NOTE

Introduzione

1

Cfr. H. Küng – D. Senghaas (a cura di), Friedenspolitik. Ethische Grundlagen internationaler Beziehungen, München 2003. Nella mia introduzione ho offerto tempestivamente una precisa analisi storica su «come si è arrivati alla guerra in Iraq», che in seguito ha più volte trovato conferma. Oltre al co-curatore Dieter Senghaas, ringrazio vivamente per la collaborazione Ernst-Otto Czempiel, Otfried Höffe, Helmut Fahrenbach, Volker Rittberger, Manfred Mols, Norbert Brieskorn, Alois Riklin, Andreas Hasenclever, Rainer Tetzlaff e Klaus M. Leisinger.

AI. Una religione discussa

1

Poiché la concezione esposta in questo volume è, come abbiamo già dichiarato nell’Introduzione, il punto finale di un lungo cammino di pensiero, maturato nel corso di decenni, gli elementi strutturali che la sorreggono devono essere qui perfettamente riconoscibili. Al lettore risulterà chiaro che si tratta di una visione generale comprovata. Nelle note si rinvia perciò di volta in volta agli scritti precedenti, che non vengono esibiti come un’autocitazione rituale, bensì come documenti di un percorso ben preciso.

2

Cfr. S. Huntington, The Clash of Civilizations?, in «Foreign Affairs» 72, n. 3 (1993), pp. 22-49.

3

H. Nicklas, voce «Feindbilder», in A. Boeckh (a cura di), Pipers Wörterbuch zur Politik, vol. V, 1984, pp. 148-150, spec. p. 148; per quanto segue cfr. anche G. Sommer e altri (a cura di), Feindbilder im Dienste der Aufrüstung. Beiträge aus Psychologie und anderen Humanwissenschaften, Marburg 1987; G. Stein – V. Windfuhr (a cura di), Ein Tag im September: 11.9.2001. 1. Hintergründe – Folgen – Perspektiven, Heidelberg 2002.

4

Cfr. G. Rotter, Allahs Plagiator. Die publizistichen Raubzüge des «Nahost-experten» Gerhard Konzelmann, Heidelberg 1992.

5

Cfr. V. Klemm – K. Hörner (a cura di), Das Schwert des «Experten». Peter Scholl-Latours verzerrtes Araber- und Islambild, Heidelberg 1993.

6

Cfr. i testi tradotti in inglese da J.W. Sweetman, Islam and the Christian Theology, vol. I, parte I, London 1945; vol. I, parte II, London 1955. Cfr. anche J. Assfalg, voce «Agapios, melchitischer Bischof von Hierapolis», in Lexikon für Theologie und Kirche.

7

Cfr. Patriarca Timothy, Apology for Christianity, a cura di A. Mingana, Woodbrooke Studies, vol. II, parte I, Cambridge 1928, pp. 1-162.

8

Cfr. la disputa, tramandata in due versioni, che è stata attribuita per molto tempo a Giovanni Damasceno: Disputatio Christiani et Saraceni, in Giovanni Damasceno – Teodoro Abū Qurra, Schriften zum Islam. Kommentierte griechisch-deutsche Textausgabe von R. Glei – A.T. Khoury, Würzburg 1995, pp. 167-183 (trad. it. Controversia tra un saraceno e un cristiano, a cura di G. Rizzi, traduzione e note di M. Migliarini, Milano 1998).

9

Cfr. Giovanni Damasceno, Über die Häresien (742/43), in Schriften zum Islam, cit., pp. 73-83.

10

Cfr. A.T. Khoury, Polémique byzantine contre l’Islam, Leiden 1972.

11

Cfr. R.W. Southern, Western Views of Islam in the Middle Ages, Cambridge/Mass. 1962, pp. 1-33.

12

Ibid., p. 37.

13

F. de Beer, Der heilige Franziskus und der Islam, in «Concilium» 17, fascicolo 11 (1981), pp. 696-705, citazione a p. 701.

14

Dopo la sua Summa contra gentiles, Tommaso d’Aquino scrisse, su richiesta di un cantore di Antiochia, il De rationibus fidei, in cui cercò di dimostrare razionalmente la Trinità, il fatto che Gesù è figlio di Dio e la morte sulla croce.

15

Raimundus Lullus, Disputatio Raymundi christiani et Hamar saraceni (= De fide catholica contra saracenos), in Selected Works of Ramon Llull, a cura di e tradotto da A. Bonner, Princeton 1985.

16

R.W. Southern, Western Views of Islam, cit., pp. 67-109. Un nuovo sguardo d’insieme, molto documentato sull’immagine di Muhammad nell’antichità, nel medioevo e in epoca moderna lo fornisce il teologo inglese C. Bennet, In Search of Muhammad, London 1998; sui recenti sviluppi cfr. cap. 4: «Non-Muslim Lives of Muhammad from the Renaissance to Today» (in particolare Henry Stubbe, il Conte di Boulanvilliers, Voltaire, Humphrey Prideaux, George Sale, Washington Irving, Charles Forster, e altri).

17

Già i titoli degli scritti di Lutero sono significativi: Vom Kriege wider die Türken (1529); Ein Heerpredigt wider den Türken (1529); Libellus de ritu et de moribus turcorum (1530); Vermahnung zum Gebet wider den Türken (1541); Verlegung des Alcoran Bruder Richardi (1542).

18

Cfr. A. Ross, Pansebeia or: A view of all Religions in the World, London 16724, in particolare pp. 162 – 179. Quello che si nasconde sotto il titolo Pansebeia lo chiarisce la traduzione: «Diverse funzioni religiose in tutto il mondo. Ovvero, la descrizione di tutte le religioni, le sette e le eresie conosciute, in Asia, in Africa, in America e in Europa dall’inizio del mondo fino a quest’epoca, parte ancora reperibili, parte non più in uso», Heidelberg 1668. L’autore, già comparso in precedenza con altre pubblicazioni (per esempio A Caveat for reading the Alcolan), tratta ampiamente dell’islam nella sezione 6.

19

Cfr. N. Daniel, Islam and the West: the Making of an Image, Edinburgh 1960, ristampa Oxford 1997 (ed. it. Gli Arabi e l’Europa nel Medio Evo, Bologna 1981).

20

Cfr. A. Reland, De Religione Mohammedica, Liber Duo, Utrecht 1705, edizione ampliata 1717. La prima parte è un compendio, redatto in arabo e in latino, della teologia musulmana, la seconda tratta delle dottrine falsamente attribuite all’islam: entrambe, naturalmente, con l’intenzione di produrre un’apologia cristiana.

21

Cfr. G. Sale, «Preliminary Discourse», in The Koran (1734), ristampa London, s.d., pp. 1-145.

22

Cfr. G.E. Lessing, Nathan der Weise, 1779, in Werke, a cura di H.G. Göpfert, vol. I, München 1982, pp. 593-735; trad. it., Nathan il saggio, introduzione di E. Bonfatti, traduzione e note a cura di A. Casalegno, Milano 20038.

23

Cfr. W. Jens – H. Küng, Dicthung und Religion. Pascal, Gryphius, Lessing, Hölderlin, Novalis, Kierkegaard, Dostojewski, Kafka, München 1985, pp. 82-101; trad. it. Poesia e religione, Genova 1989.

24

K.-J. Kuschel, «Jud, Christ und Muselmann vereinigt»? Lessings «Nathan der Weise», Düsseldorf 2004, p. 13.

25

Ibid., pp. 18 ss. Per un contesto più ampio cfr. Id., Vom Streit zum Wettstreit der Religionen. Lessing und die Herausforderung des Islam, Düsseldorf 1998.

26

Cfr. J.W Goethe, West-östlicher Divan, 1819, in Sämtliche Werke, a cura di E. Beutler, vol. III, Zürich 1999, pp. 285-412 (trad. it. Il divano occidentale orientale, a cura di L. Koch – I. Porena – F. Borio, Milano 20012), e anche Noten und Abhandlungen. Zu besserem Verständnis des West-dstlichen Divans, ibid, pp. 413-566.

27

Cfr. T. Carlyle, The Hero as Prophet. Mahomet: Islam (1840), in Id., On Heroes, Hero-Worship, and the Heroic in History, Berkeley 1993, pp. 37-66.

28

Cfr. W.M. Watt – A.T. Welch, Der Islam, vol. I: Mohammed und die Frühzeit, Islamisches Recht – religiöses Leben, Stuttgart 1980, pp. 28-38.

29

Cfr. J. Waardenburg, L’Islam dans le mirroir de l’occident. Comment quelques orientalistes occidentaux se sont penchés sur l’Islam et se sont formé une image de cette religion (I. Goldziher, C. Snouck Hurgronje, C.H. Becker, D.B. Macdonald, L. Massignon), Den Haag 1962.

30

Cfr. E.W. Said, Orientalism, London 1978 (trad. it. Orientalismo. L’immagine europea dell’Oriente, Milano 2001). Cfr. K.U. Syndram, Der erfundene Orient in der europäischen Literatur vom 18. Jahrhundert bis zum Beginn des 20. Jahrhunderts, in Europa und der Orient 800-1900, a cura di G. Sievernich – H. Budde, Gütersloh 1989, pp. 324-341.

31

Sul background biografico dell’autore cfr. E.W. Said, Out of Place, A Memoir, New York 1999 (trad. it. Sempre nel posto sbagliato. Autobiografia, Milano 2000).

32

Cfr. M. Rodinson, La fascination de l’Islam, Paris 1980 (trad. it. Il fascino dell’islam, Bari 1988).

33

Cfr. B. Johansen, Politics and Scholarship. The development of Islamic Studies in the Federal Republic of Germany, in Middle East Studies. International Perspectives on the State of the Art, a cura di T.Y. Ismael, New York 1990, pp. 71-130.

34

S. Widmer, Ein Kritiker und Gentlmen. Zum Tod von E. Said, in «Neue Zürcher Zeitung», 27-28 settembre 2003.

35

G. Stein – V. Windfuhr (a cura di), Ein Tag im September: 11.9.2001, cit., pp. 179-187, citazione a p. 187.

36

Cfr. la visione d’insieme sulle diverse prese di posizione di E. Rudolph, Westliche Islamwissenschaft im Spiegel muslimischer Kritik. Grundzüge und aktuelle Merkmale einer innerislamischen Diskussion, Bonn 1991, pp. 60-66.

37

Cfr. il volume collettivo di V. Klemm – K. Hörner (a cura di), Ein Tag im September: 11.9.2001, cit. In Germania, il primo islamista che osò controbattere apertamente il popolare esperto televisivo fu il professore di Tubingen Heinz Halm, con Die Panikmacher. Wie im Westen der Islam zun neuen Feindbild aufgebaut wird, nella «Süddeutsche Zeitung» del 16-17 febbraio 1991. Nel sopracitato volume collettivo A. Hottinger, corrispondente da molti anni della «Neue Zürcher Zeitung» e ricco di conoscenze sul Vicino Oriente, scrive rispetto alla problematica «Il giornalista come storico» (ibid, pp. 180-199): «Gli specialisti scrivevano per gli specialisti. È sorta una lingua specialistica che ci teneva a non essere troppo comprensibile. I testi specialistici erano stampati dalle case editrici specialistiche e quando la stampa divenne sempre più cara, il mondo specialistico pubblicò con l’aiuto di sovvenzioni pubbliche e private. Ma queste si ottenevano solo in base al parere di altri compagni specialisti. E già per questo fu consigliato di non allontanarsi dalla lingua specialistica. Occuparsi di «volgarizzazione" non era adeguato al proprio rango per un professore e la maggior parte di essi pare non aver notato che essi in questo modo lasciavano «l’ambito orientale" ai demagoghi dell’informazione perché ne facessero il loro ritrovo preferito. [...] Mentre in Inghilterra e in Francia gli specialisti considerano uno dei loro compiti più degni quello di pubblicare libri che possano essere letti con interesse da contemporanei istruiti, questo è invece molto raro nel mondo specialistico di lingua tedesca, in particolare nel caso di discipline «esotiche" come l’orientalistica» (citazione pp. 191 ss.). Nello stesso volume si trovano argomentazioni istruttive di K. Hörner sull’immagine del nemico e di A.K. Reulecke sul romanzo di B. Mahmoodys Mai senza mia figlia.

38

M.A. Rassoul, Was ist Islam?, Köln 19842, pp. 7 s.

39

Kleiner Islamischer Katechismus, a cura di Mehmet Soymen, Mufti di Isparta («Veroffentlichungen der Behörde für religiöse Angelegenheiten», n. 79), Ankara 1975. Un’immagine che esalta apertamente il Corano è offerta dal pakistano I.S. Hussain, The Qur’an and Modernism. Beyond Science and Philosophy, Lahore 2000, pp. 1 s.: l’introduzione sta sotto il significativo titolo: «The Qur’an: An Immaculate Conception».

40

Cfr. I. Goldziher, Tagebuch, a cura di A. Scheiber, Leiden 1978, pp. 55-74.

41

Ibid., pp. 57, 59, 71.

42

R. Garaudy, Promesses de l’Islam, Paris 1981; cfr. Id., L’Islam habite notre avenir, Paris 1981 (con vastissimo materiale illustrativo). Già da prima Garaudy si era impegnato Pour un dialogue des civilisations, Paris 1977 (trad. it. Per un dialogo delle civiltà, Assisi 1977).

43

M.W Hofmann, Der Islam als Alternative, München 1992, pp. 7 s. Cfr. Id., Die Religion im 3. Jahrtausend. Eine Religion im Aufbruch, München 2000; Id., Der Islam, München 2001.

44

Cfr. W.C. Smith, On Understanding Islam, Den Haag 1981.

45

La parola «Gestalt» (dai verbi «stellen», «gestalten»), ripresa anche in inglese e in altre lingue, è stata perlopiù utilizzata per tradurre il latino «forma», la forma evidente nello spazio. In senso più ampio, «Gestalt» è una creazione (melodia, nazione...), che non è composta da elementi intesi singolarmente, bensì si presenta come un’unica esperienza.

46

«Nature» e «un-nature»: così venne tradotta in inglese la forma negativa di «Wesen» [«essenza», N.d.T.], già utilizzata nel mio libro La chiesa (1967). «Un-nature» certamente non è soltanto «a dreadful state of affairs», come è definito spesso nel grande dizionario Duden-Oxford, ma ancora qualcosa di diverso.

47

Cfr. concilio Vaticano II, Dichiarazione conciliare sulle relazioni della chiesa con le religioni non-cristiane «Nostra aetate», Roma 1965.

48

Cfr. World Council of Churches, Guidelines on Dialogue with People of Living Faiths and Ideologies, Ginevra 1979, quarta edizione riveduta 1990; successivamente rielaborata in: Guidelines for Dialogue and Relations with People of Other Religions. Taking stock of 30 years of dialogue and revisiting the 1979 Guidelines, Ginevra 2002. Una rappresentazione e un’analisi completa del dialogo cristiano-musulmano si trovano in J. Sperber, Christians and Muslims. The Dialogue Activities of the World Council of Churches and their Theological Foundation, Berlin 2000: un breve riassunto in tedesco si trova in Id., Dialog mit dem Islam, Göttingen 1999 (trad. it. Cristianesimo e islam in dialogo, Torino 2004).

AII. Problemi dell’inizio

1

Cfr. H. Küng, Dio esiste? Risposta al problema di Dio nell’età moderna, Milano 1979 (in seguito citato in «Dio esiste?», C III, 2: «Gli inizi contestati della religione»).

2

Cfr. I.J. Gelb, A Study of Writing. The Foundations of Grammatology, Chicago 1952 (trad. it. Teoria generale e storia della scrittura. Fondamenti della grammatologia, Milano 1993); M. Cohen, La grande invention de l’écriture et son évolution, 3 voll., Paris 1958; D. Diringer, Writing, New York 1962; J. Friedrich, Geschichte der Schrift. Unter besonderer Berücksichtigung ihrer geistigen Entwicklung, Heidelberg 1966; C.H. Gordon, Forgotten Scripts, New York 19822 (trad. it. Scritture dimenticate, Roma 1969); H. Haarmann, Universalgeschichte der Schrift, Frankfurt/M 1990.

3

Sulla storia dell’Arabia preislamica cfr. I. Shahid, Pre-Islamic Arabia, in Cambridge History of Islam, vol. I, a cura di P.M. Holt – A.K.S. Lambton – B. Lewis, Cambridge 1970, pp. 3-29; Id., Byzantium and the Arabs in the Fifth Century, Washington D.C. 1990, in particolare si veda la parte II, The Arabic Sources. I.M. Lapidus, A History of Islamic Societies, Cambridge 1988, pp. 3-20 (trad. it. Storia delle società islamiche, 3 voll., Torino 2000). Sulle religioni pre-islamiche in Arabia cfr. il contributo di M. Höfner in H. Gese – M. Höfner – K. Rudolph, Die Religionen Altensyriens, Altarabiens und der Mandäer. Die Religionen der Menschheit, vol. X, parte II, Stuttgart 1970, pp. 233-402. Ulteriore letteratura sulla storia dell’islam è segnalata al cap. I, 1.

4

Cfr. T. Weiss Rosmarin, Aribi und Arabien in den babylonisch-assyrischen Quellen, tesi di dottorato, Würzburg 1931, New York 1932.

