ultime, che consistono essenzialmente nel riferire il temporale all’urto di due nubi, ma di nubi formate d’aria o di vapore ecc. Quanto al fuoco dei lampi, esso proviene dall’esplosione o dallo sfregamento cosí prodotti, o scaturisce da scintille dovute agli astri:
CHAL (9 anni) identifica, come abbiamo visto (cap. VIII, § 3), il sole a una nube, e tutti e due all’aria. Rivediamo Chal un mese dopo quell’interrogatorio, e ci dice quanto segue: «Che cos’è un tuono? – Rumore. Sono due nubi che si scontrano. – Perché fa rumore? – Quando si scontrano, scoppiano. – Le nubi, sono dure? – No. – Come, allora, fan rumore? – … – Che cos’è il lampo? – Fuoco. – Da dove viene? – Viene dalle nubi. Fa fuoco. – Nelle nubi c’è del fuoco? – Perché il sole è fuoco. È una palla [di fuoco]. – Il lampo, viene dal sole? – No. – Il fuoco del lampo, viene dal sole? – Sí. – È il sole che fa fare il lampo? – No, le nubi. – Perché il fuoco dei lampi viene dal sole? – Perché il sole è una palla di fuoco e scoppia». Il sole, o piuttosto i soli, sono dunque nubi infuocate che, scoppiando, infiammano le altre nubi. Le nubi, a loro volta, sono aria, e la loro esplosione produce il tuono.
D’altronde abbiamo visto (cap. VIII, § 3) Ant, Aud e Gerv spiegare la formazione degli astri mediante ammassi di fulmini. Chal ci ha dato la spiegazione reciproca, interpretando il lampo come uscito dal sole.
IIEND (9;8): «Che cos’è il tuono? – Due nubi che si scontrano e questo fa i lampi. Prima si toccano, si urtano, e questo fa il tuono e il lampo. – Perché fa il lampo? – Perché due nubi si sfregano [l’una con l’altra] e fa scintilla. – Perché? – Anche se si sfregano due pezzi di legno l’uno contro l’altro c’è scintilla. – Perché si sfregano? – Si scaldano e la scintilla esce». Hend precisa che la nuvola non è solida: è vapore. Ma perché la nuvola possa muoversi, «bisogna che il vapore sia molto compresso».
ROSS (10;7): «Che cos’è il tuono? – Delle nubi che scoppiano. – In che modo? – Perché si scontrano. – E poi, che cosa succede? – Un lampo. – Che cosa è? – Una luce prodotta dalle nubi. – Perché fanno questa luce? – Perché si scontrano».
Queste spiegazioni non sono senza analogia con quelle dei presocratici: l’aria rinchiusa nelle nubi le fa scoppiare, lo strappo produce un chiarore, ecc.
In conclusione, questa rapida inchiesta sulle spiegazioni relative alla formazione dei temporali conferma ciò che abbiamo visto a proposito delle nubi: lo sviluppo delle spiegazioni procede da un artificialismo integrale a un tentativo di ricostruzione naturale, il cui principio è l’identificazione di sostanze eterogenee. La spiegazione della pioggia completerà quest’insieme.
5.La formazione della pioggia |
Il problema delle rappresentazioni relative alla pioggia è uno fra i piú interessanti che l’artificialismo infantile presenti. Essendo infatti le nubi considerate durante i primi stadi come pietra o fumo, non c’è ragione perché la pioggia debba uscire dalle nubi piuttosto che dal cielo stesso. Ma l’esperienza mostra il legame tra pioggia e nubi: quando cade la pioggia ci sono sempre le nubi. Questo il fanciullo lo sa bene. Come, dunque, concepirà egli questo legame? La nube sarà segno di pioggia, o causa; oppure troveremo la confusione, segnalata nei primitivi, del segno con la causa? In realtà, troveremo queste tre soluzioni piú o meno mescolate senza rapporto fisso con l’età.
Per maggior chiarezza, esponiamo prima le spiegazioni raccolte sull’origine della pioggia, senza curarci della relazione della pioggia con le nubi; poi riprenderemo a parte il problema.
Numerose domande spontanee dei fanciulli indicano immediatamente l’orientamento spirituale dei fanciulli di 2-7 anni. Ancora a 6 anni e ½, Del113 domandava: «Ma come si fa, in cielo, la pioggia? Ci sono dei tubi o dei torrenti che scorrono?» (per Del, anche i torrenti sono «fabbricati»).
D’ESTRELLA racconta, proseguendo nei ricordi d’infanzia citati al § 3: «Quando pioveva, egli [d’Estrella] non dubitava che il dio [l’“uomo grande e forte”] avesse preso una grande sorsata d’acqua e la sputasse dalla sua immensa bocca sotto forma di temporale. Perché? A molte riprese aveva osservato con quanta abilità i cinesi bagnassero in questo modo la biancheria per farla sbiancare».
Possiamo classificare le risposte date dai nostri fanciulli in tre stadi, a seconda che la pioggia venga spiegata mediante un artificialismo integrale, un artificialismo mitigato o un processo naturale. Ecco alcuni esempi del primo stadio, cominciando da un caso che ricorda la testimonianza del sordomuto d’Estrella:
Abbiamo visto (§ 3) che ROY (6;5) si immaginava le nubi come costituite da un vento uscito dalla bocca umana: «È qualcuno che ha soffiato». Ora, per Roy, la pioggia esce dalle nubi: viene «dal cielo. – E l’acqua del cielo? – Dalle nubi. – Da dove è venuta, la prima volta, l’acqua? – Quando c’erano molti uomini che hanno sputato». Questa risposta non è stata data subito dopo la spiegazione della formazione delle nubi. Non c’è dunque perseverazione.
Solitamente, tuttavia, l’acqua della pioggia è attribuita a una fabbricazione propriamente detta, ma è spesso lecito chiedersi, date le reticenze e i risolini dei piccoli, fino a che punto i «rubinetti» o i tubi ch’essi invocano non abbiano in certi casi (non supponiamo nulla di piú) un senso simbolico abbastanza chiaro. Rivedremo il problema al § 7, dove lo ritroveremo a proposito dell’origine dei ruscelli:
GRIAR (5½): «Che cos’è la pioggia? – Acqua. – Da dove viene? – Dal cielo. – C’è dell’acqua in cielo? – È il buon Dio che la fa venir giú. – In che modo? – Versa fuori dei secchi d’acqua. – Chi te l’ha detto? – Nessuno. – Dove prende l’acqua, il buon Dio? – Nel suo rubinetto. – Da dove viene, l’acqua del suo rubinetto? – … [ride]».