5

Cfr. H. Küng, Ebraismo, parte I, cap. A II, 5: «L’affermazione del monoteismo».

6

Is 45, 21.

7

Cfr. Gen 10, 26-29.

8

Cfr. Gen 25, 1-4.

9

Cfr. 1 Re 10, 1-13 (cfr. 9, 26-28: la località Ofir non ha potuto essere localizzata precisamente sino ad oggi); 2 Cr 9, 1-12.

10

Cfr. H.Z. Hirschberg, «Arabia», in Encyclopaedia Judaica.

11

Cfr. I. Shahid, The Martyrs of Najran. New Documents, Brüssel 1971. L’arabista e bizantinista Shahid cerca di chiarire lo sfondo storico della persecuzione dei cristiani, in particolare attraverso l’analisi di lettere scoperte di recente e la versione araba, etiope e greca del «Martyrium Arethae», che si basa sul «Libro degli Himyariti». Una recente ricerca sui retroscena, i termini e le circostanze, giunge al numero di 700-1000 martiri: R. Tardy. Najran. Chrétiens d’Arabie avant l’Islam, Beyrouth 1992, seconda parte, cap. III: «Najran dans les tourments».

12

Cfr. R. Paret, Kommentar zur Sure 85, 4-7, cit.. Diversamente I. Shahid, The Martyrs, cit., p. 193: «The majority of Qur’anic exegetes take it to be a reference to the martyrs of Najran».

13

Cfr. R. Tardy, Najran, cit., Conclusione: «La rencontre de Médine».

14

Cfr. Anche G.D. Newby, A History of the Jews of Arabia. From Ancient Times to their Eclipse under Islam, Columbia/S.C. 1988.

15

I. Goldziher, Muhammedanische Studien, 3 voll., Halle 1889-1890, vol. I, p. 12.

16

Cfr. K. Cragg, The Arab Christian. A History in the Middle East, Louisville/ Ken. 1991.

17

Ibid., cap. 2, ma anche già W.M. Watt, Muhammad at Medina, Oxford 1953, pp. 23-29.

18

Cfr. Principe El Hassan bin Talal, Das Christentum, in der arabischen Welt, Wien 2003 (trad. it. Il cristianesimo nel mondo arabo, Roma 2004).

19

Cfr. At 2, 11.

20

Cfr. Gal 1, 17. Cfr. M. Hengel – A.M. Schwemer, Paulus zmischen Damaskus und Antiochien: Die unbekannten Jahre des Apostels, Tübingen 1998, soprattutto il cap. 4; Id., Paulus und Jakobus. Kleine Schriften III, Tübingen 2002, cap. 3: «Paulus in Arabien». Hengel paragona l’«Arabia» paolina al grande impero arabo dei Nabatei, che si estendeva dalla Siria del Sud sino al Mar Morto e al Negev meridionale.

21

Cfr. J.M. Fiey, art. «Nasara», in El2.

22

K. Cragg, The Arab Christian, cit., p. 44. Questo viene confermato efficacemente da I. Shahid, Byzantium and the Arabs, cit., in particolare nella parte IV: «Synthesis and Exposition».

23

Cfr. N. Abbott, The Rise of the Nord Arabic Script and its Kur’anic Development, with a full Description of the Kur’an Manuscripts in the Oriental Institute, Chicago 1939, pp. 1-5.

24

Cfr. C. Rabin, art. «’Arabiyya» («II. The literary language. Classic Arabic»), in: EI2. Del ruolo del poeta cristiano di al-Hira e di altri esempi di un arabismo cristiano (iscrizioni) tratta N. Abbott, The Rise of the Nord Arabic Script, cit., pp. 5-14: «There are [...] evidences which point to preislamic Christian writings» (p. 13).

25

Cfr. R.A. Nicholson, A Literary History of the Arabs (1907), Cambridge 19302 pp. XXI s., 137 s. La questione viene completamente tralasciata da A.G. Chejne, The Arabic Language. Its Role in History, Minneapolis 1969.

26

Cfr. A. Jeffery, The Foreign Vocabulary of the Qur’ān, Baroda 1938, pp. 240, 242 s.

27

Cfr. sura 96,4 e sura 68 con il titolo «Calamo ».

28

Cfr. sura 1,6 e oltre.

29

Cfr. L. Gardet, art. «Allāh», in EI2.

30

I. Shahid, Pre-Islamic Arabia, cit., p. 20.

31

K. Cragg, The Arab Christian, cit., p. 16.

32

Ibid., p. 18.

33

Cfr. H. Küng – J. van Ess, Cristianesimo e religioni universali, Milano 1986, cap. A IV, 2: «Gesù come servitore di Dio».

34

Riassumo qui di seguito alcuni risultati riguardo all’Arabia e all’islam, che avevo già rielaborato in rapporto col cristianesimo (cap. C I, 7: «Il destino del giudeo-cristianesimo»; C I, 8: «Giudeo-cristianesimo e Corano»). Sulla storia del giudeo-cristianesimo rimane fondamentale H.-J. Schoeps, Theologie und Geschichte des Judenchristentums, Tübingen 1949. Per i singoli raggruppamenti giudaico-cristiani, come appaiono nelle fonti (non gnostiche) patristiche (cerintiani, ebioniti, nazarei, simmachiani, elkesaiti), offrono il materiale in maniera pressoché integrale A.F.J. Klijn – G.J. Reinink, Patristic Evidence for Jewish-Christian Sects, Leiden 1973. Di Klijn è anche il primo ampio studio sulla tradizione evangelica giudaico-cristiana (con i testi e i commenti): Jewish-Christian Gospel Tradition, Leiden 1992. Cfr. anche R.A. Pritz, Nazarene Jewish Christianity. From the End of the New Testament Period until its Disappearance in the Fourth Century, Jerusalem 1988. Ricostruisce l’evoluzione storica, in base al più recente stato della ricerca G. Strecker, voce «Judenchristentum», in TRE; cfr. Id., Zum Problem des Judenchristentums, Appendice I a W Bauer, Rechtgläubigkeit und Ketzerei im ältesten Christentum, Tübingen 19642, pp. 245-287. Dal punto di vista dell’antipaolinismo analizza i singoli documenti giudaico-cristiani S. Légasse, La polémique antipaulinienne dans le judéo-christianisme hétérodoxe, in «Bulletin de Littérature Ecclesiastique» 90 (1989), pp. 5-22, 85-100. Dal punto di vista archeologico cfr. B. Bagatti, Alle origini della chiesa, vol. I: Le comunità giudeo-cristiune, Roma 1986 (il vol. II tratta delle comunità pagano-cristiane). Per la bibliografia più datata vedi: F. Manns, Bibliographie du judéo-christianisme, Jerusalem 1979. Il materiale relativo alla giudeo-cristianità sia «conservatrice», sia «liberale», si trova, esposto in maniera didattica, in T. Carran, Forgetting the Root. The Emergence of Christianity from Judaism, New York 1986.

35

Cfr. Eusebio, Storia della Chiesa, III, 5, 3a.

36

Con riferimento alle Pseudoclementine giudaico-cristiane (Recognitiones 37, 39) e Le 21 e dopo gli storici che si sono battuti a favore della storicità, E. Meyer e M. Simon, cfr. J. Wehnert, Die Auswanderung der Jerusalemer Christen nach Pella – historisches Faktum oder theologische Konstruktion?, in «Zeitschrift für Kirchengeschichte» 102 (1991), pp. 231-255. Allo stesso modo C. Koester, The Origin and Significance of the Flight to Pella Tradition, in «The Catholic Biblical Quarterly» 51 (1989), pp. 90-106.

37

Cfr. J. Wehnert, Die Auswanderung, cit., p. 252.

38

Cfr. Eusebio, Storia della Chiesa, IV, 5, 1-4. Sulla complessa questione della parentela di Gesù cfr. R. Bauckham, Jude and the Relatives of Jesus in the Early Church, Edinburgh 1990. Sulla lettera di Giuda qui presa in considerazione, R. Heiligenthal, Zwischen Enoch und Paulus. Studien zum theologiegeschichtlischen Ort des Judasbriefes, Tübingen 1962.

39

Ho avuto indicazioni preziose dal professor James Robinson, direttore dell’Institute for Christianity and Antiquity a Claremont/California, in occasione di un suo semestre come ospite presso il nostro Istituto per la ricerca ecumenica a Tübingen.

40

In generale si riconosce che è di origine giudaico-cristiana, del I secolo, quella fonte dei detti (designata nella ricerca con la sigla «Q»; tradotta, per un caso fortunato, dall’aramaico in greco e integrata nei Vangeli di Matteo e di Luca) che e veva conservato fin dal primissimo tempo determinate parole di Gesù. Dall’ambiente giudaico-cristiano sono nati inoltre il Vangelo di Matteo (scritto forse intorno all’80 ad Antiochia), la Lettera di Giacomo e anche – proprio perché qui il confütto con «i Giudei» è ancora più aspro che in Matteo – come abbiamo visto, il Vangelo di Giovanni (intorno all’anno 100). Agli scritti neotestamentari si aggiungono tre Vangeli giudaico-cristiani non canonici (ricostruibili in base alle citazioni frammentarie dei Padri della chiesa): il Vangelo degli ebrei, il Vangelo dei nazorei c il Vangelo degli ebioniti, che dovrebbe essere affine al Vangelo di Matteo, ma, come il più antico Vangelo canonico (Marco) rinuncia a una storia dell’infanzia e concepisce la filiazione divina di Gesù alla luce della discesa dello Spirito Santo nel battesimo. Sembra che i giudeo-cristiani, a dar credito all’ipotesi dello studiono americano del Nuovo Testamento Louis Martyn, abbiano persino svolto ancora nel II secolo una missione tra i pagani, dai quali avrebbero preso l’osservanza della legge; essi potrebbero nascondersi già dietro agli oppositori di Paolo in Galazia (e a Filippi). Costoro volevano vedere manifestamente Cristo alla luce della Legge di Dio – invece che come Paolo la Legge alla luce di Cristo – e, poiché obbedivano alla Legge (circoncisione, feste, prescrizioni sulla purezza), volevano considerarsi come gli autentici figli di Abramo. Istruttivo è anche lo scritto giudaico-cristiano L’ascensione in cielo di Isaia (ca. 100-130), nel quale un gruppo di profeti, di fronte all’orizzonte apostolico, mette in bocca al profeta Isaia delle rivelazioni e, in questo modo, esprime la fedeltà a Gesù in quanto Messia.

41

Pseudeclementine, Recognitiones, 1, 33-71. Al riguardo, dopo H.Waitz, O.Cullmann, E. Schwarz e H.-J. Schoeps, soprattutto G. Strecker, Das Judentum in den Pseudoklementinen, Berlin 1958, 19812.

42

Questa interpretazione fu elaborata da R.E. van Voorst, The Ascent of James: History and Theology of a Jewish-Christian Community, Atlanta 1989, in particolare pp. 163-180.

43

Cfr. Gerolamo, Sugli uomini illustri 3; cfr. Id. Su Is 40, 9-11. Al riguardo cfr. G. Strecker, Das Judentum in den Pseudoklementinen, cit., voce «Judenchristentum», pp. 312 e 321.

44

Cfr. Ignazio, Ai Magnesi 8-10.

45

Cfr. Ireneo, Contro le eresie I, 26, 2; III, 15, 1; V, 1, 3.

46

Su ciò richiama l’attenzione C. Colpe, Das Siegel der Propheten. Historische Beziehungen zwischen Judentum, Judenchristentum, Heidentum und frühen Islam, Berlin 1990, pp. 166 s.

47

G. Strecker, voce «Judenchristentum», cit., p. 323.

48

Il docetismo (dal greco dokeīn = «sembrare») è la dottrina che attribuisce a Cristo solo un corpo apparente e che nega la sua morte individuale sulla croce.

49

Ho trovato perlomeno una conferma indiretta in F. Heyer, Die Kirche Äthiopiens, Berlin 1971, pp. 222 s.; E. Isaac, A New Text-critical Introduction to Mashafa Berhan, Leiden 1973 (da questo importante libro etiopico, l’autore deduce l’esistenza di due fazioni: la cristianità giudaizzante e quella copta-monofìsita).

50

Cfr. S. Weil, Symmetry Between Christians and Jews in India. The Cananite Christians and Cochin Jews of Kerala, in T.A. Timberg, Jews in India, New Delhi 1986, pp. 182-194. J. Kollaparambil, The Babylonian Origin of the Southists Among the St. Thomas Christians, Roma 1992.

51

Cfr. Eusebio, Storia della Chiesa, V, 10.

52

Il codice Mani (inventario n. 4780) venne pubblicato e commentato nel 1975-1981 da A. Heinrichs e L. Koenen. Esiste ora un’edizione standard curata da L. Koenen e C. Roemer: Der Kölner Mani-Codex. Abbildungen und diplomatischer Text, Bonn 1985.

53

A. Böhling, Premessa a L. Cirillo (a cura di), Codex Manichaicus Coloniensis. Atti del simposio internazionale 1984, Cosenza 1986 (qui particolarmente importanti i contributi di J. Maier, K. Rudolph, G. Strecker, L. Cirillo, A.F.J. Klijn). Sul manicheismo cfr. soprattutto K. Rudolph, Die Gnosis. Wesen und Geschichte einer spätantiken Religion, Leipzig 1977, Göttingen 19903 (trad. it. La gnosi. Natura e storia di una religione tardoantica, Brescia 2000). G. Widengren (a cura di), Der Manichäismus, Darmstadt 1977. H.-C. Puech, Sur le manichéisme et autres essais, Paris 1979 (trad. it. Sul manicheismo e altri saggi, Torino 1995). E. Rose, Die manichäische Christologie, Wiesbaden 1979. Rimango riconoscente al mio collega di Tübingen, morto nel 1996, lo studioso della gnosi Alexander Böhling, per i numerosi stimoli che mi ha dato.

54

Cfr. H. Küng — J. Van Ess, Religioni mondiali e cristianesimo, cit., cap. A IV, 2: «Gesù come servitore di Dio».

55

A. Schlatter, Geschichte der ersten Christenheit, Gütersloh 1926, pp. 367 s.

56

Cfr. A. v. Harnack, Lehrbuch der Dogmengeschichte, vol. II, Tübingen 19094 (ristampa, Darmstadt 1964), pp. 529-538.

57

Cfr. H.-J. Schoeps, Theologie (con riferimento ai lavori di C. Clemen, T. Andrae e H.H. Schaeder), cit., p. 342: «Risulta così un paradosso di portata veramente storico-mondiale il fatto che il giudeo-cristianesimo sia scomparso nella chiesa cristiana, ma si sia conservato nell’islam e, con alcuni suoi impulsi stimolanti, abbia raggiunto i giorni nostri».

58

C. Buck, Bericht vor der American Academy of Religion, in Abstracts AAR/SBL 1983.

59

G. Strecker, voce «Judenchristentum», cit., p. 323.

60

Su tale questione cfr. C. Buck, Exegetical Identification of the Sabi’un, in «Muslim World» 73 (1982), pp. 95-106. G. Quispel, The Birth of the Child. Some Gnostic and Jewish Aspects, in Jewish and Gnostic Man (= Eranos Lectures 3), Dallas 1986, pp. 3-26. Sugli elkesaiti in quanto propagandisti giudaico-cristiani — dopo A. v. Harnack e la vecchia monografia di W. Brandt (1912) — cfr. ora G.P. Luttikhuizen, The Revelation of Elchasai. Investigations into the Evidence for a Mesopotamian Jewish Christian Apocalypse of the Second Century and its Reception by Judeo-Christian Propagandists, Tübingen 1985: il libro di rivelazione apocalittica, scritto originariamente in aramaico, di un ebreo mesopotamico del II secolo, cento anni più tardi verrà usato da giudeo-cristiani siri per la propaganda religiosa nelle chiese cristiane della Palestina e di Roma.

61

Cfr. anche U. Rubin, Hanifiyya and Ka’ba: An inquiry into the Arabian pre-Islamic background of din Ibrahim, in «Jerusalem Studies in Arabic and Islam» 13 (1990), pp. 85-112.

62

Cfr. J. Wellhausen, Reste arabischen Heidentums, Berlin 19272, pp. 231-233.

63

Cfr. C. Colpe, Das Siegel der Propheten, cit., pp. 237 s.

64

Sura 33, 40.

65

Cfr. Tertulliano, Adversus Judaeos, VIII, 12 (trad. it. Polemica con i Giudei, Roma 1995). Da leggere correttamente con C. Colpe: «Signaculum omnium prophetarum» e non «prophetiarum» (profezie), come congettura E. Kroymann (in Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum, vol. LXX e in Corpus Christianorum Series Latina, vol. II/2, p. 1361, in contrasto con p. 1383: «prophetarum»).

66

Cfr. C. Colpe, Das Siegel der Propheten, cit., pp. 28-34.

67

Ibid., p. 238.

68

Ibid., pp. 169 s.

69

Cfr. S. Pines, The Jewish Christians of the Early Centuries of Christianity According to New Source, in «Proceedings of the Israel Academy of Sciences and Humanities» 2 (1968), pp. 237-309.

70

Cfr. anche C. Colpe, Das Siegel der Propheten, cit., pp. 171 s.

71

Principe El Hassan bin Talal, Das Christentum in der arabischen Welt, cit., pp. 21 s. Ho ricevuto un’efficace conferma della mia interpretazione, immediatamente prima di andare in stampa, da un contributo dell’iranista francese Francois de Blois, ElchasaiManesMuhammad. Manichäismus und Islam in religions-historischem Vergleich, in «Der Islam» 81 (2004), pp. 31-48. L’autore dimostra «che i nasara del Corano erano effettivamente nazorei, e quindi dei cosiddetti giudeo-cristiani, e che questo nome solo più tardi divenne la definizione araba generale dei cristiani». Egli conclude da ciò che: «il riconoscimento che i nasara del Corano ormai sono effettivamente dei nazorei, porta ora l’islam originario in diretto contatto con il giudeo-cristianesimo. In questo modo viene offerto per la prima volta un modello storico plausibile per quella vicinanza teologica del giudeo-cristianesimo all’islam, già constatata da molto tempo» (p. 47). Il risultato della sua esposizione: «Una corrente del protocristianesimo, che tuttavia era già decaduta da molto tempo all’interno del cristianesimo, sopravvive in questo modo, in alcuni dei suoi momenti essenziali, in una delle grandi religioni mondiali della contemporaneità» (p. 48). Per la futura ricerca, si dovrebbe consigliare a de Blois di stimare in modo più chiaro il giudeo-cristianesimo non solo come una corrente protocristiana, bensì soprattutto come il primo paradigma del cristianesimo (P I cristiano), come io l’ho sviluppato in ampi capitoli sia in Ebraismo, sia in Cristianesimo.

72

Su Abramo (risp. Ibrahim) cfr. gli articoli in: Dictionnaire des Religions (H. Cazelles, E. Cothenet, K. Hruby, G. Harpigny). Die Religion in Geschichte und Gegenwart (E. Blum, H.W Attridge, G.A. Anderson, J. Dan, T. Nagel). Encyclopedia Judaica (I.M. Ta-Shma, D. Kadosh, S.D. Goitein, J. Dan, H. Rosenau). Encyclopedia of Islam (R. Paret). Encyclopedia of the Qur’an (R. Firestone). Islam Lexikon (L. Hagemann). Jüdisches Lexikon (A. Spanier, A. Kristianpoller, A. Sandler). Lexikon für Theologie und Kirche (V. Hamp, J. Schmid). Lexikon religiöser Grundbegriffe (P. Navè Levinson, G. Evers, S. Balić). The Encyclopedia of Religion (J. van Seters). Theologische Realenzyklopädie (R. Martin-Achard, K. Berger, R.P. Schmitz, J. Hjärpe). Theologisches Wörterbuch zum Neuen Testament (J. Jeremias). Cfr. inoltre H. Donner, Geschichte des Volkes Israel und seiner Nachbarn in Grunzügen, vol. I, Göttingen 1984, pp. 72-84.

. Nel contesto del dialogo interreligioso è particolarmente d’aiuto lo studio di K.-J. Kuschel, Streit um Abraham. Was Juden, Christen und Muslime trenntund was sie eint, München 1994 (trad. it. La controversia su Abramo. Ciò che divide e ciò che unisce ebrei, cristiani e musulmani, Brescia 1996), nuova edizione Düsseldorf 2001.

Altre singole pubblicazioni importanti: Y Moubarac, Abraham dans le Coran. L’histoire d’Abraham dans le Coran et la naissance de l’Islam, Paris 1958. R. Martin-Achard, Actualité d’Abraham, Neuchâtel 1969. W. Groß, Glaubensgehorsam als Wagnis der Freiheit. Wir sind Abraham, Mainz 1980. F.E. Peters, Children of Abraham. JudaismChristianityIslam, Princeton 1982. W. Zuidema (a cura di), Isaak wird wieder geopfert. Die «Bindung Isaaks» als Symbol des Leidens Israels. Versuche einer Deutung, Neukirchen 1987. J.G. Butler, Abraham. The Father of the Jews, Clinton/lowa 1993. A. Ségal, Abraham, Enquête sur un Patriarche, Paris 1995. T. Römer (a cura di), Abraham. Nouvelle jeunesse d’un ancêtre, Géneve 1997; qui riguardo all’islam J.-C. Basset, Ibrahim à la Mecque, prophète de l’Islam, pp. 79-92. R.G. Kratz — T. Nagel (a cura di), Abraham unser Vater. Die gemeinsamen Wurzeln von Judentum, Christentum und Islam, Gottingen 2003.

73

Sul libro della Genesi, oltre alle opere classiche di H. Gunkel, J. Skinner e O. Procksch, cfr. anche gli importanti commenti di: G. von Rad (1953), R. de Vaux (1956), A. van Selms (19793), W.G. Plaut (1974), E.A. Speiser (1981), C. Westermann (1981).

74

Il carattere leggendario di molti racconti biblici è stato rilevato per la prima volta da H. Gunkel e H. Gressmann, in seguito diffusamente da A. Alt, M. Noth e molti altri biblisti tedeschi — con risultati spesso negativi dal punto di vista storico, ai quali alcuni americani, in particolare nella cerchia di W.F. Albright, hanno opposto una più attenta considerazione delle scoperte archeologiche. Opere di sintesi: W.F. Albright, The Archeology of Palestine, Harmondsworth 1949 (trad. it. L’archeologia in Palestina, Firenze 1957), Gloucester/Mass. 1971; A. Parrot, Bibel und Archäologie , 5 voll., Zürich 1955-1961; G.E. Wright, Biblical Archeology, Philadelphia 1957; J.B. Pritchard, Archeology and the Old Testament, Princeton 1958 (trad. it. Archeologia e Antico Testamento, Firenze 1964); K.M. Kenyon, Archeology in the Holy Land, London 19794 (qui una buona rassegna degli scavi di Kenyon a Gerico); V. Fritz, Einführung in die biblische Archäologie, Darmstadt 1985 (trad. it. Introduzione all’archeologia biblica, Brescia 1991).

75

Al riguardo cfr. C.W. Coats, Genesis, with an Introduction to Narrative Literature, Grand Rapids 1983; Id. (a cura di), Saga, Legend, Tale, Novella, Fable: Narrative Forms in Old Testament Literature, Sheffield 1985.

76

Cfr. H. Haag, Das Land der Bibel. Gestalt — GeschichteErforschung, Stuttgart 1989, pp. 50-63.

77

Cfr. Gen 11.

78

Sull’origine da Ur: Gen 11, 28.31; 15, 7; da Charan: Gen 11, 31; 24, 4.10; 27, 43.

79

Cfr. Gen 12, 6-9.

80

Gen 23, 4.

81

Cfr. Gen 23, 19 s.

82

Gen 14, 13.

83

Sugli «ebrei/hapiru» si veda, a conferma dell’interpretazione di G.E. Mendenhall, M. Weippert, Die Landnahme der israelitischen Stämme, Göttingen 1967, pp. 66-102. Di parere diverso è O. Loretz, ḪabiruHebräer. Eine soziolinguistische Studie über die Herkunft des Gentiliziums ‘ibrī vom Appellativum ḫabiru, Berlin 1984.

84

Sulla genealogia cfr. C. Westermann, Genesis, vol. I/1, Neukirchen 1981 (trad. it., Genesi, Casale Monferrato 1989), pp. 8-24.

85

Cfr. Gen 25, 1.6.

86

Cfr. Gen 21, 2 s.

87

Cfr. Gen 16, 15.

88

Cfr. Gen 25, 12-18. Le tribù di Ismaele qui enumerate, Nebajot e Kedar, Adbeel, Massa e Tema sono citate anche nelle iscrizioni assire come tribù arabe. Se rispetto ai «figli di Ismaele» si tratti dei veri antenati degli arabi è contestato. Cfr. a tal proposito I. Eph’al, «Ishmael» and «Arab(s)»: A Transformation of Ethnological Terms, in «Journal of Near Eastern Studies» 35 (1976), pp. 225-235; Id., The Ancient Arabs. Nomads on the Borders of the Fertile Crescent 9th-5th Centuries BC, Leiden 1982, in particolare pp. 233-240. In contrapposizione a I. Eph’al, con una dettagliata motivazione della controtesi: I. Shahid, Byzantium and the Arabs, cit., pp. 332-349. Cfr. anche H. Donner, Geschichte des Volkes Israel, cit., vol. I, p. 58, come anche E.A. Knauf, Ismael. Untersuchungen zur Geschichte Palästinas und Nordarabiens im 1. Jahrtausend vor Christus, Wiesbaden 1985: «“Ismael” era una confederazione protobeduina, che comprendeva l’intera Arabia del nord dal Nefud fino ai margini della mezzaluna fertile» (p. 113).

89

Cfr. Gen 25, 1-6.

90

Cfr. Gal 4, 22-26.

91

Cfr. K.-J. Kuschel, Streit um Abraham, cit., cap. A III, 1: «Verstoßen — und doch gesegnet».

92

Gen 16, 11.

93

Cfr. Gen 17, 23-26.

94

Cfr. Gen 16, 7-11; 21, 17-19; 22, 11-13.

95

Gen 16, 10.

96

Gen 17, 20; cfr. anche Gen 21, 13.18.

97

Cfr. Gen 21, 10-14.

98

Gen 25, 9.

99

Cfr. R. de Vaux, Histoire ancienne d’Israël, vol. I, Paris 1971, pp. 261-269, 424-431.

100

Cfr. C. Westermann, Genesis, cit., vol. I/1, pp. 319 s.: «Exkurs zur Beschneidung».

101

Cfr. Lv 12, 3.

102

Gen 15, 6.

103

Cfr. Gen 22, 1-12.

104

Cfr. H. Küng, Progetto per un’etica mondiale, cap. C III, 3: «I tre grandi sistemi religiosi oggi»; Id., Ricerca delle tracce. Le religioni universali in cammino, Brescia 2003.

105

Cfr. R. Paret, Mohammed and the Koran. Geschichte und Verkündigung des arabischen Propheten, Stuttgart 1957, 19917, p. 20.

106

Cfr. il sunto in K.-J. Kuschel, Streit um Abraham, cit., cap. A III: «Abraham und der Islam».

107

Cfr. sura 2,125; 3,97; 22, 26-31.

108

Cfr. accanto all’articolo di Paret in EI2 C. Snouck Hurgronje, Het Mekkaansche Feest, Leiden 1880. E anche J. Eisenberg — A.J. Wensinck, voce «Ibrahim» in HdI.

109

Cfr. la critica a Hurgronje, che certamente ha passato il segno, da parte dell’allievo cristiano di Massignon Y. Moubarac, Abraham dans le Coran, cit. Nell’edizione araba della EI2 la voce di Wensinck venne dotata di un dettagliato commento critico da parte musulmana.

110

Eliminate da Snouck Hurgronje come interpolazioni.

111

Così E. Beck, Die Gestalt des Abrahams am Wendepunkt der Entwicklung Muhammeds. Analyse von Sure 2,118 (124)-135 (141), in «Le Muséon. Revue d’études orientales» LXV (1952), pp. 73-94, qui pp. 93 s.

112

Cfr. sura 2,127: «Edificare le fondamenta».

113

Cfr sura 2,125 : «Purificate la mia Casa».

114

Cfr. W.M. Watt — A.T. Welch, Der Islam, vol. I: Mohammed und die FrühzeitIslamisches RechtReligiöses Leben, Stuttgart 1980, pp. 122-124 (di seguito citato come W.M. Watt, tranne che quando si tratta della parte E, che è di Welch). Furono soprattutto le opere di A. Geiger, Was hat Mohammed aus dem Judenthume aufgenommen, 1833 e di C. Snouck Hurgronje, Het Mekkaansche Feest, cit., ad avviare un vivace dibattito sull’evoluzione di Muhammad in merito al suo atteggiamento nei confronti di Abramo e di Ismaele. Al riguardo cfr. R. Paret, voce «Ibrahim», cit.; Id. Mohammed und des Koran, cit., pp. 119-122. R. Firestone, voce «Abraham», in EncQur.

115

Sura 4,125.

116

Sura 3,67.

117

Cfr sura 6,74-81; 21,55-67.

118

Cfr. sura 2,124; 37,102-106.

119

Cfr. K.-J. Kuschel, Streit um Abraham, cit., cap. A III, 2: «Kronzeuge wider die Götzen: Abraham».

120

Cfr. Gen capp. 18-19.

121

Sura 2,124.

122

Con questo legittimo interrogativo P. Antes chiude il suo ben informato articolo su Abraham im Judentum, Christenheit und Islam, in Id. e altri, Christen und Juden. Ein notwendiger Dialog, Hannover 1988, pp. 11-15, qui p. 15.

123

Di Gesù Cristo come discendente di Abramo si parla con particolare chiarezza proprio all’inizio del Nuovo Testamento in Mt 1, 1-17, ma anche in Lc 3, 23-24.

124

At 3, 13.

125

Cfr. Rom cap. 4.

126

Cfr. Gal 5, 6.

127

Cfr. Gv 8, 39.

128

Cfr. Gc 1, 22-25.

129

Cfr. H. Strack — P. Billerbeck, Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrasch, vol. III, München 1926, pp. 186-201; qui sono citati molti passi.

130

Cfr. J.J. Petuchowski — C. Thoma (a cura di), Lexikon derjüdisch-christlichen Begegnung, Freiburg 1989 (trad. it. Lessico dell’incontro cristiano-ebraico, Brescia 1992), voce «Abraham».

131

D. Fussler, Christianity, in A.A. Cohen — P. Mendes-Flohr (a cura di), Contemporary Jewish Religious Thought. Original Essays on Critical Concepts, Movements, and Beliefs, Jerusalem 1972, nuova edizione New York 1988.

132

K. Rudolph, JudenChristenMuslime. Zum Verhältnis der drei monotheistischen Religionen in religionswissenschaftlicher Sicht, in «Judaica» 44 (1988), pp. 214-232, qui p. 223.

133

H. Denzinger, Enchiridion nr. 1351 (la raccolta di documenti di H. Denzinger, Enchiridion Symbolorum, che viene pubblicata in edizioni sempre nuove, è citata in questo volume in base alla trentunesima edizione, Freiburg/Br. 1960).

134

Ibid., nr. 1295, 1379.

135

Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica «Lumen Gentium», Roma 1965, art. 16. Sulla discussione riguardo a questa costituzione del Concilio cfr. H. Küng. Erkämpfte Freiheit. Erinnerungen, München 2003, cap. IX.

136

Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica «Lumen Gentium», cit., art. 16.

BI. Il verbo di Dio è diventato libro

1

Cfr. H. Küng. Ebraismo, cap. 1B I: «Gli elementi strutturali centrali».

2

Cfr. H. Küng. Cristianesimo, cap. B II: «Gli elementi strutturali centrali».

3

Per tutto questo volume sono importanti le seguenti rappresentazioni dell’islam: L. Gardet, Connaître l’islam, Paris 1958 (trad. it. Conoscere l’islam, Catania 1961?). F. Rahman, Islam, Chicago 1966, 19792 (trad. it. La religione del Corano, Milano 20032). K. Cragg — R.M. Speight, The House of Islam, Belmont/Calif. 1975, 19883; Idd., Islam from Within. Anthology of Religion, Belmont/ Calif. 1980. S. Balić. Ruf von Minarett. Weltislam heuteRenaissance oder Rückfall? Eine Selbstdarstellung, Wien 1979. H.M. Azzam, Der Islam. Plädoyer eines Moslem, Stuttgart 1981. M. Hamidullah, Der Islam. Geschichte. Religion, Kultur, Aachen 19832. C. Bouamrane — L. Gardet, Panorama de la pensée islamique, Paris 1984. F.M. Denny, An Introduction to Islam, New York 1985. S.H. Nasr (a cura di), Islamic Spirituality. Foundations, New York 1987; Id. (a cura di), Islamic Spirituality. Manifestations, New York 1991. J.L. Esposito, Islamthe Straight Path, Oxford 1988. G. Galbiati, La diversità dell’islam, Firenze 1992. H. Halm, Der Islam. Geschichte und Gegenwart, München 2000 (trad. it. L’islam. Storia e presente, Roma-Bari 2003).

L’introduzione all’islam più completa, alla quale ricorro continuamente, è quella di W.M. Watt — A.T. Welch, Der Islam, 3 voll., Stuttgart 1980-1890.

Le grandi enciclopedie dell’islam rappresentano degli strumenti di lavoro ricchi e irrinunciabili: Encyclopaedia of Islam, The Oxford Encyclopedia of the Modern Islamic World, Encyclopaedia of the Qur’an, Handwörterbuch des Islam (cfr. l’indice delle abbreviazioni). Di aiuto ma anche più piccole, per lo più in un unico volume, le opere di consultazione: C. Glassé, Dictionnaire Encyclopédique de l’islam. Paris 1991. A.T. Khoury — L. Hagemann — P. Heine (a cura di), Islam Lexikon, Freiburg/Br. 1991. K. Kreiser — R. Wielandt (a cura di), Lexikon der islamischen Welt, Stuttgart 1992. G. Barthel — K. Stock (a cura di), Lexikon Arabische Welt, Wiesbaden 1994. G.D. Newby, A Concise Encyclopedia of Islam, Oxford 2002.

4

Gv 1, 14.