Dio, naturalmente, è concepito come un uomo. DON (5½) dice che la pioggia viene dal cielo e che il buon Dio la manda; poi: «Ci sono fontane in cielo? – Talvolta ci sono dei ruscelli. C’è il buon Dio. – Che cosa fa? – È nella sua casa, e lavora. – Perché? – Per il suo padrone. – Chi è il buon Dio? – Un signore».
PAN (5 anni): «È la pioggia da dove viene? – Dal cielo. – Come? – Non so io. Forse c’è un tubo, come papà che ha bagnato la De Dion [che ha innaftiato l’automobile per pulirla]. – Possibile? – Sí, è possibile, perché è la stessa porcheria. – Dove? – Davanti ai marciapiedi, ci sono delle pozzanghere. – Como viene, la pioggia? – C’è un rubinetto, poi si avvita un tubo, e lui manda la pioggia per innaffiare i fiori. – Chi? – Il buon Dio».
HANS (5½): «È il buon Dio che la fa. – In che modo? – Prende dell’acqua e poi la getta. – Dove prende, l’acqua? – Nel lavatoio».
GRIL (7 anni) dice che la pioggia è acqua che viene dal cielo. «Com’è venuta quest’acqua? – In basso. – Dove, in basso? – Nelle fontane. – Come va in cielo? – Con dei tubi. – Dove sono questi tubi? – Nella strada. – Da dove partono? – Dalle fontane o dal canale. – Fin dove vanno? – Fino in cielo. Sono gli uomini che fanno piovere.
Anche RAM (9 anni) pensa che siano gli uomini, e non Dio, a far piovere. La pioggia sale in cielo «attraverso rubinetti. – In che modo? – L’acqua scorre nei rubinetti. – E poi? – Si formano delle goccioline, poi salgono in ciclo. – in che modo salgono? – In getti d’acqua. – Perché non si vedono? – Perché sono sottili».
Inutile moltiplicare gli esempi di questi miti, il cui tema è del resto ben noto. Ci si può, come sempre, chiedere fino a che punto i fanciulli credano a ciò che dicono e quando comincino a fabulare. Ma l’importante è constatare che non hanno nulla da sostituire a questo artificialismo. Inventino o no nei particolari, è però sempre all’attività umana che ricorrono per spiegare le cose, non alle cose stesse.
Questo ci spiega come, durante il secondo stadio, il fanciullo giunga ad attribuire un’attività umana alle cose. Durante il secondo stadio, infatti, non troviamo piú artificialismo diretto, nel senso che la pioggia non esce piú dai rubinetti del cielo; bensí artificialismo indiretto, nel senso che un oggetto sorto dall’attività umana, come il fumo delle case ecc., produce la pioggia. Ma allora, ed è ciò che sottolinea la continuità fra primo e secondo stadio, questa cosa che produce la pioggia diventa essa stessa dotata di un artificialismo immanente: abbiamo quella collaborazione fra la cosa e noi, che si esprime nella locuzione infantile «far fare». L’uomo e Dio «fanno fare» la pioggia, cioè «fanno» qualcosa; ma anche il cielo, il fumo o le nubi «fanno» qualcosa. I due sensi della parola «fare» si confondono ancora interamente.
Ecco alcuni esempi del secondo stadio:
BLAS (8;10): «Da dove viene la pioggia? – Viene dalle nubi. – Come? – È il fumo che sale e poi forma le nubi. – Quale fumo? – Il fumo delle case. – Come forma la pioggia? – Perché il calore fa fondere le nubi. Il fumo si disfa e poi viene [diventa] acqua». «Perché il fumo si disfa e si deforma e poi diventa acqua». Ora, le nubi fanno tutto ciò intenzionalmente e coscientemente: sanno di camminare «perché si muovono. Anche noi sentiamo che ci muoviamo!»
PORT (9 anni): Le nubi sono pure fumo delle case: «Poi questo diventa nero, poi viene acqua». «Il fumo si fonde un po’, poi diventa acqua». Le nubi camminano su comando: «Quando le persone camminano per la strada, questo fa camminare anche le nubi».
MARG (10 anni): «Da dove viene la pioggia? – Dal cielo. – Come? – Sono le nubi, col fumo. – Da dove viene questo fumo? – Dai camini. – Come questo fumo forma la pioggia? – Perché si liquefa. – Si liquefa il fumo? – Si. – Che cosa lo fa liquefare? – Il calore». Le nubi, poi, sono vive e coscienti.
MOC (8 anni): «Da dove viene la pioggia? – Dal cielo. – Che cos’è? – Acqua. – Come si forma? – Le nubi. – Come? – Perché scoppiano. Le nubi scoppiano e viene la pioggia. – Che cosa vuol dire che scoppiano? – Vuol dire che esplodono. – Da dove vengono le nubi? – Dal fumo. – Da dove? – Dai camini».
Per questi fanciulli, le nubi accorrono dunque intenzionalmente là dove è necessario che piova, e si cambiano in acqua. Il processo di formazione della pioggia è in un certo senso naturale, ma resta il fatto che le nubi sono uscite dalle case, e soprattutto che ci ubbidiscono, direttamente (Port) o indirettamente. Che cosa accadrà quando si insegnerà a questi fanciulli che la pioggia viene dall’evaporazione dei mari? Mescoleranno la loro idea spontanea, che è artificialistica, con l’insegnamento ricevuto, e concluderanno che il fumo delle case «va a cercare» l’acqua sul mare. Ecco alcuni esempi di questi casi di fusione fra idea infantile e lezione insegnata:
DEM (8;0): «Di notte, certe notti, non sempre, le nubi si abbassano e attirano l’acqua». Le nubi sono fumo: «Son fatte di vapore? – Di fumo, non di vapore! [ride]». «In che modo attira l’acqua? – Come la calamita. – Che cosa succederebbe, se in quel punto ci fosse un bastimento? – Ci sarebbe una scossa tale che quello affonderebbe».
Anche BONG (9;6) dice che le nubi escono dai camini e che le nubi fanno piovere: «Mi hai detto che le nubi son fatte di fumo. C’è dell’acqua, nel fumo? – … – Da dove viene la pioggia? – Dal fuoco. – Se facessimo fuoco In questa stanza, ci pioverebbe sopra? – No, è perché le nubi scendono sul mare e prendono l’acqua. – Come? – Vanno sull’acqua, e l’acqua entra nelle nubi. – Sanno che vanno a cercare l’acqua? – Sí».
CEN (8;6): Le nubi sono «di vapore», cioè «è aria che ha dell’acqua». «Da dove viene il vapore delle nubi? – Quando si fa bollire la minestra. – Questo fa le nubi? – Il vapore esce e prende con sé acqua. – C’è aria, nelle nubi? – C’è aria e sopra c’è acqua».