5

Citiamo qui le più importanti traduzioni occidentali del Corano: 1) Come traduzione tedesca classica del Corano (con commento e concordanze) vale quella di R. Paret, Der Koran, Stuttgart 1966, edizione economica, 3 voll., Stuttgart 19802. È di aiuto anche la traduzione, ragionata dal punto di vista teologico, di A.T. Khoury, Der Koran, Gütersloh 1987; inoltre il commento in più volumi: Der Koran. ArabischDeutsch. Übersetzung und wissenschaftlicher Kommentar (finora 12 voll.), i 1990. 2) La traduzione inglese fondamentale è quella di R. Bell, The Qur’an. Translated, with a Critical Re-arrangement of the Surahs, 2 voll., Edinburgh 1937-1939; in aggiunta l’introduzione molto apprezzata: Introduction to the Qur’an. Completely Revised and Enlarged, by W.M. Watt, Edinburgh 1970, come anche il commento di Bell: A Commentary on the Qur’an, 2 voll., a cura di C.E. Bosworth — M.E. Richardson, Manchester 1991. 3) La più importante traduzione francese è stata elaborata (con la ricostruzione storica della sequenza delle sure e il commento) da R. Blachère, Le Coran. Traduction selon un essai de reclassement des sourates, 3 voll., Paris 1947-1950 (il vol. III è apparso anche singolarmente: Introduction au Coran, Paris 19772). Una seconda traduzione francese, corredata con modestia dal sottotitolo «Essai de traduction», è dell’arabista J. Berque, Le Coran, Paris 1990; sono preziose le note e lo studio esegetico in appendice (pp. 711-793) che trattano la struttura, la lingua, il senso e la verità del Corano in modo molto ben ponderato; cfr. Id., Relire le Coran, Paris 1993. (La traduzione italiana di riferimento rimane quella — qui utilizzata — di A. Bausani, Il Corano, Firenze 1955 e successive ristampe. N.d.C.)

Altra importante letteratura sul Corano: J. Horovitz, Koranische Untersuchungen, Berlin 1926. R. Paret, Grenzen der Koranforschung, Stuttgart 1950; Id. (a cura di), Der Koran, Darmstadt 1975 (saggi e recensioni sulla letteratura riguardo al Corano tra il 1921 e il 1971). H. Birkeland, The Lord Guideth. Studies on Primitive Islam, Oslo 1956. F. Sezgin, Geschichte des arabischen Schriftums, vol. I, Leiden 1967, cap. 1: Qur’anwisseaschaften. H. Gätje, Koran und Koranexegese, Zürich 1971. E. Kohlberg, Some Notes on the Imamite Attitude to the Qur’an, in S.M. Stern, A. Hourani, V Brown (a cura di), Islamic Philosophy and the Classical Tradition, Oxford 1972, pp. 209-224. G. Lüling, Ober den UrQur’an. Ansätze zur Rekonstruktion vorislamischer christlicher Strophenlieder im Qur’an, Erlangen 1974. L. Hagemann, Der Kur’an in Verständnis und Kritik bei Nikolaus von Kues. Ein Beitrag zur Erhellung islamisch-christlicher Geschichte, Frankfurt 1976. J. Burton, The Collection of the Qur’an, London 1977. J. Wansbrough, Quranic Studies. Sources and Methods of Scriptural Interpretation, Oxford 1977; Id., The Sectarian Milieu. Content and Composition of Islamic Salvation History, Oxford 1978. W.M. Watt, Der Islam, vol. I, cap. C: Der Koran. M. Arkoun, Lectures du Coran, Paris 1982. T. Nagel, Der Kor’an. EinführungTexteErläuterungen, München 1983. A.T. Welch, voce «Al-Kur’an», in E12. M.M. Ayoub, The Qur’an and its Interpreters, 2 voll., Albany/N.Y. 1984-1992. S. Abūal-Ala Mawdudi, Towards Understanding the Qur’an, voli. I ss., Leicester 1988 ss. (finora 7 voll.). P. Schwarzenau, Korankunde für Christen, Hamburg 1990. M.M. Ayoub, V.J. Cornell, M. Mir, voce «Qur’an», in EncModlsl. Ibn Warraq (a cura di), The Origins of the Koran. Classic Essays on Islam’s Holy Book, Amherst/N.Y. 1998. H. Bobzin, Der Koran. Eine Einführung, München 1999. N. Kermani, Gott ist schön. Das ästhetische Erleben des Koran, München 1999. B. Maier, Koran-Lexikon, Stuttgart 2001. M. e U. Tworuschka, Der Koran und seine umstrittenen Aussagen, Düsseldorf 2002. Una fondamentale introduzione storico-teologica, nello spirito del Corano e da una prospettiva cristiana, è quella di K. Cragg, The Event of the Qur’an. Islam in its Scripture, London 1971; Id., The Mind of the Qur’an. Chapters in Reflection, London 1973. A. Rippin (a cura di), The Qur’an. Formative Interpretation, Aldershot 1999; Id. (a cura di), The Qur’an. Style and Contents, Aldershot 2001. Un utile resoconto della ricerca, soprattutto sulla ricerca coranica linguistico-letteraria, è stato elaborato dall’arabista A. Neuwirth, Koran, in H. Gätje (a cura di), Grundriβ der arabischen Philologie, vol. II, Wiesbaden 1987, pp. 96-135. Una completa bibliografia dei saggi si trova in J.D. Pearson, Index islamicus. A Bibliography of Articles on Islamic Subjects in Periodicals and other Collective Publications, London 1958 ss. Particolarmente prezioso per la letteratura più antica, dal 1665 sino al 1905, è il volume a cura di W.H. Behn, Millersville/Pa. 1989.

6

Sura 1,1-7.

7

M. Asad, The Message of the Qur’an, Gibraltar 1980, p.1 (cit. da A.T. Khoury, Der Koran. Arabisch-Deutsch, vol. I, pp. 128 s).

8

E. Gellner, Muslim Society, Cambridge 1981.

9

B. Tibi, Der Islam und das Problem der kulturellen Bewältigung sozialen Wandels, Frankfurt 1985, p. 13.

10

A. Schall, voce «Islam I», in TRE, vol. XVI, p. 316. Il maggior merito di Ignaz Goldziher e C. Snouck Hurgronje è di aver cominciato a concepire l’islam «come un insieme culturale definito dai suoi fondamenti determinati religiosamente» e di aver con ciò fondato — così C.H. Becker nelle sue biografie dei famosi studiosi dell’islam — «l’islamistica come disciplina propria» (Islamstudien, Leipzig 1932, vol. II, pp. 500 s).

11

A. Schall, voce «Islam I», cit., p. 315.

12

Cfr. S. Rushdie, The Satanic Verses, New York 1989 (trad. it. I versi satanici, Milano 1989).

13

T. Fand, L’islam et les sectes islamiques, (trad. it. Islam, Roma-Bari 1977) in H.-C. Puech (a cura di), Histoire des Religions, vol. III, Paris 1976, pp. 3-179, qui pp. 5 e 8.

14

J. Fück, Arabiya. Untersuchungen zur arabischen Sprach- und Stilgeschichte, Berlin 1950, p. 1.

15

Una spiegazione di questi versetti in rima (in parte per uso liturgico), comprensibile anche per il lettore che non parla arabo, la offre sulla base di esempi concreti H. Bobzin, Der Koran, pp. 87-98. Un’opera classica sull’estetica del Corano è stata redatta dall’iraniano Navid Kermani, Gott ist schön. Das ästhetische Erleben des Koran, München 1999.

16

Il Corano nella traduzione di Friedrich Rückert, a cura di H. Bobzin, Würzburg 1995, p. 468. (Lo stesso si può dire, per l’italiano, riguardo alla bella traduzione di Bausani: «Nel nome di Dio, clemente misericordioso! In verità lo rivelammo nella Notte del Destino. — Cos’è mai la Notte del Destino? — La Notte del Destino è più bella di mille mesi. — Vi scendono gli angeli e lo Spirito, col permesso di Dio, a fissare ogni cosa. — Notte di pace fino allo spuntar dell’aurora.» N.d.C.)

17

Sura 12,1-3.

18

Sura 2,97.

19

Sura 56,77-80.

20

Sura 85,21 s.

21

Sura 2,185.

22

Cfr. sura 52,34; 17,88; 11,13 s; 10,38; 2,23.

23

Così nacque nella cerchia della moschea di Monaco un’edizione commentata in 22 fascicoli (ca. 300 pagine): Die Bedeutung des Korans, München 1991-1996, 19982. Bilingue è però anche la già citata edizione monumentale, in dodici volumi, dello studioso cristiano delle religioni Adel Theodor Khoury, Der Koran. Arabisch-Deutsch, 12 voll.

24

Sura 4, 82.

25

Sura 2, 97.

26

Cfr. accanto alla letteratura sul Corano indicata (soprattutto T. Nagel, W.M. Watt), il riassunto preciso di A. Neuwirth, in base al suo già citato resoconto sullo stato della ricerca, nella voce «Koran», in K. Kreiser — R. Wielandt (a cura di), Lexikon der islamischen Welt, Stuttgart 1992, pp. 159-162.

27

Cfr. sulle obiezioni critiche W.M. Watt, Der Islam, cit., vol. I, pp. 176-178.

28

Come esempio viene semmai nominata la sura 80, costituita da cinque pezzi poco connessi.

29

Cfr. E. Kohlberg, Some Notes, cit., p. 219.

30

W.M. Watt. Der Islam, cit., vol. I, p. 182; allo stesso modo T. Nagel, Der Koran. Einführung — Texte — Erläuterungen, München 1983, p. 33.

31

Non vi è per esempio alcun «Wörterbuch zum Koran» paragonabile al «Wörterbuch zum Neuen Testament» in dieci volumi, fondato da G. Kittel.

32

Cfr. G. Weil, Historisch-kritische Einleitung in den Koran, Bielefeld 1844, 18782.

33

Cfr. T. Nöldeke, Geschichte des Qorans (1860), seconda edizione completamente rielaborata da F. Schwally, continuata da G. Bergsträsser e O. Pretzl, 3 voli., Leipzig 1909-38 (in seguito citata come T. Nöldeke — F. Schwally).

34

Cfr. R. Blachère, Le Coran, cit.

35

Cfr. W.M. Watt, Der Islam, cit., vol. I, pp. 188-214.

36

Cfr. il breve riassunto che mette in parallelo Nöldeke e Blachère in A.T. Khoury, voce «Koran», in Islam-Lexikon, pp. 462-465.

37

T. Nöldeke — F. Schwally, Geschichte des Qorans, cit., vol. I, p. 74.

38

Ibid., p. 118.

39

Ibid., p. 143.

40

Cfr. ibid. pp.164-234 (il vol. II è dedicato alla raccolta del Corano, il vol. III alla storia del testo del Corano e alle versioni).

41

M.M. Ayoub, voce «’Qur’an», in EncModlsl, vol. III, p. 385.

42

Cfr. W.C. Smith, On Understanding Islam, Den Haag 1981, cap. 16: «Is the Qur’an the Word of God?».

43

Illustrazione in H. Bobzin, Der Koran, cit., p. 16.

44

Citato da H. Bobzin, ibid., p. 17.

45

Persino il grande teologo protestante Karl Barth, che in una fase iniziale aveva opposto alla rivelazione cristiana le altre religioni come mera opera umana, si vide costretto ad ammettere nell’ultimo volume completo della sua monumentale «Kirchlichen Dogmatik»: accanto all’unica (da lui per un’intera vita messa così tanto in evidenza) «luce» di Gesù Cristo sono da accettare anche altre «luci». Cfr. Kirchliche Dogmatik, Zollikon 1958 (trad. it. Dogmatica ecclesiale, Bologna 1969), vol. IV/3, § 69,2: «Das Licht des Lebens», in particolare pp. 106-188.

46

Clemens XI, Constitutio dogmatica «Unigenitus» (1713), in Denzinger, Enchiridion, cit., nr. 1379.

BII. Il messaggio centrale

1

Cfr. H. Küng, Ebraismo, cap. 1BI: «Gli elementi strutturali centrali».

2

Cfr. Id., Cristianesimo, cap. BI: «Figura fondamentale e motivo originario».

3

Cfr. D.B. Macdonald, voce «Tawhid», in HdI.

4

Cfr. L. Gardet, voce «Islam» in EI2: I. «Definitions and Theories of Meaning».

5

Sura 22,34: cfr. 2,11.

6

Sura 3,18 s.

7

Cfr. L. Gardet, voce «Iman», in EI2.

8

Cfr. H. Küng, Cristianesimo, cap. C I, 6 («Il giudeo-cristianesimo»), C II, 5 («La cristologia ellenistica»), C III, 2 («La dottrina agostiniana della Trinità»).

9

Sura 23, 91.

10

Cfr. sura 37,35; 47,19.

11

Sura 37, 4.

12

Sura 2,116.

13

Sura 5,72 s.; cfr. 9,30.

14

Cfr. sura 22,73.

15

Sura 13,16.

16

Gen 1,3.

17

Sura 40,68.

18

Sura 32,4.

19

Cfr. sura 7,54; 10,3; 11,7; 25,59; 50,38; 57,4.

20

Cfr. sura 41,9-12.

21

Sura 50,38.

22

Un rapporto tra l’opera di sei giorni e la creazione dell’uomo si trova solo nella sura 32,7.

23

Sura 96,1 s.

24

Cfr. sura 23,12-14.

25

Sura 51,56.

26

Sura 19.93.

27

Cfr. sura 2,30: «E quando (allora) il tuo Signore disse agli Angeli: «Ecco, io porrò sulla terra un Mio Vicario”, essi risposero: «Vuoi metter sulla terra chi (del genere umano) vi porterà la corruzione e spargerà il sangue, mentre noi (angeli) cantiamo le Tue lodi ed esaltiamo la Tua santità?” Ma Egli disse: «Io so (molto di) ciò che voi non sapete”.».

28

Sura 8,17.

29

Cfr. sura 57,22 s.

30

Sura 9,51; cfr. 57,22 s.

31

Sura 16,93.

32

Cfr. Es 4,21 (al contrario 8,15: «Ma il cuore del faraone si ostinò»): Is 6,9.

33

Cfr. Is 45,7.

34

Sura 2,26; cfr. 16,104.

35

Così suppongono alcuni secondo la sura 17, 110, in conseguenza della quale il nome ar-raḥmān passa di nuovo in secondo piano nel Corano.

36

Cfr. H. Küng, Vita eterna?, Milano 1983, cap. IX: «La fine del mondo e il Regno di Dio».

37

Cfr. sura 56,1-7; 69,13-16; 77,8-13; 78,18-20; 81,1-14; 82,1-5; 84,1-6.

38

Cfr. sura 7,46.

39

Cfr. sura 75,22 s.

40

Cfr. sura 44,54; 55,46-78; 78,31-34.

41

Cfr. Mc 14,25.

42

Cfr. Mt 25,1-13.

43

Cfr. Lc 14,15-24.

44

Sura 74,27-29.

45

Sura 73,13.

46

Sura 44,43-46; cfr. 37,62-68; 56, 51-56.

47

Cfr. sura 3,54; 7,99; 8,30.

48

Sura 7,180.

49

Gen 1,26 s.

50

Sura 2,40; 83 s.

51

Cfr. A. d’Alverny, La prière selon le Coran, in «Proche-Orient Chrétien» 10 (1960), pp. 212-226, 303-317; 11 (1961) pp. 3-16. Cfr. anche H. Zirker, Islam. Theologische und gesellschaftliche Herausforderungen, Düsseldorf 1993, pp. 161-185.

52

Cfr. A.J. Wensinck, voce «Rabb», in HdI.

53

Cfr. F. Buhl, voce «Allahumma», in EI2 (=EI1).

54

Sura 2,201.

55

Sura 27,19.

56

Sura 3,26.

57

Sura 50,16.

58

M. Heidegger, Identität und Differenz, Pfullingen 1957, p. 51 (trad. it. Identità e differenza, Roma 1981).

59

Queste sono le parole che Gesù adopera nei confronti di Giovanni Battista secondo Lc 7,26; a proposito dello stesso Gesù viene invece detto che egli «è più di Salomone» e «più di Giona» (Lc 11,31s.).

60

Cfr. H.Küng (con H. v. Stietencron), Weltreligionen, pp. 72-77: «Mystische und prophetische Religion»; Id. (con J. Ching), Chinesische Religion, pp. 136-140: «Ein dritter Grundtypus von Religiosität».

61

Cor XLI,6.

62

Cor XXXIII,22.

63

Cor XXIV,47; cfr. V,55; VIII,46.

64

Cor LXXII,23.

65

Cor III,144; gli altri 3 passaggi sono XXXIII,40 («Sigillo dei Profeti»); XLII,3; XLVIII,29.

66

Cfr. Ibn Isḥàq, Das Leben des Propheten. Tradotto e riveduto dall’arabo da G. Rotter, Tübingen 1976. Sulla figura di Ibn Isḥāq, il fondatore della storiografia islamica, cfr. R. Sellheim, Prophet, Chalif und Geschichte. Die Muhammed-Biographie des Ibn Ishaq, in «Oriens» 18/19 (1965/66), pp. 33-91.

67

Sull’attendibilità storica delle fonti di vario livello qualitativo relative alla vita del Profeta, cfr. W.M. Watt, Der Islam, cit., vol. I, Stuttgart 1980, pp. 47-51.