Si vede come le migliori lezioni possano esser deformate da una mentalità artificialistica e, soprattutto, che meravigliosa organizzazione il fanciullo attribuisca alla natura, se il fumo delle case si incarica esso stesso di andare a cercar l’acqua sui mari, oppure l’aria delle pentole «prende con sé acqua».
Questo secondo stadio si estende in media dai 7-8 anni ai 9½-10 anni, e costituisce una transizione perfetta fra primo e terzo stadio, in quanto mantiene una parte dell’artificialismo del primo pur individuando già i processi naturali su cui insisterà il fanciullo del terzo stadio. In quest’ultimo troviamo, accanto a numerose spiegazioni imparate (la pioggia è vapore acqueo condensato), un gran numero di risposte originali, le uniche che qui citeremo, suddivise in diversi tipi corrispondenti ai tipi di risposte già trovati a proposito dell’origine delle nubi (terzo stadio). Quando la nuvola è considerata il fumo dei lampi (Ben, Fau, Lef ecc.), l’acqua risulta semplicemente dal fatto che la nube «si liquefa»: spiegazione analoga a quella del secondo stadio, salvo che il fumo ha ormai un’origine interamente naturale. È perciò inutile insistervi. Quando la nuvola è concepita come aria, la pioggia risulta da una trasformazione dell’aria in acqua:
TRON (8½): «Di che cosa son fatte le nubi? – Di pioggia. – Da dove viene questa pioggia? – È aria che si trasforma in acqua». E, dopo un Istante: «E le nubi, di che cosa sono fatte? – Di aria».
ANT (8 anni): «Da dove viene la pioggia? – Dalle nubi. – Come? – Perché le nubi hanno acqua. – Perché? – È il vento che si trasforma in acqua». Ant crede che il vento sia uscito dalle nubi, che sono aria compressa.
CHEV (8;2) considera le nubi, come abbiamo visto (§ 3), aria «che si riunisce». «In che modo le nubi fanno piovere? – Perché sono bagnate. Sono piene d’acqua. – E questa da dove viene? – Perché c’è nebbia. Quando ce n’è molta, forma acqua. Sentiamo come delle goccioline quando ce n’è intorno». Quanto alla nebbia, è anch’essa aria: «Tutta l’aria viene, poi forma la nebbia». E dunque anche qui l’aria che si cambia in acqua.
Altri fanciulli, infine, sembrano concepire spontaneamente le nubi come «calore», «umidità», «traspirazione», e allora la pioggia si spiega da sola:
SCHI (7; 4) dice che le nubi derivano dalla nebbia. «Di che cos’è fatta la nebbia? – Di acqua. – Come quella che esce dal rubinetto? – No, è un’acqua come quando si suda. E come acqua. – Da dove viene quest’acqua? – Credo che venga quando si ha caldo. Allora, dev’essere il calore che fa venire le nubi… – Come mai? Viene dal calore di che cosa? – Viene dal sole. – Da dove viene, l’acqua riscaldata dal sole? – Dal sole stesso. – Di che cos’è fatto il sole? – Di fuoco, credo. Quando fa troppo caldo, è come quando si ha troppo oaldo alle mani, il sole suda, poi si formano le nubi che lo coprono,»
BAR (9;5): La pioggia viene «dalle nubi. – Che cosa sono le nubi? – Una specie di acqua. – Sono fatte di acqua? – Di calore. – In che modo il calore produce l’acqua? – Fa sudare. – Che cosa? – Le nubi. A volta anche noi. È il sole che fa sudar le nubi per far pioggia. – Come si formano le nubi? – Tante goccioline che si raccolgono, e questo forma le nubi. – Da dove vengono queste gocce? – Dal cielo. – Quest’acqua da dove viene, dal cielo? – Ci sono come delle grotte, poi l’acqua cola e scende giù».
BOUCH (11;10): La pioggia «è l’umidità. – La prima volta che piovve, da dove veniva l’umidità? – Dalla traspirazione. – La traspirazione di che cosa? – Del sole. Quando fa troppo caldo si suda». È dunque ancora il sole che suda.
Si vede come il processo di evoluzione di queste risposte ricordi quello delle spiegazioni dei temporali o della formazione delle nubi: l’aria e il fumo si cambiano in acqua o in fuoco. Il sole stesso suda (Schi) ecc.
Resta da esaminare il problema dei rapporti esistenti, per il fanciullo, tra pioggia e nubi. Come abbiamo visto attraverso lo studio dei nostri stadi, le nubi e la pioggia cominciano con l’essere indipendenti e finiscono per avere tra loro rapporti di causa a effetto, essendo la pioggia uscita dalle nubi. Ma fra questi due estremi, troviamo una zona critica che dobbiamo ora analizzare, perché il fanciullo oscilla in modo interessante fra l’idea che le nubi siano «segno» e l’idea che siano «causa» della pioggia.
Ecco alcuni esempi nei quali le nubi sono concepite come «segno» della pioggia:
GRIL (7 anni): «Ci si accorge quando sta per piovere? – A volte tuona». Ma come si è visto (§ 3), questo segno è nello stesso tempo causa, poiché il tuono è concepito come una pietra che Dio lancia per provocare la pioggia: «Egli prende delle grosse palle, le lancia, e allora piove». Ma questa causa è irrazionale, non essendo la pioggia contenuta nelle palle, ma provocata da esse.
REY (7 anni) pensa che la pioggia sia inviata da Dio grazie a un tubo, e che le nubi siano di «creta nera». Non esiste dunque alcun rapporto fra loro. Tuttavia le nubi sono segno di pioggia: «Ci si accorge quando sta per cadere la pioggia? – No, vediamo soltanto le nubi. – Perché ci sono nubi quando sta per piovere? – Perché il buon Dio è irritato». Ora, anche qui, le nubi sono in parte causa della pioggia: «Che cosa sono le nubi? – È pioggia che sta per venire». Quest’ultima espressione non significa affatto che Rey identifichi le nubi con l’acqua. Rey sostiene fino alla fine che è «creta nera». L’espressione contiene soltanto l’idea che l’avvento della nube provochi la pioggia.
RAM (9 anni) pensa che la pioggia salga in cielo attraverso rubinetti. D’altra parte, le nubi sono fumo dei tetti. Non vi sono dunque rapporti fra i due fenomeni. Tuttavia, Ram precisa che la pioggia non sale in cielo, se non quando vi sono nubi: «Quando sale? – Quando le nubi si coprono. – Allora sono le nubi che la fanno venire? – Sí. – In che modo? – Perchè sono nere». Ma Ram insiste che le nubi sono fatte di fumo e non contengono punto acqua. Il segno è dunque, ancora una volta, sentito come causa, senza che il fanciullo precisi il «come» del meccanismo.
ZWA (9;1), come si è visto (§ 3), spiega la formazione delle nubi con le bolle d’aria che escono dall’acqua. D’altra parte, crede che la pioggia esca direttamente dal cielo. Non ci sono dunque rapporti diretti, per lui, fra pioggia e nubi. «A che cosa servono le nubi? – Per annunciare che vuol venire pioggia. – Sono loro che fanno venire la pioggia, o essa viene dal cielo? – Viene dal cielo. – Le nubi fanno la pioggia? – No. – Perché occorrono le nubi per annunciare la pioggia? – Perché se non ce ne fossero, non pioverebbe». In queste ultime parole è contenuta l’affermazione di un legame causale. Ciò nonostante, Zwa continua a sostenere, fino alla fine dell’interrogatorio, che la pioggia non esce affatto dalle nubi.
Ecco infine il caso piú puro che sia stato possibile trovare sulla differenziazione tra «segno» e «causa». Ma, come vedremo, il fanciullo concepisce ancora parzialmente la nube come «causa» e nello stesso tempo come «segno».
BOUCH (11;10) concepisce la pioggia come «traspirazione» del sole. Quanto alle nubi, esse hanno un’origine naturale, che però egli si rifiuta diprecisare. «Che cosa sono le nubi? Di che cosa son fatte? – Annunciano la pioggia. Non fanno bel tempo. – Perché? – Quando da lontano si vedono le nubi, si capisce che farà brutto. – Se non ci fossero le nubi, potrebbe piovere lo stesso? – Sí… [no], si sa che quando ci sono le nubi, è segno di cattivo tempo, e subito dopo fa brutto. – Perché? – Dopo, subito dopo, quando ci son le nubi, cade la pioggia. – Sono le nubi che fanno piovere? – Fanno venire il cattivo tempo, e questo fa piovere. – Allora sono le nubi che fanno piovere? – No, questo non fa piovere. – Perché quando ci sono le nubi piove? – Quando vengono le nubi fa notte, fa buio. – Allora, perché cade, la pioggia? – No, a volte, non è perché ci sono le nubi che piove. – Perché le nubi annunciano la pioggia? – Perché sempre, quando vengono le nubi, piove. – Perché? – Le nubi annunciano il cattivo tempo. – Perché? – …»
Dalle contraddizioni di Bouch, appare come questo fanciullo oscilli fra l’idea che le nubi siano segno e l’idea che siano causa della pioggia. E tuttavia, per Bouch la pioggia non esce dalle nubi!
Questi fatti sono molto istruttivi. Fra lo stadio nel quale il fanciullo non vede alcun rapporto fra pioggia e nubi e lo stadio nel quale la pioggia esce dalle nubi, esiste dunque, in molti fanciulli, un periodo di transizione durante il quale la nube «annuncia» la pioggia. Ora, quando la nube è concepita come segno, è anche concepita come causa. Di che causalità si tratta? Non di una causalità razionale, nel senso che le nubi non contengono la pioggia né la provocano per un processo meccanico. La nube è, piuttosto, causa in quanto aspetto necessario dell’avvenimento. Come ha notato Meyerson a proposito di alcune spiegazioni dei primitivi: «La causa diventa un aspetto, un lato dell’avvenimento».114 Questa formula si applica molto bene alle relazioni che i nostri fanciulli stabiliscono fra la pioggia e le nubi.
La nozione di un segno concepito come parte necessaria dell’avvenimento è del resto molto importante per noi, poiché costituisce una delle forme di transizione possibili fra causalità artificialistica (e, in particolare, le «partecipazioni» che sono alla base dell’artificialismo) e causalità per identificazione di sostanze. In effetti, al punto di partenza delle spiegazioni relative alle nubi e alla pioggia, si trovano alcuni sentimenti di partecipazione: le nubi camminano quando noi camminiamo, ci obbediscono, vengono per far notte e farci dormire ecc.; la pioggia viene per bagnare le piante, pulire le case (cfr. Pau) ecc. All’altro estremo della serie delle stesse spiegazioni, troviamo una causalità razionale: l’aria si condensa in nubi, le nubi si fondono in acqua ecc. Come spiegare il passaggio fra questi due tipi di spiegazione? Da una parte, i sentimenti di partecipazione fra le nubi, la pioggia e noi, dànno luogo a raggruppamenti diversi ulteriormente rafforzati dai miti artificialistici che il fanciullo inventa: cosí, la nube serve ad avvertire che Dio fa piovere ecc. In tal modo si costituisce uno schema, nel quale la pioggia, la nube e noi formano un tutto indissociabile, ed è questo schema che dà vita ai miti artificialistici che i fanciulli inventano in risposta alle nostre domande. Poi, quando la credenza artificialistica sta per sparire e l’elemento umano viene ad esser dissociato dalle cose, resta il senso di un legame fra le cose stesse: la pioggia e le nubi sono necessarie le une alle altre ecc. Questa nuova partecipazione (ma partecipazione, per cosí dire, semi-razionale) dà origine alle identificazioni di sostanze che abbiamo constatato durante il secondo e il terzo stadio. Una volta di piú, si tratta dunque di una partecipazione dinamica che dà origine a un’identificazione sostanziale.
6.La spiegazione della neve, del ghiaccio e del freddo |
Potremo esser brevissimi per quanto riguarda l’origine della neve e del ghiaccio. Ma è utile segnalare queste spiegazioni, perché presentano un certo interesse a causa dei rapporti stabiliti dal fanciullo fra gelo e freddo. Possiamo classificare in tre stadi le spiegazioni dell’origine della neve e del ghiaccio. Durante il primo (fin verso i 7 anni), abbiamo artificialismo.
BOIS (5½): «Come si forma la neve? – La fanno dei signori. – Come? – La fanno alta alta. – Che cosa vuoi dire? – La costruiscono. – Come avviene che cade? – Fanno dei piccoli buchi. – Dove? – In cielo». Quanto al ghiaccio: «È neve ghiacciata», cioè divenuta «dura».
STEI (5½): La neve viene «dal cielo. – In che modo? – Con piccoli fiocchi blu. – Chi la fa? – Il buon Dio. – Perché la neve è fredda? – Perché ha del ghiaccio. – Da dove viene il ghiaccio? – Viene dalla neve che è rimasta quando faceva molto freddo».
Dopo i 7 anni circa, abbiamo una spiegazione naturale. Ma troviamo due tipi di risposte, che senza dubbio caratterizzano ognuno uno stadio. Durante il secondo stadio (dai 7 ai 9 anni circa), la neve ha un’origine indipendente dall’acqua:
GUT (8;9) crede, ad esempio, che la pioggia venga dal vapore. Ma la neve viene «dai fiocchi. – Da dove viene? – Dal cielo. – Da dove, dal cielo? – Dall’aria». Anche per BUL (11 anni), la neve è aria ecc.