68

Sulla biografia di Muhammad: le prime opere biografiche storico-critiche di un certo rilievo sono quelle di A. Sprenger, Das Leben und die Lehre des Mohammad, nach bisher unbenutzten Quellen bearbeitet, voll. I-III, Berlin 1861-1865 e W. Muir, The Life of Mahomet. With Introductory Chapters of the Original Sources for the Biography of Mahomet, and on the Pre-islamite History of Arabia, voll. I-IV, London 1861 (ristampa in 1 vol., Edinburgh 1923).

L’opera biografica europea maggiormente consultata nel periodo successivo è stata quella del danese F. Buhl, Muhammeds Liv med en Indledning om Forholdene i Arabien för Muhammeds Optraeden, Kopenhagen 1903; tr. ted.: Das Leben Muhammeds, Leipzig 1930. Sulla base di questo testo Buhl ha compilato la voce «Muhammed» in EI1, che è stata poi completamente riveduta da A.T. Welch per EI2. Ha inoltre goduto di ampio credito l’opera di T. Andrae, Mohammed. Sein Leben und sein Glaube, Göttingen 1932.

I più importanti studi sulla vita di Muhammad specie per l’esauriente analisi delle fonti arabe, sono: W.M. Watt, Muhammad at Mecca, Oxford 1953; Id., Muḥammad at Medina, Oxford 1956; sono entrambi raccolti nell’edizione francese in un unico volume: Mahomet, Paris 1958-1959. È stato pubblicato un riassunto dei due volumi secondo un criterio maggiormente cronologico dal titolo: Muḥammad: Prophet and Statesman, London 1961. W.M. Watt ha condensato e sottoposto a una verifica attuale gli esiti delle sue ricerche biografiche su Muhammad in Der Islam, cit., vol. I, C II.

Altre opere importanti: R. Paret, Mohammed und der Koran. Geschichte und Verkündung des arabischen Propheten, Stuttgart 1957, 19917. R. Blachère, Le problème de Mahomet. Essai de biographie critique du fondateur de l’islam, Paris 1952. E. Dermenghem, Mahomet et la tradition islamique, Paris 1955; tr. it. Maometto e la tradizione islamica, Milano 1983. F. Gabrieli, Muhammad e le prime conquiste arabiche, Milano 1967. M. Rodinson, Mahomet, Paris 1965; tr. it. Maometto, Torino 1972; Id., Bilan des études mohammadiennes, in «Revue historique» 87 (1963), pp. 169-220. S.H. Nasr, Muhammad, the Man of Allāh, London 1982. M. Cook, Muhammad, Oxford 1983. M. Lings, Muhammad: His Life Based on Earliest Sources, Cambridge 1983; tr. it. Il Profeta Muḥammad: la sua vita secondo le fonti più antiche, Torino 2004. R. Caratini, Mahomet, Paris 1993, 20022. J.M. Buaben, Image of the Prophet Muhammad in the West. A Study of Muir, Margoliouth and Watt, Leicester 1996. J. Chabbi, Le seigneur des Tribus. L’Islam de Mahomet, Paris 1997. U. Rubin (a cura di), The Life of Muhammad, Aldershot 1998. H. Motzki (a cura di), The Biography of Muḥammad. The issue of the sources, Leiden 2000. Ibn Warraq, The Quest for the Historical Muhammad, Amherst/N.Y. 2000. Nelle esposizioni seguenti farò soprattutto riferimento agli studi di W.M. Watt, R. Paret, M. Rodinson.

69

La cronologia che presentiamo è ricavata da R. Bell, Introduction to the Qur’an, riedizione riveduta a cura di W.M. Watt, Edinburgh 1970, p. 15.

70

Cfr. A.T. Welch, voce «Muhammad», in EiMod: Life of the Prophet.

71

Cfr. W.M. Watt, voce «Kuraysh», in EI2.

72

Per la comprensione della società tribale preislamica è fondamentale lo studio di F.M. Donner, The Early Islamic Conquests, Princeton 1981, cap. I: «State and Society in Pre-islamic Arabia».

73

Id., Der Islam, cit., vol. I, p. 53. Questo testo è stato infine accolto nello studio storico di at-Ṭabari, Annales, I 1147 s.

74

Cor LIII,2-12. La seconda visione viene raffigurata nei versetti immediatamente successivi, Cor LIII,13-18.

75

Cor VI,103.

76

Secondo al-Buḫārī, cit. di H. Bobzin, Corano, p. 34.

77

Cor XLII,51.

78

Cor II,97.

79

R. Paret, Commento alla sura 53,1-18.

80

La maggior parte degli studiosi musulmani ritiene, in linea con le opinioni espresse da Ibn Ishaq, che il brano iniziale della sura XCVI (come abbiamo citato) sia il primo ad essere stato rivelato; tuttavia alcuni ritengono che la prima rivelazione corrisponda ai versetti Cor LXXIV,1-7.

81

Ibn Isḥaq, Das Leben des Propheten, cit., p. 45.

82

Cor LXXIV,2.

83

Cor LXXXVII,9.

84

Cor XC,13-17; cfr. XCII,5-11; XCIII,9-11.

85

Cor CIV,1-3.

86

Cor XXII,52.

87

Cor LIII,19 s. Cfr. anche H. Busse, Die Versuchung Muhammads. Die «satanischen Verse» in der Koranexegese in «Festgabe für Hans-Rudolf Singer», a cura di M. Forstner, Frankfurt 1991, pp. 477-492.

88

Il testo è riportato in R. Paret, Commento alla sura 53,19-25, op. cit.; sull’interpretazione dei versetti cfr. Id., Mohammed und der Koran, cit., 19917, pp. 103 s.

89

Cor LIII,21-23.

90

Cor CIX,1-6.

91

Cor IV,48; IV,116.

92

A fronte di una «prospettiva prevalentemente pro-Muhammad», «La visione dei fatti secondo i Quraiš», come recita il paragrafo omonimo, viene correttamente ristabilita — basandosi sulle suggestioni dell’opera già citata di F.M. Donner — nello studio di A. Noth, Früher Islam, in U. Haarmann, Geschichte der arabischen Welt, München 1987, 19912, pp. 18-28.

93

Sulla storia antica di Medina cfr. W.M. Watt, Muhammad at Medina, cit., pp. 151-174.

94

Cfr. su tutto il periodo medinese di Muhammad, ibid.

95

Ibn Isḥāq, Das Leben des Propheten, cit., p. 109.

96

Ibid.

97

Ibid., p. 110.

98

Ibid.

99

R. Paret, voce «Umma» in HdI.

100

L’opera fondamentale sul rapporto del Profeta con le tribù ebraiche è quella scritta a suo tempo dall’illustre islamista olandese A.J. Wensinck, Mohammed en de Joden te Medina, Leiden 1908; nuova ed. ingl.: Muhammad and the Jews of Medina, Freiburg 1975, Berlin 19822. Fra le opere più recenti cfr. J. Bouman, Der Koran und die Juden. Die Geschichte einer Tragödie, Darmstadt 1990, tr. it. Il Corano e gli Ebrei: la storia di una tragedia, Brescia 1992.

101

Come illustra, in particolare, Cor V,44-48.

102

Cor V,44.

103

Cfr. Cor V,46 s.

104

Cor V,48.

105

Ibid.

106

Ibid.

107

Cfr. il capitolo precedente A II,3: «Abramo — il capostipite della «gente del Libro"»

108

Cor III,160.

109

Cor V,82.

110

Cor IX,29-31.

111

Cfr. R. Paret, Commento alla sura 9, 29 s.

112

Attenendosi alle ricerche specialistiche, M. Hamidullah ha scritto il suo studio: The Battlefields of the Prophet Muḥammad, with Maps, Illustrations and Sketches: A Contribution to Muslim Military History, Hyderabad 1973.

113

M.M. ’Alī, Muḥammad the Prophet, Lahore 1924, 19332, pp. 295 s.; Id., The Living Thoughts of the Prophet Muhammad, London 1947.

114

Trattando di queste critiche verso Muhammad, farò riferimento ai singoli paradigmi per poi documentare la posizione del cristianesimo nei confronti dell’islam durante le diverse epoche storiche. Ho qui attinto ai risultati della ricerca storica di cui tutte le biografie di Muhammad danno testimonianza, e con particolare dovizia, secondo la mia opinione, gli studi di W.M. Watt e R. Paret, le cui ricerche costituiscono la base delle mie personali valutazioni.

115

Cfr. Cor IV,3.

116

Cfr. Cor LXXX,2 s.

117

Cfr. Cor IV,23.

118

Cor XXIII,37.

119

Ibid.

120

Cfr. at-Tabari, Commentario XXII,9; citato in R. Paret, Mohammed, cit., p. 159.

121

Cor XXXIII,50.

122

Cit. in R. Paret, Mohammed, cit., p. 151.

123

Cor XXXIII,52.

124

Cfr. H. Küng, Die Kirche, cit., cap. E II, 2: «Die diakonische Struktur».

125

Cfr. 1 Cor 12,28.

BIII. Gli elementi strutturali centrali

1

Cfr. D.B. Macdonald, «Mala’ika», in EI2 (= EI1, voce rielaborata e integrata da W. Madelung).

2

Cfr. A.J. Wensinck, «Iblis», in EI2 (= EI1 voce rielaborata da L. Gardet).

3

Cfr. D.B. Macdonald, «Djinn» in EI2 (= EI1 voce rielaborata da H. Massé). E. Zbinden, Die Djinn des Islam und der altorientalische Geisterglaube, Bern 1935.

4

Sulla preghiera cfr. oltre alle vecchie pubblicazioni di E. Mittwoch e di E.E. Calverley, soprattutto A.J. Wensinck, «Salat», in HdI. Un tentativo convincente di ricostruire lo sviluppo iniziale della «salat» è offerto da A.T. Welch, Das religiöse Leben der Muslime, in W.M. Watt, Der Islam, cit., vol I, pp. 262-284. Cfr. inoltre A.T. Khoury, Gebete des Islams, Mainz 1981. Cfr. anche la minuziosa guida alla preparazione e al compimento della preghiera di M.A. Rassoul (a cura di), AsSalah. Das Gebet im Islam, Köln 1983. Una bella edizione di preghiere dal Corano e dalla sunna per tutte le occasioni possibili è offerta da A. Zaki Hammad, Lasting Prayers of the Quran and the Prophet Muhammad, Quranic Literacy Institute, Bridgeview/III. 1996.

5

Cor., XI,114.

6

Cor., II, 238s., LXXIII, 20.

7

A.T. Welch, Das religiöse Leben der Muslime, cit., p. 271. Welch analizza in seguito i due gruppi di leggende eziologiche, i quali datano l’origine delle cinque salat all’epoca di Muhammad e ascrivono perciò grande importanza all’angelo Gabriele (e a Mosè).

8

Cfr. Cor. IV,43; V,6.

9

Cor. I,5.

10

Cor. I,6.

11

Cor.I,7.

12

Cfr. S.D. Goitein, «Djum’a», in EI2.

13

Cfr. Cor. LXII,9s.

14

Cfr. F. Kluge — E. Seebold, Etymologisches Wörterbuch der deutschen Sprache, Berlin 198922, p. 489.

15

Sulla moschea, cfr. l’opera di riferimento di K.A.C. Creswell, Early Muslim Architecture, Oxford 19692. U. Vogt-Göknil, Die Moschee. Grundformen sakraler Baukunst, Zürich 1978. A. Papadopoulo, L’Islam et l’art musulman, Paris 1976, nella traduzione tedesca (Islamische Kunst, Freiburg 1977) cfr. pp. 218-297, 578-588, tavole nr. 112-173. J.E. Campo—A. Kuran—A.S. Ahmed—P.D. Gaffney - J. Waardenburg, «Mosque», in EncModIsl. J.M. Bloom, «Mosque», in EncQur.

16

A.T. Welch, Das religiöse Leben der Muslime, cit., p. 279.

17

Cor., XVII,110.

18

Cfr. F. Kluge — E. Seebold, Etymologisches Wörterbuch der deutschen Sprache, cit., pp. 479s.

19

Sul minareto cfr. R. Hillenbrand — J. Burton-Page - G.S.P. Freeman-Grenville, «Manara, Manar (minaret)», in EI2. A. Papadopoulo, Islamische Kunst, cit., pp. 226-291. J.M. Bloom, Minaret. Symbol of Islam, Oxford 1989.

20

Per il confronto con analoghi fenomeni religiosi nell’ebraismo, nel cristianesimo e nell’islam è utile A.T. Khoury (a cura di), Lexikon religiöser Grundbegriffe, Graz 1987. Per i concetti islamici cfr. A.T. Khoury — L. Hagemann — P. Heine, Islamlexikon, Freiburg 1991. K. Kreiser — R. Wielandt (a cura di), Lexikon der islamische Welt, nuova edizione Stuttgart 1992.

21

Sul contributo sociale, cfr. accanto alla trattazione più datata di N.P. Aghnides e J. Schacht, «Zakat», in HdI; i più recenti di A. Zysow, «Zakat», in EI2, e A. al-Shieckh, «Zakat», in EncModIsl.

22

Cfr. Cor., IX,5;11.

23

Cor.II,83.

24

Cfr. Cor. IX,60.

25

Cfr. Cor. LXXIII,20.

26

Sull’origine e sulla storia del waqf, cfr. l’economista arabo-saudita Monzer Kahf, «Waqf», in EncModIsl.

27

Cfr. Lv 16, 29ss; 23, 27ss.

28

Mt. 6, 16-18.

29

Sul digiuno cfr. oltre alle pubblicazioni meno recenti di G. Jacob, soprattutto C.C. Berg, «Sawm», in HdI. M. Plessner, «Ramadan», in HdI. A.J. Wensinck, «’Ashura’», in EI2 (= EI1 integrato da P. Marçais). K. Hiridjee, Le Ramadan, ses rites. ses bienfaits, Cachan 1950. K. Wagtendonk, Fasting in the Koran, Leiden 1968. K. Lech, Geschichte des Islamischen Kultus. Rechtshistorische und ḥadīṯ-kritische Untersuchungen zur Entwicklung und Systematik der ’Ibadat, vol. I: Das Ramaḍan-Fasten, parte I, Wiesbaden 1979. L. Clark, «Sawn», in EncModIsl.

30

Cfr. Cor., II,184-187.

31

Cfr. Cor., IX,36s.

32

Cfr. Cor., II,187.

33

Cfr. Es 23, 17; 34, 23; Dt 16, 16.

34

Sul pellegrinaggio cfr. accanto alla classica presentazione di C. Snouck Hurgronje, Het mekkaansche Feest, cit., e le pubblicazioni più vecchie di R. Burton, A. Rhalli, S. Spiro Bey e di M. Gaudefroy-Desmombynes, soprattutto quella di A.J. Wensincks, «Hadjdj», in EI2 (= EI1, in parte rielaborata da J. Jomier e integrata da B. Lewis). C. Rathjens, Die Pilgerfahrt nach Mekka. Von der Weihrauchstraβe zur Ölwirtschaft, Hamburg 1948. F.E. Peters, The Hajj. The Muslim Pilgrimage to Mecca and the Holy Places, Princeton 1994 (in particolare lo sviluppo storico dell’Hajj). R. Bianchi, «Hajj», in EncModIsl. Un resoconto del suo pellegrinaggio personale è offerto da M. Wolfe, The Hadj. A Pilgrimage to Mecca, London 1994.

35

Cor., III,97.

36

Una documentazione fotografica impressionante per i non musulmani, ai quali non è permesso visitare né La Mecca né Medina, è offerta da E. de Vitray-Meyerovitsch (testo) e H.Y. Hirashima (foto), La Mecca e Medina. Le città del Profeta, Milano 1981. Cfr. anche J. Roman, Le pèlerinage aux lieux saints de l’Islam, Algier 1954. Una documentazione filmata del pellegrinaggio è offerta dal film sull’islam dalla serie «in sette parti»: H. Küng. Spurensuche, München 1999.

CI. Il paradigma della comunità islamica originaria

1

T.S. Kuhn, The Structure of Scientific Revolutions, Chicago 1962 (ed. it. La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino 1999).

2

Cfr. H. Küng. Theologie im Aujbruch. Eine ökumenische Grundlegung, München 1987, nuova edizione 1992, cap. B II-IV. C I; così anche Id., Projekt Weltethos, cit., parte C.

3

Come primo orientamento mi furono di grande aiuto le argomentazioni di H. Busse, B. Radtke, W. Ende e R. Peters nel testo di W. Ende – U. Steinbach (a cura di), Der Islam in der Gegenwart, München 1984, pp. 17-131. Cfr. anche G. Endress, Der Islam. Eine Einführung in seine Geschichte, München 1982, 19912.

4

Cfr. P.M. Holt – A.K.S. Lambton – B. Lewis (a cura di), The Cambridge History of Islam, 2 voll., Cambridge 1970 e K. Amstrong, Islam. A Short History, London 2000.

5

Cfr. J.L. Esposito, Oxford History of Islam, Oxford 1999.

6

Cfr. C. Cahen, Der Islam I. Von Ursprung bis zu den Anfängen des Osmanenreiches, Frankfurt 1968, 19872.

7

Cfr. M.G.S. Hodgson, The Venture of Islam. Conscience and History in a World Civilization, 3 voli., Chicago 1974.