TAU (6 anni): La neve viene «dal cielo, poi è il cielo che si è messo in fiocchi». Per Tau, la neve produce acqua e ghiaccio comprimendosi, ma l’acqua sciogliendosi non produce né neve né ghiaccio. Per RAT (8 anni) è un miscuglio di acqua e sabbia.
Durante il terzo stadio, infine (in media al disopra dei 9 anni), neve e ghiaccio sono acqua gelata:
GEN (7 anni): «E la neve da dove viene? – Dall’acqua. È dell’acqua sporca. – In che modo l’acqua è diventata neve? – A causa del freddo».
CHAL (9 anni): a Che cos’è la neve? – È pioggia. – Come? – Scende dopo di essersi gelata in alto». a Che cos’è il ghiaccio? – È acqua che è gelata».
Da notare che, pure nel terzo stadio, il ghiaccio non è sempre considerato come acqua gelata, ma anche come neve compressa, e poco importa che la neve sia, a sua volta, acqua gelata o una sostanza indipendente dall’acqua. È interessante notare questo fatto: anzitutto, perché esso mostra che l’identificazione dei corpi non è, nel fanciullo, piú rapida quando sembra imposta dall’esperienza (come per il ghiaccio e l’acqua) di quanto lo sia quando è una conquista dello spirito (come per l’aria che si cambia in nubi, in pioggia, in astri, in fuoco ecc.); e, in secondo luogo, perché esso costituisce un nuovo tentativo di spiegazione mediante condensazione, analogo a quelli che abbiamo già notato e che consistevano nel ricondurre le nubi e gli astri ad aria condensata ecc. È vero che, nel caso del ghiaccio, ogni fanciullo ha fatto l’esperienza che una palla di neve ben compressa diventa dura e trasparente. Non è tuttavia meno interessante che ogni tipo di ghiaccio sia spiegato mediante un processo di condensazione della neve:
GUT (8;9), che abbiamo visto ricondurre la neve ad aria, cosí risponde: «Che cosa è il ghiaccio? – È neve che si fa a pezzettini. – Perché? – Poi diventa dura. – Perché? – Perché viene dal ghiaccio. – Come accade ciò? – È la neve. Si forma in pezzettini».
BUL (11; 8) dice che il ghiaccio, come la neve, è «di aria». Il ghiaccio «è formato di neve. – Che cosa bisogna fare per avere del ghiaccio? – Bisogna aspettare che nevichi. – Hai visto una fontana gelata? – Sí. – L’acqua può gelare? – L’acqua e la neve. – Con l’acqua sola si può fare il ghiaccio? – No. – Perché? – Perché non si adopera la neve». Il ghiaccio è neve «pressata».
HEND (9; 8) comincia col dire che il ghiaccio è neve gelata. «Occorre sempre la neve per avere del ghiaccio? – Sí, perché questa diventa dura, poi ghiacciata. – Se metto un bicchiere d’acqua fuori [in inverno], avrò del ghiaccio o no? – Non cosí subito. In basso ci sarà acqua, e sopra uno strato di ghiaccio. – Ci sarà neve nel bicchiere prima di ghiaccio? – … È la neve che fa il ghiaccio».
È dunque chiaro che l’identificazione dell’acqua, della neve e del ghiaccio è progressiva:
BUL (11; 8) dice che «quando il ghiaccio fonde, non è altro che acqua», ma rifiuta ancora di ammettere che neve e ghiaccio siano acqua: «È acqua? – C’è anche dell’acqua. – E che cosa? – Non è solo acqua».
Come, dunque, avverrà l’identificazione di questi corpi? Come nel caso delle nubi e della pioggia, vedremo una partecipazione dinamica precedere l’identificazione sostanziale, prima che il fanciullo abbia capito l’azione del freddo sul gelo dell’acqua? Ce lo dirà lo studio dei rapporti del freddo e del gelo. Riprendiamo, da questo punto di vista, tutti i fanciulli esaminati fin qui.
Il fanciullo giunge molto presto a domandarsi se è il freddo che produce il gelo dell’acqua, o se sono la neve e il ghiaccio che producono il freddo. Ora, risulta che le spiegazioni dei fanciulli passano attraverso due fasi principali. Durante la prima, abbiamo partecipazione insieme sostanziale e dinamica fra neve e freddo: l’uno attira l’altra, o l’uno produce l’altra; il freddo è, d’altra parte, una sostanza assimilata all’aria. Durante la seconda fase, è il freddo che produce il gelo, e il freddo cessa d’esser considerato una sostanza, per essere ricondotto all’assenza di calore e al fatto che il sole è nascosto.
La prima fase è permeata di confusioni tra segno e causa e di partecipazioni artificialistiche, che dimostrano come l’identificazione sostanziale sia nata dalla partecipazione dinamica:
ROC (6 anni): «Perché d’inverno fa freddo? – Perché abbiamo la neve. – Chi fa il freddo? – La neve. – Se non ci fosse la neve, ci sarebbe il freddo? – No. – È la neve che fa il freddo o è il freddo che fa la neve? – Il freddo fa la neve. – E da dove viene il freddo? – Dalla neve».
LU (5½): «Perché in inverno fa freddo? – Perché cade la neve. – Se non ci fosse la neve farebbe freddo? – No. – Perché cade la neve, d’inverno? – Perché fa freddo. – Perché fa freddo, d’inverno? – Perché il buon Dio fa freddo. – Con che cosa? – Con la mano. – In che modo? – Spinge il freddo. – Da dove viene il freddo? – Dalla strada. – Che cos’è il freddo? – Tramontana».
GEN (7 anni): «Da dove viene il freddo, d’inverno? – Dalla neve. – E la neve, da dove viene? – Dall’acqua. È acqua sporca. – In che modo l’acqua è diventata neve? – Per il freddo. – Che cosa produce il freddo? – Il vento».
PAT (9 anni): «Che cos’è il freddo? – Il freddo è quando vuol cader la neve. – Da dove viene il freddo? – Dalla tramontana. – Perché fa freddo d’inverno e non d’estate? – Perché è la neve che è il freddo».
HEND (9;8): «Da dove viene il freddo? – Dalla tramontana. – Perché fa freddo, d’inverno? – Perché c’è vento. – E i giorni in cui non c’è vento? – Perché le nubi si sciolgono e formano la neve, e cosí fa freddo».