8

Cfr. U. Haarmann (a cura di), Geschichte der arabischen Welt, München 1987.

9

Cfr. I.M. Lapidus, A History of Islamic Societies, Cambridge 1988 (ed. it. Storia delle società islamiche, Torino 1993-1994).

10

Cfr. T. Nagel, Geschichte der islamischen Theologie. Von Mohammad bis zur Gegenwart, München 1994.

11

Cfr. J. van Ess, Theologie und Gesellschaft um 2. und 3. Jahrhundert Hidschra. Eine Geschichte des religiösen Denkens im frühen Islam, 4 voll., Berlin 1991-1997.

12

Cfr. The Encyclopaedia of Islam, New Edition, Prepared by a Number of Leading Orientalists, 11 voll., Leiden 1986-2002 (con supplementi e indici = EI2). Ma anche la prima edizione, all’epoca pubblicata contemporaneamente in tedesco, inglese e francese, Enzyklopädie des islam, a cura di M.T. Houtsma, 5 voll., Leiden 1913-38 (= EI1), risp. al resoconto di A.J. Wensinck e J.H. Kramers (a cura di), Handwörterbuch des Islam, Leiden 19762 (= Hdl), è pur sempre importante (alcuni articoli della EI2 sono presi da EI1).

13

Cfr. H. Kiing, Cristianesimo, cit., cap. C I: «Il paradigma giudeo-apocalittico del cristianesimo primitivo».

14

Cfr. in questo volume la parte principale B: «Centro».

15

Si veda l’importante opera di F.M. Donner, The Early Islamic Conquests, Princeton 1981. I risultati di Donner sono accolti da A. Noth, Früher Islam, in U. Haarmann (a cura di), Geschichte der arabische Welt, cit., pp. 11-100 e da I.M. Lapidus, A History of Islamic Societies (ed. it. Storia delle società islamiche), cit., cap. 1: «Arabia».

16

Cfr. J. Schacht, An Introduction to Islamic Law, Oxford 1964, p. 11; cfr. Id., The Origins of Muhammadan Jurisprudence, Oxford 1950, 19532.

17

Id., Introduction, cit., p. 11.

18

Cfr. il testo di N.J. Coulson, A History of Islamic Law, Edinburgh 1964, p. 12, che integra bene quello di Schacht.

19

Cfr. J. Schacht, «Kisas», in EI2 (= EI1).

20

Cfr. B. Farès, L’honneur chez les Arabes avant l’Islam. Étude de sociologie, Paris 1932.

21

Cfr. Cor. V,45: «E, nella Torah, prescrivemmo a voi anima per anima, occhio per occhio, naso per naso, orecchio per orecchio, dente per dente, e per le ferite la legge del taglione».

22

Cor. II, 179.

23

Cfr. Cor. XVII,33.

24

Cfr. Cor., XVI,126; XVII,33; XLII, 40.

25

Cfr. Cor. II, 178. Cfr. E. Tyan, «Diya», in EI2 (stranamente senza una singola citazione dal Cor.).

26

Cfr. Cor. XXII, 60.

27

Cfr. J. Schacht, «Riba», in Hdl. M. Rodinson, Islam et capitalisme, Paris 1966 (ed. it. Islam e capitalismo, Torino 1977).

28

Cor., XXX, 39.

29

Cor., III, 130.

30

Cor., II, 275.

31

Cor., IV,161.

32

Cfr. Cor., II,282s.; XVII,34; XXIII,8.

33

Cor., XVII,35.

34

Cfr. Cor., LXII,9.

35

Cfr. A.J. Wensinck, «Khamr», in EI2 (= EI1). P. Heine, Weinstudien. Untersuchungen zu Anbau, Produktion und Konsum des Weins im arabisch-islamischen Mittelalter, Wiesbaden 1982.

36

Cfr. Cor. XVI,67.

37

Cor., II,219.

38

Cor. IV,43.

39

Cor. V,90.

40

Cfr. B. Carra de Vaux, «Maisir», in HdI.

41

Cfr. Cor. V,3; VI,121,145; XVI,115.

42

Cfr. Cor., 11,30; VI,165; XXXV,39.

43

Cor. II,269.

44

Cor., IV,36; XXXI,18.

45

Cor., XVI,23.

46

Cfr. Cor, XLI,51.

47

Cor., III, 144.

48

Cfr. Cor., III,103.

49

Cfr. Cor., IX,71.

50

Cfr. Cor. XVI,26.

51

Cfr. Cor., XXIV,22.

52

Cor., XLI, 34s. La dissertazione parigina, seguita da Louis Massignon e da René Le Senne e scritta da M.A. Draz, La morale du Koran, Paris 1951, confronta la dottrina del Corano da un lato con le scuole classiche, dall’altro con moderne teorie morali (soprattutto Kant) occidentali.

53

Cfr. W.M. Watt, Der Islam, cit., vol. I, pp. 132-135.

54

Cor., XVI,72.

55

Cfr. Cor., XXIII,12-14; LXXV,36-39; LXXXVI,S-7.

56

Cor., XXX,21.

57

Cor., XXIV,33.

58

Cfr. Cor., LXX,31.

59

Cor., IV,3.

60

Ibid.

61

Così traduce, diversamente da R. Paret, W.M. Watt, Der Islam, cit., vol. I, p. 133. Tuttavia anche Paret è del parere che l’enfasi sia del tutto posta sul fatto «che un uomo può sposare eventualmente più di una sola donna, non sul fatto che non possono essere più di quattro» (commento alla sura IV, 3).

62

Sulla prassi del matrimonio temporale (matrimonio mut’a) – vietato dal secondo califfo, ma permesso dagli sciiti (imamiti), che non riconoscevano ’Umar come califfo legittimo, sempre sulla base di Corano, IV, 24 – cfr. come per quanto menzionato sopra W.M. Watt, Der Islam, cit., vol. I, p. 135.

63

Cfr. Cor., VII,189; XLII,11.

64

Cor., XVI,97.

65

Così è la definizione di «stato» proposta nella ricerca dettagliata da T. Nagel, Statt und Glaubensgemeinschaft im Islam. Geschichte der politischen Ordnungsvorstellungen der Muslime, 2 voli., Zürich 1981, citazione da vol. I, pp. 8s.

66

Cfr. F.M. Donner, The Early Islamic Conquests, cit., pp. 251-367. A. North, Früher Islam, cit., pp. 35-40, 100, preferisce non parlare di «confederazione» o di «ecumene musulmana».

67

F.M. Donner, The Early Islamic Conquests, cit., p. 258.

68

A. Noth, Früher Islam, cit., p. 37.

69

I.M. Lapidus, A History of Islamic Societies, cit., p. 226.

70

Ibid.

71

Primissima attestazione (del 691) e indicazioni bibliografiche (L. Massignon, F. Meier) in J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, p. 3.

72

Cfr. Cor., XXXIII,40.

73

Per la storia islamica antica, cfr. accanto alla descrizione generale citata all’inizio del capitolo C I (soprattutto I.M. Lapidus), l’indispensabile l’opera storica araba del IX secolo di A. al-Baladuri, Kitab Futuh al-Buldan [tr. tedesca: El-Beladori’s «kitab futuh el-buldan» (Buch der Eroberung der Länder), nei riassunti, a cura di O. Rescher, 2 voll., Leipzig 1917-1923; tr. inglese di P.K. Hitti – F.C. Murgotten, 2 voll., New York 1916-1924, ristampa 1968]. La classica opera storica moderna è di J. Wellhausen, Das arabische Reich und sein Sturz, Berlin 1902, 19602. I nuovi lavori importanti sono C. Cahen, Der Islam I. Vom Ursprung bis zu den Anfängen des Osmanenreiches, Frankfurt 1968. M. Lombard, L’Islam dans sa première grandeur (VIIIe-IXe siècle), Paris 1971 [tr. tedesca, Blütezeit des Islam. Eine Wirtschafts- und Kulturgeschichte (8. -11. Jh.), Frankfurt 1992]. T. Nagel, Staat und Glaubensgemeinschaft im Islam. 2 voll., Zürich 1981. F.M. Donner, The Early Islamic Conquests, Princeton 1981; Id., Muḥammad and the Califate, in J.L. Esposito, Oxford History of Islam, Oxford 1999, cap. I. Contributi istruttivi sono contenuti in G.H.A. Juynboll, Studies in the First Century of Islamic Society, Carbondale/Ill. 1982. Una illustrazione storico-sociale stringata e ricca è offerta da A. Noth, Früher Islam, in U. Haarmann (a cura di), Geschichte der arabischen Welt, cit., pp. 11-100.

74

Naturalmente non si tratta di «scrivere la storia islamica – e questo vale soprattutto per quella islamica antica – seguendo la successione dei sovrani», come nota critico A. Noth (Früher Islam, cit., pp. 73s.). Si darà conto meglio in seguito delle argomentazioni storico-sociali di Noth.

75

Ho esposto la mia unica ermeneutica integrativa della storia in Cristianesimo, cit., cap. C I,1: «La necessità di un orientamento basilare».

76

Cfr. per il concetto di califfo: D. Sourdel – A.K.S. Lambton, «Khalifa (I-II)» , in EI2. T. Nagel, Staat und Glaubensgemeinschaft im Islam, cit. J.M. Landau, The Politics of Pan-Islam. Ideology and Organisation, Oxford 1990. Nel suo primo lavoro T. Nagel parla di «tre istituzioni sostitutive per il principio della guida di diritto immediata»: il Corano, l’imamato e la sunna (Rechtleitung und Kalifat. Versucht über eine Grundfrage der Islamiscen Geschichte, Bonn 1975).

77

Su Abū Bakr cfr. C.H. Becker, Islamstudien, vol. I. Leipzig 1924, pp. 70-74. W.M. Watt, «Abū Bakr», in EI2.

78

Circa la forma carismatica e tradizionale di dominio e circa l’attuazione del carisma nella quotidianità cfr. M. Weber, Wirtschaft und Gesellschaft. Grundriβ der verstehenden Soziologie, Tübingen 19725, pp. 122-148.

79

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, pp. 3s.

80

Cfr. Id., Prémices de la théologie musulmane, Paris 2002, pp. 101s.

81

Cfr. E. Shoufani, Al-Riddah and the Muslim Conquest of Arabia, Toronto 1973.

82

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, pp. 4s.

83

F.M. Donner, The Early Islamic Conquests, cit., p. 269.

84

Ibid., p. 270.

85

Sul potenziale militare dei musulmani, cfr. A. Noth, Früher Islam, cit., pp. 86-90.

86

Cfr. A. Noth, Früher Islam, cit., pp. 87s.

87

Cfr. Id., Quellenkritische Studien zu Themen, Formen und Tendenzen frühislamischer Geschichtsüberlieferungen. parte I, Bonn 1973, pp. 72s.

88

Cfr. B. Spuler, Iran in frühislamischer Zeit. Politik, Kultur, Verwaltung und öffentliches Leben zwischen der arabischen und der seldschukischen Eroberung 633 bis 1055, Wiesbaden 1952. M.G. Morony, Iraq after the Muslim Conquest, Princeton 1984.

89

Per l’Egitto è sempre utile A.J. Butler, The Arab Conquest of Egypt and the Last Thirty Years of the Roman Dominion, Oxford 1902, edizione rivisitata da P.M. Frazer, Oxford 1978 (sull’islam dal cap. XI).

90

Cfr. Cor., IX, 29.

91

Ad esempio Cor. X, 31.

92

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, pp. 48s.

93

Ibid., p. 49.

94

Cfr. H. Küng, Cristianesimo, cap. C I, 5: «Scomunica dalla sinagoga: la comunità di Giovanni».

95

T. Nagel, Geschichte der Islamischen Theologie, cit., p. 94.

96

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, p. 46.

97

Cfr. P. Crone – M. Hinds, God’s Caliph. Religious Authority in the First Centuries of Islam, Cambridge 1986, pp. 58-96.

98

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, p. 38 (con un richiamo a Goldziher).

99

J. Schacht, Introduction, cit., p. 19.

100

Cfr. ibid., pp. 20-22.

101

Cfr. L. Veccia Vaglieri, «’Ali b. Abi Talib», in EI2. Poiché non ci sono fonti coeve, anche la datazione del califfato di ’Ali è controversa. Le prime monografie provenienti da Kufa e perciò anti-omayyadi, fissate solo nell’VIII secolo, furono studiate in maniera critica da E.L. Pedersen, ’Alī and Mu’awiya in Early Arabic Tradition. Studien on the Genesis and Growth of Islamic Historical Writing until the End of the 9th Century, Kopenhagen 1964. Riguardo al corso degli eventi e alla loro datazione, mi affido all’indagine del mio collega di Tübingen, Heinz Halm, Die Schia, Darmstadt 1988, pp. 10-17.

102

Cfr. G. Rotter, Die Umayyaden und der Zweite Bürgerkrieg (680-692), Wiesbaden 1982, p. 14.

103

Cfr. L. Gardet, «Fitna», in EI2.

104

Cfr. A. Sachedina, «Najaf», in EncModIsl.

105

Riguardo a queste e ad altre questioni controverse tra gli sciiti e i sunniti circa il califfato di ’Alī cfr. H. Halm, Die Schia, cit., pp. 10-17.

106

Cfr. H. Laoust, Les schismes dans l’islam. Introduction à une étude de la religion musulmane, Paris 1964 (ed. it. Gli scismi nell’islam, Genova 2002). I capitoli I e II trattano dello scisma tra ’Ali e Mu’awiya e dello sviluppo degli scismi sotto gli Ommayadi.

107

Cfr. J. van Ess, Prémices de la théologie musulmane, Paris 2002, pp. 103s.

CII. Il paradigma del regno arabo

1

D.P. Little, «Mu’awiyah I», in Eacyclopaedia Britannica, vol. VIII, Chicago 1987", p. 389. Per la storia degli Omayyadi rimane fondamentale il testo di J. Wellhausen, Das arabische Reich und sein Sturz, Berlin 1902. Un apprezzamento dell’opera di Wellhausen è offerto da C.H. Becker, Islamstudien, vol. II, Leipzig 1932, pp. 474-480. Una buona panoramica sulla «epoca degli Omayyadi (661-750)» è proposta da C. Cahen, Der Islam I. Vom Ursprung bis zu den Anfängen des Osmanenreiches, Frankfurt 1968, 19872, cap. IV.

2

Sulla storia mutevole di Damasco, che divenne la capitale imperiale sotto gli Omayyadi e sotto gli Abbasidi decadde a città di provincia, cfr. N. Elisséeff, «Dimashk», in EI2.

3

Per Mu’awiya sono fondamentali – oltre a J. Wellhausen – il vecchio lavoro di H. Lammes, Études sur le règne du calife omaiyade Mo’awia Ier, Beirut 1906, riassunto nel suo articolo «Mu’awiya», in EI2 (1936). Il nuovo stato della ricerca è riportato in M. Hinds, «Mu’awiya I», in EI2 (1993). Sull’intera epoca omayyade, cfr. la raccolta di H. Lammens, Études sur le siècle des Omayyades, Beirut 1930.

4

Cfr. J. van Ess, Theologie und Gesellschaft im 2. und 3. Jahrhundert Hidschra. Eine Geschichte des religiösen Denkens im frühen Islam, vol. I, Berlin 1991, pp. 68s.

5

P. Crone, Slaves on Horses. The Evolution of the Islamic Policy, Cambridge 1980, p. 30. Alle pp. 29-33 un’analisi del «modello sufyanide» e il significato della asraf per la struttura di potere. Per lo sviluppo del califfato dal regno nomade alla monarchia, cfr. anche I.M. Lapidus, A History of Islamic Societies, cit., pp. 54-67.

6

Citazione da S. Brock, in M. Hinds, «Mu’awiya».

7

Così contro Watt, Paret, Nagel e Rotter, P. Crone – M. Hinds, God’s Caliph. Religious Authority in the First Centuries of Islam, Cambridge 1986, cap. 2: «The Title Khalifat Allāh».

8

Sul concetto estraneo alla mentalità del Vicino Oriente della monarchia ereditaria, attraverso il quale il potere del padre passa al figlio maggiore o a un altro parente più prossimo, ci informa C. Cahen, Der Islam, cit., pp. 65-68.

9

M. Hinds, «Mu’awiya» con richiamo a H. Lammens.

10

Sugli inizi della shia è sempre basilare J. Wellhausen, Die religiös-politischen Oppositionsparteien im alten Islam, Berlin 1901 (accanto alla shia nella III parte, Wellhausen tratta nella I parte i ḫawāriğ). Accanto ai paragrafi inerenti, nella storia della letteratura araba (C. Brockelmann, F. Sezgin) e della letteratura persiana (E.G. Browne, C.A. Storey), tra le ricerche critiche sono particolarmente importanti M. Momen, An Introduction to Sh’i Islam. The History and Doctrines of Twelver Shi’ism, New Haven 1985 e W.M. Watt, The Formative Period of Islamic Thought, Edinburgh 1973; (tr. tedesca: Der Islam, vol. II, Stuttgart 1985, cap. 9: «Die Polarität von Sunnismus und Schiismus»). Da una prospettiva decisamente sciita scrivono A.S.M.H. Tabatabai, Shi’ite Islam, London 1975 (opera sistematica) e S.H.M. Jafri, Origins and Early Development of Shi’a Islam, London 1979 (opera storica). La problematica della mediazione tra un convinto punto di vista religioso e la strada d’accesso scientifica è affrontata da A. Falaturi, Die Zwölfer-Schia aus der Sicht eines Schiiten: Probleme ihrer Untersuchung, in E. Gräf (a cura di), Festschrift Werner Caskel, Leiden 1968, pp. 62-95. Uno sguardo più nuovo, tanto conciso quanto ben documentato, non solo sulla scia dei dodici, ma anche sull’intera scia, è offerto da H. Halm, Die Schia, Darmstadt 1988. Strutturato in modo più sistematico è invece Y. Richard, L’Islam chi’ite. Croyances et idéologies, Paris 1991.

11

Cfr. L. Veccia Vaglieri, «(al-) Hasan b. ’Ali b. Abi Ṭālib», in EI2. H. Halm, Die Schia, cit., pp. 17s.

12

Cfr. H. Lammens, Le Califat de Yazīd Ier, Beirut 1910-1913 (4 fascicoli).

13

Cfr. L. Veccia Vaglieri, «(al-) Husayn b. ’Alī b. Abī Ṭālib», in EI2. H. Halm, Die Schia, cit., pp. 18-21.

14

Cfr. E. Honigmann, «Karbalā’», in EI2.

15

I. Goldziher, Vorlesungen über den Islam, Heidelberg 19252, p. 233.

16

Cfr. il titolo della trattazione menzionata di J. Wellhausen sui «partiti di opposizione».

17

Cfr. G.R. Hawting, «al-Muḳḥtar b. Abī’Ubayd al-Thakafī», in EI2.

18

Cfr. F. Buhl, «Muhammad ibn al-Hanafiyya», in EI2.

19

Sull’origine e sullo sviluppo iniziale del concetto di mahdi, così come sull’ulteriore sviluppo sotto gli Abbasidi e circa il ruolo centrale dell’attesa del mahdi nella scia radicale, cfr. W. Madelung, «al-Mahdī», in EI2.

20

Cfr. W. Madelung, «al-Mahdī», in EI2.

21

F. Daftary, A Short History of the Ismailis. Traditions of a Muslim Community, Edinburgh 1998. Sulla storia dei vari Aga Khan, cfr. Y. Kerlau, Les Aga Khan, Paris 1990.

22

Si veda il capitolo D I,2: «Islamismo socio-politico radicale: la rivoluzione islamica di Khomeini».

23

Su ’Abd al-Malik, cfr. H.A.R. Gibb, «’Abd al-Malik b. Marwan», in EI2.

24

Sulla politica e la persona di al-Ḥağğağ (di origine plebea, non era perciò amato dagli aristocratici iracheni come rappresentante dell’autorità statale) cfr. il sempre valido cortese giudizio di J. Wellhausen, Das arabische Reich, cit., pp. 141-160. In aggiunta A. Dietrich, «al-Hadjdjadj b. Yusuf», in EI2.

25

Lo spiega e dimostra chiaramente J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, pp. 9s.

26

Ibid.

27

Cfr. J. Wellhausen, Das arabische Reich, cit., pp. 135s.

28

Cfr. H. Gaube, Arabosasanidische Numismatik, Braunschweig 1973, p. 10 (figura 1), pp. 18-37.

29

Cfr. M.L. Bates, Islamic Coins, New York 1982, citato in J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, p. 10.

30

Sulla complessa situazione linguistica del «medio arabo», post-classico, cfr. J.W. Fück, Arabica. Untersuchungen zur arabischen Sprach- und Stilgeschichte, Berlin 1950, Id. «‘Arabiyya, II, 3: “Middle Arabic”», in EI2.

31

Sullo sviluppo dell’arte islamica cfr. O. Grabar, The Formation of Islamic Art, New Haven 1973, seconda edizione revisionata e ampliata 1987. A. Papadopoulo, L’Islam et l’art musulman, Paris 1976 (ed. it. L’islam e l’arte musulmana, Milano 1992).

32

O. Grabar, The Formation of Islamic Art, cit., p. 209.

33

Sullo sviluppo dell’architettura islamica, cfr. accanto alle opere sull’arte sopra citate, soprattutto K.A.C. Creswoll, A Short Account of Early Muslim Architecture, London 1958, seconda edizione rielaborata e ampliata da J.W. Allan, Aldershot 1989. G. Michell (a cura di), Architecture of the Islamic World. Its History and Social Meaning, London 1978. U. Vogt-Göknil, Die Moschee. Grundformen sakraler Baukunst, Zürich 1978.

34

Cfr. M. Rosen-Ayalon, The Early Islamic Monuments of Al-Haram Al-Sharif. An Iconographic Study, Jerusalem 1989. Un nuovo tentativo di spiegare la «Cupola della roccia» (in trascrizione inglese «Qubbat al-Sakhra») – come «tenda» (arabo qubba) sopra al trono di Dio sulla rupe – è stato proposto da J. van Ess, ’Abd alMalik and the Dome of the Rock. An Analysis of Some Texts, in J. Raby (a cura di), ’Abd al-Malik’s Jerusalem, Oxford 1992 (alla fine del volume una ricca bibliografia).

35

Citazione da J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, p. 13.

36

Cfr. J. Schacht, The Origins of Muhamaddan Jurisprudence, Oxford 1950; Id., An Introduction to Islamic Law, Oxford 1964.

37

Cfr. N.J. Coulson, A History of Islamic Law, Edinburgh 1964.

38

F. Rahman, Islamic Methodology in History, Karachi 1965, pp. 6-12.

39

A.A.A. Fyzee, Outlines of Muhamaddan Law, New Delhi 1964, 1974, pp. 24-31.

40

Cfr. M.M. Azami, On Schacht’s Origins of Muhamaddan Jurisprudence, Riad 1985 (nel capitolo successivo saranno esposti ulteriori aspetti della critica di Azami).

41

N.J. Coulson, History, cit., p. 35.

42

Sull’origine e la funzione della carica di Qadi cfr. J. Schacht, Introduction, cit., pp. 24-26. N.J. Coulson, History, cit., pp. 28-30. P. G. Dannhauer, Untersuchung zur frühen Geschichte des Qadi-Amtes, Bonn 1975. Inoltre, quale summa delle sue opere precedenti, E. Tyan, voce «Kadi», in EI2.

43

Cfr. Id., voce «Hakam» in EI2.

44

Cfr. il contributo di J. van Ess, Theologie, cit., vol. II, pp. 123-133.

45

Cfr. J. Schacht, Introduction, cit., cap. 5.

46

Ibid., p. 27.

47

Cfr. ibid.

48

Ibid., p. 29.

49

N.J. Coulson, History, cit., p. 41.

50

I.M. Lapidus, History, cit., p. 61.

51

Cfr. P. Crone - M. Hinds, God’s Caliph, cit., p. 5.

52

I.M. Lapidus, History, cit., pp. 61s.

53

Cfr. ibid., pp. 45-53.

54

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, pp. 40-42.

55

In questa sede intendo fare riferimento all’analisi dei diversi paradigmi per presentare solamente una sintesi di quegli sviluppi storici ampiamente trattati nelle opere sull’islam o sui popoli arabi; offre una buona panoramica sull’argomento lo studio di C. Cahen, Der Islam I, pp. 32-36.

56

Cfr. H. Küng, Cristianesimo, cit., cap. C 111,5: La grande potenza antagonista: l’Islam.

57

Cfr. H. Pirenne, Mahomet et Charlemagne, Paris 1937. È ricco di spunti interessanti il magnifico volume illustrato di F. Gabrieli (a cura di), Maometto in Europa, Milano 1982.

58

Cfr. I.M. Lapidus, History, cit., cap. 5 («Cosmopolitan Islam») e cap. 6 («Urban Islam»).

59

Cfr. W.M. Watt, Der Islam, vol. II, Stuttgart 1985.

60

Cfr. T. Nagel, Geschichte der islamischen Theologie. Von Mohammed bis zur Gegenwart, Miinchen 1994.

61

Cfr. W.M. Watt, Free Will and Predestination in Early Islam, London 1948, pp. 20-31.

62

Sul Qadarismo cfr. Id., Der Islam, cit., vol. II, cap. 4: «Die Bestimmung der Ereignisse durch Gott». J. van Ess, voce «Kadariyya», in EI2; Id., Theologie, cit., vol. I, pp. 72-135. T. Nagel, Geschichte, cit., cap. II,3.

63

Cfr. Cor XV,21; XX,40; XXIII,18 e.a.

64

In merito alle considerazioni successive cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, pp. 23-25.

65

Cfr. ibid., vol. II, pp. 4-41 («Die “Ketzer”»).

66

Cfr. ibid., pp. 41-121.

67

Per lungo tempo questa lettera è stata ritenuta autentica dalla quasi totalità degli studiosi e solo recentemente J. Wansbrough e M. Cook ne hanno confutato l’autenticità. Van Ess ritiene la questione ancora irrisolta (cfr. Theologie, cit., vol. II, pp. 46s.).

68

Cor LI,56.

69

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, pp. 73-83.

70

Cfr. ibid., pp. 75-80.

71

Cfr. il capitolo precedente C I,7.

72

Sulla storia dei ḫāriğiti cfr. W.M. Watt, Der Islam, cit., vol. II, cap. 1; T. Nagel, Geschichte, cit., cap. II, 4.

73

Cfr. p. es. Cor IV,74s.

74

Cfr. R. Rubinacci, voce «Azarika», in EI2.

75

Sulla comunità degli Ibaditi a Basra e sugli esiti del loro sviluppo cfr. gli studi pionieristici di T. Lewicki, riepilogati alla voce «Ibadiyya» in EI2. Inoltre, da un punto di vista ibadita, A. K. Ennami (an-Nami), Studies in Ibadism (al-Ibadiyah), tesi di laurea presso l’Università di Cambridge, 1971 (è presente anche una versione in lingua araba). Infine, J. van Ess, Theologie, cit., vol. II, pp. 186-233, dove sono contenuti riferimenti alle tesi di laurea di Cuperly, Rebstock e Schwarz così come allo studio in lingua araba di ’Iwad Hulaifat (Amman 1978).

76

Sul caso di ’Abdallāh ibn Ibàd cfr. M. Cook, Early Muslim Dogma. A source-critical study, Cambridge 1981, pp. 51-67. J. van Ess, Theologie, cit., vol. II, pp. 187-189.

77

L. Massignon, Interférences philophiques et percées metaphysiques dans la mystique hallagienne: Notions de «l’essentiel désir», in Opera Minora, vol. II, Beirut 1963, pp. 226-253, cit., p. 245.

78

J. van Ess, Theologie, cit., vol. II, p. 223.

79

Cfr. H. Küng, ...........[trad. it. del testo?]

80

È quanto afferma il primo editore di questo testo (1974/75), J. van Ess (contro l’opinione di M. Cook che propende per una datazione più tardiva) in Theologie, cit., vol. I, pp. 174-179; la traduzione tedesca del testo compare nel vol. V, pp. 6-12 (testo II, 1). La tesi di van Ess viene riproposta da W. Madelung alla voce «Murdji’a», in EI2. Già nel 1965 Madelung aveva pubblicato uno studio progettuale per la compilazione di una «Geschichte der Murgi’ten». Viene destinato ampio spazio alla questione dei Murgi’a (definizione concettuale, ricostruzione dello sviluppo storico, integrazione nella comunità, problematicità della dottrina) nello studio di W.M. Watt, Der Islam, cit., vol. II, cap. 5 mentre T. Nagel, Geschichte, cit., cap. II, 6 offre una sintesi della problematica teologica.

81

Cfr. l’analisi delle due poesie murgüte in J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, pp. 166-171; traduzione ted. dei testi nel vol. V, pp. 17-24 (testo II, 3-4).

82

Ibid., vol. I, p. 171.

83

Cfr. l’ancor valida interpretazione assolutoria nei confronti di ‘Umar II e della sua presunta incapacità politica di J. Wellhausen, Das arabische Reich, cit., pp. 166-194.

84

Cfr. ibid., p. 228.

85

Cfr. F. Gabrieli, Il califfato di Hisham. Studi di storia omayyade, Alessandria 1935; Id., voce «Hisham», in EI2.

86

Cfr. J. Wellhausen, Das arabische Reich, cit., pp. 226-228.

87

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, pp. 83-86.

88

Sulla figura di Walid II cfr., accanto a J. Wellhausen e J. van Ess, la tesi di laurea di D. Derenk, Leben und Dichtung des Omaiyadenkalifen al-Walid ibn Yazid. Ein quellenkritischer Beitrag, Frankfurt 1974.

89

J. Wellhausen, Das arabische Reich, cit., p. 223.

90

Cfr. la puntuale analisi della predica iniziale in J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, pp. 86-88.

91

Ibid., p. 86.

92

Ibid., p. 87.

93

Cfr. S. Moscati, voce «Abu Muslim», in EI2, dove vengono riassunti i suoi studi precedenti.

94

Cfr. Id., voce «Abu l-Abbas as-Saffah», in EI2.

95

J. Wellhausen, Das arabische Reich, cit., p. 344.

96

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, p. 51.

CIII. Il paradigma islamico classico della religione universale

1

T. Nagel, Das Kalifat der Abbasiden, in U. Haarmann, Geschichte der arabischen Welt, München 19912, pp. 101-165, citazione a p. 101. Cfr. M.A. Shaban, The ‘Abbâsid Revolution, Cambridge 1970 (il cui intento era soprattutto quello di correggere J. Wellhausen, che resta fondamentale): questa rivoluzione non solo avrebbe come sfondo le lotte infinite tra clan arabi e la rivolta dei persiani contro gli arabi, ma avrebbe come scopo la «assimilazione di tutti i musulmani nell’impero, arabi e non arabi, in un’unica società musulmana con gli stessi diritti per ogni membro di questa società» (p. xv). Di ulteriore importanza per la presa di potere degli Abbasidi F. Omar, The Abbâsid Caliphate 132/750 – 170/786, Baghdad 1969; M. Sharon, Black Banners from the East. The Establishment of the ’Abbâsid State – Incubation of a Revolt, Leiden 1983. Una buona panoramica sull’intero periodo abbaside già in C. Cahen, Der Islam I. Vom Ursprung bis zu den Anfängen des Osmanenreiches, Frankfurt 1968, 19872, capp. 6-7. (ed fr. L’islam. Des origines au début de l’empire ottoman, Paris 1970).

2

Cfr. H. Kennedy, voce «al-Manşūr» in EI2. Sui successi e gli insuccessi della politica di consolidamento interno di Mansur (capitale, burocrazia, cura del diritto) cfr. T. Nagel, Kalifat, cit., pp. 110-118.

3

Sullo scontro tra al-Manşūr e la chiliastica Rawandiya, che si richiama allo spirito di Gesù (o Adamo) risorto alla fine come mahdi, cfr. J. Van Ess, Theologie und Gesellschaft im 2. Und 3. Jh. Hidschra. Eine Geschichte des religiösen Denkens im frühen islam, vol. III, Berlin 1992, pp. 10-17.

4

Cfr. A.A. Duri, voce «Baghdad» in EI2.

5

Cfr. T. Nagel, Kalifat, cit., pp. 118-120.

6

Sui molteplici significati della parola dīwān – nel Califfato, in Egitto, nell’Occidente musulmano, in Iran e in India – cfr. la voce a più mani «Diwān» in EI2. Poiché i viaggiatori occidentali incontravano il «Dīwān» alla frontiera, il termine venne importato per tale ufficio (it. «dogana», fr. «douane»); in Occidente venne usato «diwan» anche per la poltrona su cui sedevano gli scribi (da cui l’it. «divano»), o anche per «lista», «elenco», «raccolta» di poesie.

7

Maggiori informazioni sull’amministrazione islamica dello stato in C. Cahen, Der Islam, cit., I, pp. 102-119; di Cahen sono anche numerosi articoli sul sistema fiscale in EI2.

8

Cfr. la panoramica in I.M. Lapidus, A History of islamic Societies, Cambridge 1988, pp. 73-80; ed. it. Storia delle società islamiche, vol. I. Le origini dell’islam, Torino 1993, pp. 77-89.

9

Ibid, p. 80.

10

Cfr. H. Kennedy, voce «al-Mahdī» (terzo califfo abbaside) in EI2.

11

Cfr. l’analisi del resoconto, forse rielaborato, della discussione da parte di J. van Ess, Theologie, cit., vol. III, pp. 22-28.

12

Cfr. W. Walther, voce «Alf Laila wa-Làila», in Kindlers Literaturlexikon, vol. XVIII, München 1992, pp. 97-101.

13

Cfr. F. Ornar, voce «Harun ar-Rasid» in EI2; W. M. Watt, voce «Hārūn ar-Rashīd» in The New Encyclopaedia Britannica, vol. V, Chicago 198715, p. 731.

14

Sulla crisi dell’impero, già montante con Harun, cfr. T. Nagel, Kalifat, cit., pp. 120-127.

15

J. van Ess, Theologie, cit., vol. III, p. 26.

16

In partic. Is 21,6-9: la massima «dal deserto».

17

In partic. Gv 14, 26: del «Consolatore», «che il Padre manderà nel mio nome».