Dunque, per questi fanciulli, il freddo produce la neve e la neve produce il freddo. Ma che cosa significa, questa produzione? È in origine, un determinare semi-morale, semi-fisico: la neve attira il freddo e il freddo attira la neve, o tutte e due si prestano scambievole aiuto. Cosí, per Pat, «il freddo è quando vuol cader la neve».
Inversamente, per Pur, la neve «è per mostrare ch’è inverno».
PUR (8;8): «Perché nevica, d’inverno? – Per mostrare che è inverno. – Perché non c’è neve, d’estate? – Perché d’estate c’è la frutta. Se cade, la neve guasta la frutta. – Perché non nevica piú alla fine dell’inverno? – Per annunciare che è la fine dell’inverno».
Questa opinione non è unica. È cosí che la maggior parte dei fanciulli rispondono alla domanda del «perché» della neve, domanda che si pongono essi stessi. In queste condizioni, le risposte precedenti si chiariscono: la neve è segno del freddo, il freddo è segno della neve, e tutte e due si attirano a vicenda. È, perlomeno, il caso del fanciullo che considera la neve come fabbricata dagli uomini o da Dio. Da questo dinamismo nasce, in seguito, il sostanzialismo. Il freddo è identificato a un corpo, ad aria, e questo corpo è, da una parte, considerato come emanante dalla neve e, dall’altra, entra nella neve a titolo di elemento. Questa seconda attitudine caratterizza il secondo degli stadi che abbiamo distinto.
In realtà, l’identificazione del freddo con aria è, a una certa età, generale. Ne vedremo numerosi casi studiando le idee del fanciullo sull’aria.115 Quando si chiede a un fanciullo che cosa sia l’aria, egli spesso risponde «è del freddo» (come se il freddo fosse una sostanza); e quando gli si chiede «da dove viene il vento», accade molto spesso che la risposta sia «viene dal freddo». D’altra parte, gran numero di fanciulli pensano che la neve e il ghiaccio siano dei composti dell’aria (vedi piú sopra i casi di Gut e di Bul: Bul pensa che il freddo venga contemporaneamente dalla neve e dal freddo: «È la neve che porta il freddo. E anche il vento. – Da dove viene il freddo? – Dal freddo. – Che cos’è? – Aria».)
Le risposte di questa prima fase mostrano come la partecipazione dapprima dinamica della neve e del freddo dia origine a poco a poco a un’identificazione sostanziale, poiché la neve e il freddo sono finalmente concepiti come due corpi nati l’uno dall’altra.
Durante la seconda fase, invece, il fanciullo scopre che il gelo è dovuto al freddo, e non viceversa. Quanto al freddo dell’inverno, continua ad essere interpretato come dovuto alla tramontana; poi, il fanciullo invoca sempre piú l’assenza del sole ecc.:
CEIN (10 anni): «Da dove viene il ghiaccio? – È il vento che gela l’acqua. – Perché fa freddo, d’inverno? – Perché viene il vento… Perché il vento soffia».
VAUD (13 anni): «Da dove viene, d’inverno, il freddo? – Perché c’è la tramontana. – Anche d’estate c’è la tramontana… – È l’aria che è fredda. – Perché, d’inverno, l’aria è fredda? – Perché non c’è sole».
SCHAU (10;8): «Perché la pioggia cade in neve? – Perché fa freddo. – Da dove viene il freddo? – Perché non c’è sole. – Non c’è sole, d’inverno? – No. – Dov’è? – Dietro le nubi».
Concludendo, lo studio della neve e del freddo conferma ciò che abbiamo visto a proposito delle nubi e della pioggia: la spiegazione mediante identificazione delle sostanze non è primitiva, nel fanciullo, ma derivata. Nei primi anni, il fanciullo si trova in presenza di diversi corpi, che considera formati di tre sostanze distinte; la neve (e il ghiaccio), l’acqua, il freddo (e l’aria). Ognuno di questi corpi gli sembra fabbricato a parte: la pioggia è mandata da Dio, la neve è fatta con «fiocchi blu», il freddo è aria mandata da Dio o dagli uomini ecc. Quando il fanciullo rinuncia al suo artificialismo, presuppone, sotto queste partecipazioni dinamiche, l’esistenza di partecipazioni sostanziali, e cerca di spiegare i corpi gli uni con gli altri: la neve nasce dal freddo e dall’aria, il freddo è generato dalla neve ecc. Infine, i progressi dell’osservazione gli mostrano quale sia l’ordine reale: è il freddo che causa il gelo, non la neve che produce il freddo. Artificialismo e partecipazioni dinamiche, poi identificazione sostanziale, infine riordinamento delle serie causali, tali sembrano, dunque, i tre momenti della spiegazione per identificazione.
7.I fiumi, i laghi e il mare. L’origine prima delle acque |
Se il fanciullo ha veramente una tendenza all’artificialismo, questa tendenza deve darsi libero corso nella spiegazione dei fiumi e dei laghi. È proprio quanto lo studio delle domande dei fanciulli sembra dimostrare: numerose domande che abbiamo citato al principio di questo capitolo presuppongono nettamente l’artificialismo. Domandare, ad esempio, «perché il lago (di Ginevra) non va fino a Berna», significa supporre che il fatto abbia una ragione morale, e per conseguenza che il lago sia stato voluto e costruito.
Interrogando i fanciulli, otteniamo risposte che possiamo classificare in tre stadi. Durante il primo di questi, tutto è fabbricato: il letto dei fiumi e dei laghi e la stessa acqua. Durante il secondo, il letto è scavato dagli uomini ma l’acqua ha un’origine naturale. Durante il terzo stadio, tutto è naturale.
Ecco alcuni esempi del primo stadio. Fra questi si possono distinguere alcuni fanciulli, probabilmente i piú primitivi, che precisano le origini dell’acqua e le considerano come fisiologiche; altri che concepiscono l’acqua come fabbricata senza idea fisiologica cosciente (o confessata); altri, infine, che non precisano nulla. Uno dei casi piú primitivi è probabilmente questo:
ROY (6 anni): «Com’è cominciato il lago? – C’era già una buca, poi sono stati messi degli argini. – Com’è cominciata, questa buca? – Esisteva già. L’avevano fatta gli uomini. – Che cos’è un fiume? – È una buca, e poi c’è dentro dell’acqua. – Com’è cominciata questa buca? – L’hanno fatta gli uomini. – Da dove viene, l’acqua? – È perché quando fa caldo, questo fa acqua. – Cosa vuol dire? – È il calore. – Ma come? – Perché sudiamo e poi siamo bagnati. – Da dove viene l’acqua dei fiumi? – Da un piccolo tunnel. – Da dove viene l’acqua del tunnel? – Da un canale. – E l’acqua del canale? – Degli uomini hanno preso l’acqua da una fontana e l’hanno messa in tubi. – Ma com’è cominciata l’acqua, sulla terra? C’è sempre stata acqua? – No. – Da dove veniva, per la prima volta, l’acqua? – È quando ci sono degli uomini che hanno sputato molto». A questo punto, Roy dice, sulla pioggia, ciò che si è visto al § 5.
L’interesse di questo caso risiede nell’origine fisiologica che il fanciullo attribuisce all’acqua: sono uomini che hanno sputato. Essendo noti gli interessi dei piccoli, è probabile che questa formula non sia che un modo garbato di dire cose ancor piú prosaiche. Può sembrar di cattivo gusto supporre che i fanciulli pensino alla minzione a proposito dell’origine dei fiumi. Abbiamo tuttavia la certezza che pensieri simili attraversino lo spirito dei fanciulli mentre li interroghiamo:
JU (7 anni) ammette, come Roy, che i fiumi siano stati scavati dagli uomini e che l’acqua provenga dalle fontane e dai tubi. E l’acqua dei tubi com’è cominciata? – … [Ju diventa rosso rosso]. – Dimmi quel che pensi. Non importa se non è giusto. – … Dai gabinetti. – E l’acqua dei gabinetti? – … [Ju, sempre piú rosso, ha le lacrime agli occhi; allora, cambiamo argomento]».
HÉR (7 anni): «Com’è cominciata l’acqua dei fiumi? – È l’acqua quando piove… Talvolta è l’acqua dei gabinetti. Va nelle fogne… e l’acqua delle fogne va nell’Arve». Quanto al letto dei fiumi: «Si è scavato, è stata fatta una grande buca».
Ma anche qui, come già altre volte, i ricordi del sordomuto offrono una testimonianza decisiva:
D’ESTRELLA, nella lettera autobiografica indirizzata a James e destinata a completare il racconto dei suoi ricordi d’infanzia,116 dice: «Devo aggiungere quanto segue sull’origine dell’Oceano. Un giorno andai al mare con certi compagni. Loro fecero il bagno. Io entrai per la prima volta nell’Oceano senza saper nulla del sapore dell’acqua né della forza delle onde. Fui rovesciato, ad occhi e bocca aperti. Mancò poco che non annegassi. Non sapevo nuotare. Andai a fondo e istintivamente mi misi a strisciare sulla sabbia. Sputai l’acqua domandandomi perché fosse salata. Pensavo che fosse l’orina di quel Dio potente» [dell’uomo «grande e forte» nascosto dietro le colline].
Ma è evidente che la maggior parte dei fanciulli non possono fare queste ipotesi nel momento in cui sono interrogati. Essi concepiscono l’acqua come fabbricata, ma senza poter indicare il «come» della sua fabbricazione:
REV (6 anni): «Quando tuo papà era piccolo, c’era già il lago? – Non ancora». Il lago è un buco fatto da «un signore. – E l’acqua del lago da dove viene? – Dalla fontana. – E l’acqua della fontana? – Da un rubinetto e poi l’acqua, non so io, è tutt’intorno, e poi l’acqua esce dal buco e poi, sopra, ci camminano i battelli. – Chi ha fatto l’acqua del rubinetto? – Un signore. – Come? – L’acqua del rubinetto, lui l’ha coricato, e poi l’acqua scende».
GRIM (5½): Il lago è un gran buco, a Come si è formato, questo buco? – Hanno scavato. – Chi? – Degli uomini. – Perché? – Per metter l’acqua dentro. – Oppure è venuta da sola? – No. – Dove l’hanno presa? – Dalle fontane. – Da dove viene, l’acqua dei fiumi? – Dalla terra. – E l’acqua della terra? – Dalle fontane. – E l’acqua delle fontane? – Dal lago. – E l’acqua del lago? – Si prendono dei secchi e si mettono nel lago con dentro l’acqua».
RAT (8 anni): «Da dove vengono i ruscelli? – Dal lago. Talvolta dall’Arve. – Da dove viene l’Arve? – Non so. Sono stati dei signori che hanno gettato acqua in una gran buca. – E la buca? – L’hanno scavata dei signori. – E da dove viene l’acqua? – Dalle fontane. – E l’acqua delle fontane? – Non so. Penso che è qualcuno che la fa. – In che modo? – … – Con che cosa? – Non so… Con qualcosa. Con la terra, credo che si faccia».
Potremmo moltiplicare all’infinito questi esempi, ma si somigliano tutti. Questo primo stadio si estende, in media, fin verso i 7-8 anni. Classifichiamo nel secondo stadio i fanciulli che, pur insistendo che i fiumi sono stati scavati dall’uomo, affermano che l’acqua viene sia dalla pioggia, sia da una sorgente alimentata dalla pioggia. Questo secondo stadio si estende, in media, fin verso i 9-10 anni. Ecco alcuni esempi:
BAB (8;11): «Che cos’è un lago? – È una grande cosa rotonda, una fossa dove c’è dell’acqua. – Quando tuo papà era piccolo, c’era già, il lago? – Sí. – E tuo nonno? – Sí. – I primi uomini a Ginevra? – No. – È piú vecchio il lago o Ginevra? – Il lago. – In che modo è cominciato? – È stata l’acqua che cade. – Da dove? – Dal cielo. – E la gran cosa rotonda? – È stata scavata. – Da chi? – Da certi signori. – Chi sono? – Degli operai». Lo stesso per i fiumi: «Che cosa esisteva per primo, i fiumi o i ponti? – I ponti. – Sono stati fatti prima i ponti? – Si. – Perchè? – Per passare. – Perchè? – Perchè non c’era l’acqua, c’era una buca».
GEN (7 anni): «In che modo é cominciato l’Arve? – Con la pioggia. – E la buca come si è formata? – Con le macchine».
BAR (9½): «Com’è cominciato il lago? – Dalla pioggia. – E la buca? – Sono stati degli uomini a scavarla. – Come? – Con delle zappe. – Tanto tempo fa? – Tanto tempo fa. – Chi è venuto prima, Ginevra o il lago? – Ginevra». Quanto all’Arve: «Sono stati dei signori che l’hanno scafato. – Perché? – Per fare il fiume. – E da dove viene l’acqua? – Dalla pioggia. – Come? Dove cade? – In terra. – Dove? – Sulla terra. Sprofonda nella terra. – E allora? – Scivola nel fiume».
BUL (11;8): «Com’è cominciato, Il lago? – L’hanno scavato. – Chi? – Degli uomini. – Quando? – Tanto tempo fa. – Chi erano? – Uomini antichi. – Perché? – Perché si potesse andare in battello nei Cantoni [a Losanna! Possiamo, ora, comprendere la domanda fatta da Del a 6½: “Perché il lago non va fino a Berna?”]. – Perché? – Per andare in battello, per la passeggiate, per i pescatori. – Perché? – Per i pesci. – Da dove vengono i pesci? – Dio e gli uomini hanno fatto il lago e Dio vi ha messo i pesci. – È stato Dio o sono stati gli uomini, a fare il lago? – No, è Dio che ha fatto il lago. – Dove ha preso l’acqua? – Ci sono sorgenti e fiumi che comunicano col lago. – È piú antica Ginevra o il lago? – Ginevra… no, il lago».
Questi casi provano come l’artificialismo sia spontaneo nei fanciulli, poiché, anche quando scoprono o apprendono che l’acqua dei fiumi viene dalle montagne e dalle piogge, continuano a concepire il letto come artificiale. Inoltre, fra questo secondo stadio e il terzo, troviamo una serie di casi intermedi che ben dimostrano quanto l’artificialismo sia radicato, se non come credenza formulata, almeno a titolo di orientamento spirituale. Nei seguenti casi, ad esempio, troviamo sotto le spiegazioni naturali (caratteristiche del terzo stadio) un orientamento dello spirito nettamente artificialistico (e derivante dalle concezioni del secondo stadio):
CHAL (9 anni): «Come si è formato il lago? – È l’acqua che ha scavato. – Da dove viene l’acqua? – Dalla montagna. – Da dove viene, l’acqua dell’Arve? – Dai ruscelli. – E l’acqua dei ruscelli? – Dalla montagna. – E il letto dell’Arve, come si è formato? – A forza di avere dell’acqua, si è scavato. – È piú antica Ginevra o il lago? – Ginevra. – Ginevra o l’Arve? – Ginevra. – Perché il lago e l’Arve sono di fianco a Ginevra? – Sono i ruscelli che sono discesi. – Perché qui e non altrove? – Perché c’erano molti ruscelli che si erano costruiti. – Perché il lago è a fianco della città? – Perché la divide [Ginevra è infatti situata sulle due rive], – Perché la città è a fianco del lago? – Perché lui si è costruito di fianco. – Perché? – I ruscelli sono discesi verso la città. – Avrebbero potuto costruirsi piú lontano? – Si, forse sono stati gli uomini che l’hanno cominciato, e l’acqua dei fiumi vi è colata dentro». Si vede quanto l’artificialismo sia ancora, sotto sotto, presente, poiché Chal sostiene, contro ogni verosimiglianza, che la città è anteriore al lago.
PAR (9 anni): «Da dove viene il lago? – Ma è acqua. – Da dove viene l’acqua? – Dai ruscelli della montagna. – E tutto ciò da dove viene? – Dal cielo, quando piove. – Da dove viene il letto dei fiumi? – Lo si è scavato con delle zappe. Anche l’acqua, quando è scesa dalle montagne, ha fatto una buca. – E stata l’acqua o le zappe? – È stata l’acqua. – E sempre stata a quel posto, Ginevra, vero? – Eh sí! – Ginevra c’era lí prima del lago o il lago prima? – La città, perché occorre una città prima del lago, altrimenti l’acqua va dappertutto. – Conosci l’Arve? – Sí, lo conosco bene. – E esistita la città o l’Arve? – La città. È stata fatta prima la città, poi i ponti, poi è cominciato a piovere, e allora è venuta l’acqua ed è caduta nell’Arve e nel Rodano».
Quest’ultimo caso è notevole per la tenacia con cui la tendenza artificialistica si conserva anche in mezzo a spiegazioni naturali. Questi ultimi esempi sono molto piú interessanti dei casi primitivi del primo stadio, poiché l’orientamento spirituale del fanciullo vi si nota in modo piú indiretto, e quindi piú attendibile.
Ecco ora due casi del terzo stadio, durante il quale la spiegazione dei fiumi e dei laghi diventa interamente naturale. Notiamo tuttavia, nei casi piú primitivi di questo stadio (ad esempio il primo di quelli che citeremo), che la spiegazione non è subito meccanica, ma passa, dapprima, per un «artificialismo immanente»: l’acqua è dotata di un certo dinamismo finalistico, che le permette di agire per il maggior bene degli uomini.
BAR (9;5): «Da dove viene il lago? – Sono i fiumi. – Come si sono scavati? – L’acqua li ha scavati. Quando era forte, quando c’erano onde grosse, tutto ciò spingeva indietro i sassi. – Chi è piú antico, il lago o Ginevra? – Gin… Nello stesso tempo! – Perché Ginevra è sulle rive del lago? – Perché se non ci fosse stato il lago, non ci sarebbe stata nemmeno l’acqua!» Il lago è dunque spiegato con ragioni insieme meccaniche e finalistiche: il meccanismo è un mezzo al servizio dei fini.
BUR (12;7): «Da dove viene il lago? – Dalle montagne. – Come? – Quando c’è neve sulle montagne. La neve si scioglie. – Come si è scavato il lago? – È stata l’acqua. – E i fiumi? – Perché i sassi rotolano e cosí scavano. – Esisteva prima Ginevra o il lago? – Il lago. – Il Rodano, l’Arve o Ginevra? – I fiumi».
Quanto all’animismo dei fanciulli di questi diversi stadi, constatiamo una volta di piú che artificialismo e animismo, invece di ostacolarsi, si implicano a vicenda. Infatti, i dei fanciulli del primo stadio concepiscono l’acqua dei laghi e dei fiumi come cosciente e viva pur considerandola fabbricata, senza per altro precisare, in genere, il «come» di questa fabbricazione. Quanto agli stadi ulteriori, gli
dei fanciulli del secondo stadio e ½ di quelli del terzo concepiscono ancora l’acqua come viva e cosciente. Si vede come l’animismo decresca parallelamente all’artificialismo.
Resterebbero da esaminare le risposte dei fanciulli non di Ginevra, ma queste risposte sono talmente simili alle precedenti che è inutile insistervi. Abbiamo avuto occasione di parlare con alcuni fanciulli di Beaulieu-sur-Mer o del Vallese sull’origine del Mediterraneo o di laghetti di montagna. La signorina Rodrigo ha condotto un’analoga inchiesta in Spagna. Le risposte sono qualitativamente le stesse. Il mare è «un gran buco e c’è stata messa dentro dell’acqua. – Da dove viene quest’acqua? – Dai tubi e dai rubinetti» (7-8 anni) ecc. A Parigi, il problema si prospetta in modo diverso, non avendo i fanciulli l’esperienza diretta delle realtà della natura, come a Ginevra. L’artificialismo è dunque piú spinto: ma gli stadi sono qualitativamente identici; varia solo la loro durata.