18

Cfr. D. Gutas, Greek Thought, Arabic Culture. The Graeco-Arabic Translation Movement in Baghdad and Early ’Abbasid Society (2nd-4th/8th-10th centuries), London 1998; ed. It. Pensiero greco e cultura araba, Torino 2002.

19

Cfr. F. Gabrieli, voce «al-Amīn» in EI2.

20

Su al-Ma’mūn e la storia talvolta davvero intricata del conflitto con al-Amīn – in cui è inoltre implicato come terzo successore designato al califfato al-Qasim, che qui tuttavia intelligentemente si fece da parte, per assumere in seguito la successione di al-Ma’mūn, come ottavo califfo abbaside, col nome di al-Mu’tasim (non al-Mu’tamin!) – cfr. M. Rekaya, voce «al-Ma’mūn» in EI2.

21

Cfr. N. Osman, Kleines Lexikon deutscher Wörter arabischer Herkunft, München 1982.

22

Cfr. I.M. Lapidus, History, cit., pp. 89-97; ed. it., Storia, cit., pp. 90-105.

23

Cfr. sura 49,13.

24

Anche in questo capitolo le nostre riflessioni si basano su J. Schacht, The Origins of Muhammadan Jurisprudence, Oxford 1950, 19532; Id., An Introduction to Islamic Law, Oxford 1964, capp. 7-9 (ed. it., Introduzione al diritto musulmano, Torino 1995); cfr. N.J. Coulson, A History of islamic Law, Edinburgh 1964, capp. 3-5.

25

Sugli ḥadīṯ cfr. T. Nagel, Geschichte der islamischen Theologie. Von Mohammed bis zur Gegenwart, Miinchen 1994, cap. III, 1.

26

Ibid., p. 82.

27

Esiste una nuova edizione bilingue (arabo-inglese) dell’opera di al-Buhārī: The Translation of the Meanings of Sahih Al-Bukhari, a cura di M. Muhsin Khan, voli. I-IX, sesta edizione riveduta e corretta, Lahore 1986. C’è inoltre la famosa traduzione francese: Les traditions islamiques, a cura di O. Houdas – W. Marçais, voll. I-IV, Paris 1903-1914. Si aggiunge una scelta di ḥadīṯ in G. H. Bousquet (a cura di), El Bokhari. L’authentique tradition musulmane, Paris 1964. Una raccolta tedesca di testi di Buhari la offre D. Ferchl, Nachrichten von Taten und Aussprüchen des Propheten Muḥammad, Stuttgart 1991. Cfr. J. Robson, voce «al-Bukhari» in EI2. Ḥadīṯ di diverse raccolte sono stati raggruppati da Abūr-Rida’(a cura di), Von der Sunna des Propheten, Köln 19942. In italiano si può consultare la scelta di Ḥadīṯ di al-Buhari a cura di S. Noja – V. Vacca – M. Vallaro, Detti e fatti del profeta dell’islam, Torino 1982.

28

Cfr. I. Goldziher, Muhammedanische Studien, voli. I-II, Halle/Saale 1889/90, nuova ed. in un solo volume Hildesheim 1971: sullo sviluppo degli ḥadīṯ si veda la parte II, pp. 1-274 (al riguardo excursus su ḥadīṯ e Nuovo Testamento e sulle donne negli ḥadīṯ).

29

J. Schacht, Introduction, cit., p. 34. Un nuovo esempio di valutazione critica della datazione degli ḥadīṯ offre N. Calder, Studies on Early Muslim Jurisprudence, Oxford 1993.

30

Cfr. N. Abbott, Studies in Arabic Literary Papyri, vol. II: Qu’ranic Commentary and Tradition, Chicago 1967.

31

Cfr. F. Sezgin, Geschichte des arabischen Schrifttums, vol. I: Qur’anwissenschaften, Ḥadīṯ etc. bis ca. 430 H., Leiden 1967 (l’autore pubblicò già nel 1956 uno studio fondamentale su al-Buhari in turco).

32

Cfr. M.M. Azami, Studies in Ḥadīṯ Methodology and Literature, Indianapolis 1977; Id., Studies in Early Ḥadīṯ Literature: with a Critical Edition of some Early Texts, Indianapolis 1978. Si occupa di Schacht Id., On Schacht’s Origins of Muhammadan Jurisprudence, Riad 1985, in partic. pp. 115-153. L’eminente studioso musulmano di ḥadīṯ ammette che i copisti fecero errori anche negli ḥadīṯ, che la memoria talvolta li ingannò e che comparvero falsificazioni consapevoli (cfr. p. 111). Tuttavia Azami ritiene che si debbano mettere criticamente in discussione le seguenti ipotesi metodologiche (e gli esperti occidentali si sono confrontati in maniera appena sufficiente con la sua critica): «a. That if a certain ḥadīṯ was not mentioned by a certain scholar, it is proof of that scholar’s ignorance of that ḥadīṯ. b. That all the works of the early scholars have been printed and nothing is missing, so that we possess all that they compiled. c. That one scholar’s ignorance of a particular ḥadīṯ is sufficient proof that the ḥadīṯ did not exist. d. That knowledge known to one scholar at a particular time must have been known to all his contemporaries in that branch of knowledge. e. That when a scholar writes on a subject, he uses all the evidence available to him at that time» (pp. 118 s.) («a. Se un certo hadith non è stato menzionato da un certo studioso, questi prova che quello studioso non conosceva quello hadith. b. Se tutte le opere degli antichi studiosi sono state stampate e non manca nulla, questo prova che abbiamo tutto ciò che hanno scritto. c. Se uno studioso non conosce un particolare hadith, questo prova che lo hadith non esiste. d. Le conoscenze di uno studioso in un particolare momento dovevano essere condivise da tutti i suoi contemporanei dello stesso ramo. e. Quando uno studioso scrive su un argomento, utilizza tutto il materiale che ha a disposizione in quel momento.»

33

Cfr. F. Rahman, Islam, Chicago 19792, cap. 3.

34

Cfr. H. Motzki, The Prophet and the Cat. On Dating Malik’s Muwatta’ and Legal Traditions, in «Jerusalem Studies in Arabic and Islam» 22 (1998), pp. 18-83 (Discussione critica con N. Calder); Id., Die Anfänge der islamischen Jurisprudenz: ihre Entwicklung in Mekka bis zur Mitte des 2./8. Jh., Stuttgart 1991.

35

N.J. Coulson, History, cit., p. 42.

36

Ibid., p. 65.

37

H. Berg, The Development of Exegesis in Early Islam. The Authenticity of Muslim Literature from the Formative Period, Richmond/Surrey 2000, p. 226.

38

Cfr. l’esempio in T. Nagel, Geschichte, cit., pp. 79-82.

39

Per aš-Šāfī’ī cfr. J. Schacht, Introduction, cit., pp. 58-60. N.J. Coulson, History, cit., cap. I,4: «Master-Architect...».

40

Aš-Šāfī’ī, citato da J. Schacht, Origins, cit., p. 97.

41

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. III, interamente dedicato alla Mu’tazila. Cfr. anche T. Nagel, Rechtleitung und Kalifat. Versuch iiber eine Grundfrage der islamischen Geschichte, Bonn 1975. D. Gimaret, voce «Mu’tazila» in EI2.

42

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. II, pp. 335-342.

43

Cfr. ibid., p. 339.

44

Cfr. H.S. Nyberg, voce «al-Mu‘tazila», in HdI.

45

Cfr. A.J. Wensinck, voce «Wāṣil b. ‘Aṭā’», in HdI.; J. van Ess, Theologie, cit., vol. II, pp. 234-280.

46

Cfr. W.M. Watt, voce «‘Amr b. ‘Ubaid», in EI2; J. van Ess, Theologie, cit., vol. II, pp. 280-310.

47

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. II, pp. 310-316.

48

Cfr. H.S. Nyberg, voce «al-Mu’tazila», cit., in HdI.

49

Cfr. W.M. Watt, voce «‘Amr b. ‘Ubaid», in E 12.

50

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. II, pp. 287-295.

51

Anche Dirar e Mu’ammar sono stati indagati accuratamente da J. van Ess: Theologie, cit., vol. III, pp. 31-92; allo stesso modo Bisr ibn al-Mu‘tamir, ibid., pp. 107-130.

52

Cfr. ibid., pp. 224-270 (Abū l-Huḏail), pp. 309-392 (an-Naẓẓām). In un rapporto più sistematico Id., Les prémices de la théologie musulmane, Paris 2002, cap. 3 («La théologie et la science. L’atomisme mu‘tazilite»).

53

Cfr. W.M. Watt, voce «Djahm b. Safwan», in EI2.

54

Cfr., sui sumaniti, J. van Ess, Theologie, cit., vol. II, pp. 20-22, 503s.

55

Sulla discussione tra F. Zimmermann e R.M. Frank, che ha per la prima volta enucleato i paralleli neoplatonici, cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. II, pp. 499s.

56

Cfr. sura 42, 11.

57

Cfr. sura 39, 62.

58

Citato in T. Nagel, Geschichte, cit., p. 103.

59

Da una prima monografia introduttiva di ’Alī Muṣṭafā Ġurābī (in arabo, Cairo 1949) deriva l’opera fondamentale di R.M. Frank, The Metaphysics of Created Being according to Abū l-Hudhayl al-Allaf. A Philosophical Study of the Earliest Kalam, Istanbul 1966. L’indagine biografica più dettagliata di Abū l-Huḏail, che è al tempo stesso analisi dell’intera sua opera, è quella fornita da J. van Ess, Theologie, cit., vol. III, pp. 209-296.

60

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. III, pp. 275s.

61

Cfr. al proposito T. Nagel, Kalifat, cit., pp. 123-127.

62

Così già W.M. Patton nel suo pionieristico lavoro Ahmed ibn Hanbal and the Mihna. A Biography of the Imam including an Account of the Mohammedan Inquisition Called the Mihna, 218-234 a.h., Leiden 1897; conferme e distinzioni nei lavori di W.M. Watt e D. Sourdel.

63

Cfr. I.M. Lapidus, The Separation of State and Religion in the Development of Early Islamic Society, in «International Journal of Middle East Studies», 6 (1975), pp. 363-385, in part. pp. 378s. («an authoritarian response»). T. Nagel, Rechtleitung, cit., p. 442; Id., Kalifat, cit., pp. 127-130.

64

Così J. van Ess, Theologie, cit., vol. III, pp. 446-452.

65

Cfr. ibid., pp. 283-286 (per Abū l-Huḏail), pp. 408-413 (per an-Naẓẓām).

66

Cit. da ibid., p. 453.

67

Cit. da ibid.

68

Cfr. M. Hinds, voce «Mihna», in EI2.

69

Così scrive W. Madelung, The Origins of the Controversy concerning the Creation of the Koran, in Festschrift Pareja, Leiden 1974, vol. I, pp. 504-525, soprattutto pp. 520s.; pare che Ibn Hanbal abbia detto prima della controversia: «chiunque affermi che il Corano è creato, è un Gahmita, e chiunque affermi che il Corano è increato, è un innovatore eretico (mubtadi’)». Cfr. anche T. Nagel, Rechtleitung, cit., pp. 330-332.

70

Sulla biografia di Ibn Abī Duwād cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. III, pp. 481-502.

71

Cfr. W.M. Watt, voce e9788858640401_i0037.jpg, abu 1-Hasan», in EI2; Id., Der Islam, vol. II: Politische Entwicklungen und theologische Konzepte, Stuttgart 1985, pp. 303-312. R.J. McCarthy, The Theology of al-Ash’ari, Beirut 1953 (con testo arabo-inglese del Kitāb al Luma’ e del Risala). D. Gimaret, Théories de l’acte humain en théologie musulmane, Paris 1982, cap. II, 2; Id., La doctrine d’al-Ash’ari, Paris 1990.

72

Cfr. sura 21, 22.

73

È quello che sottolinea T. Nagel, Geschichte, cit., pp. 143-153, dove si trovano i documenti per le seguenti considerazioni a proposito di immagine di Dio, Corano e responsabilità umana.

74

Cfr. D. Gimaret, Théologie des noms divins en Islam. Exégèse lexicographique et théologique, Paris 1988.

75

Sul declino del califfato abbaside cfr. I.M. Lapidus, History, cit., cap. 8. T. Nagel, Kalifat, cit., capp. 6-7. D. Pipes, Slave Soldiers and Islam. The genesis of a military system, New Haven 1981.

CIV. Il paradigma degli ulama e dei sufi

1

Ger 48,10.

2

Sulle crociate cfr. C. Erdmann, Die Entstehung des Kreuzzugsgedankens, Stuttgart 1935, rist. 1955. S. Runciman, A History of the Crusades, voli. I-III, Cambridge 1951-1954 (ed. it. Storia delle Crociate, I-II, Torino 1966); J. Richard, Le Royaume latin de Jérusalem, Paris 1953; Id., Croisades et états latins d’Orient. Points de vue et documents, Aldershot 1992. K.M. Setton et al. (a cura di), A History of the Crusades, voli. I-VI, Philadelphia 1955-1989; Id., The Papacy and the Levant (1204-1571), voll. I-IV, Philadelphia 1976-1984. A. Waas, Geschichte der Kreuzzüge, voll. I-II, Freiburg 1956. F. Gabrieli (a cura di), Storici arabi delle crociate, Torino 1957. H.E. Mayer, Geschichte der Kreuzziige, Stuttgart 1965, 20009; Id., Kreuzzüge und lateinischer Osten, London 1983. E. Sivan, L’Islam et la Croisade. Idéologie et propagande dans les réactions musulmanes aux Croisades, Paris 1968. J. Prawer, Histoire du royaume latin de Jérusalem, voli. I-II, Paris 1969-1970. M. Purcell, Papal Crusading Policy. The Chief Instruments of Papal Crusading Policy and Crusade to the Holy Land from the final loss of Jerusalem to the fall of Acre 1244-1291, Leiden 1975. T.P. Murphy (a cura di), The Holy War, Columbus 1976. R.C. Schwinges, Kreuzzugsideologie und Toleranz. Studien zu Wilhelm von Tyrus, Stuttgart 1977. E.-D. Hehl, Kirche und Krieg im 12. Jh. Studien zu kanonischem Recht und politischer Wirklichkeit, Stuttgart 1980. L. Riley-Smith – J. Riley-Smith, The Crusades. Idea and Reality, 10951274, London 1981. R. Pernoud, Les hommes de la Croisade, Paris 1982. A. Maalouf, Les croisades vues par les Arabes, Paris 1983 (ed. it. Le crociate viste dagli arabi, Torino 1999). P. Rousset, La croisade. Histoire d’une idéologie, Lausanne 1983. B.Z. Kedar, Crusade and Mission. European Approaches towards the Muslim, Princeton 1984. E. Siberry, Criticism of Crusading 1095-1274, Oxford 1985. J. Riley-Smith, The First Crusade and the Idea of Crusading, London 1986; Id., The Crusades. A Short History, London 1987 (ed. it. Breve storia delle Crociate, Milano 1994). R. Chazan, European Jewry and the First Crusade, Berkeley 1987. A. Dupront, Du Sacré. Croisades et pèlerinages, images et langages, Paris 1987. R. Delort (a cura di), Les croisades, Paris 1988. J.A. Brundage, The Crusades, Holy War and Canon Law, Hampshire 1991. P.J. Cole, The Preaching of the Crusades to the Holy Land, 1095-1270, Cambridge 1991. S. Schein, Fideles Crucis. The Papacy, the West, and the Recovery of the Holy Land, 1274-1314, Oxford 1991. J. Flori, La première croisade. L’Occident chrétien contre l’Islam, Bruxelles 1992. B.N. Sargent-Baur (a cura di), Journeys Toward God. Pilgrimage and Crusade, Kalamazoo 1992. «"Militia Christi" e Crociata nei secoli XI-XIII» è la tematica anche di una settimana di studi alla Mendola (Atti pubblicati a Milano nel 1992). B. Tibi, Kreuzzug und Djihad. Der Islam und die christliche Welt, München 2001. Ricca di informazioni anche la grande mostra a Mainz (per il catalogo e i testi delle tavole cfr. H.-J. Kotzur (a cura di), Die Kreuzziige. Ausstellung, Mainz 2004.

3

Cfr. Bernardo di Chiaravalle, De laude novae militiae ad milites templi, in Opera Omnia, Paris 1862, vol. I, coll. 921-940.

4

Un importante contributo alla storia della mentalità di quest’epoca è offerto dallo storico francese J. Flori. La première croisade, cit., che nella sezione sulle «Ideologie» (pp. 107-217) analizza con precisione i diversi elementi della «idéologie occidentale» (pp. 231-238) che va ora costruendosi in contrapposizione all’islam. Sul contesto generale cfr. H. Küng, Cristianesimo, cit., cap. C III: «Il paradigma cattolico-romano del Medioevo».

5

Di questo dà una trattazione convincente J. Riley-Smith, The First Crusade, cit.

6

Cfr. E. Siberry, Criticism of Crusading, cit.

7

Cfr, su tutto questo sviluppo T. Nagel, Das Kalifat der Abbasiden, in U. Haarmann (a cura di), Geschichte der arabischen Welt, München 19912, capp. 10-13.

8

Cfr. H. Halm, Die Fatimiden, in U. Haarmann (a cura di), Geschichte der arabischen Welt, cit., pp. 166-199.

9

Ibid., p. 172.

10

Cfr. Id., Die Ayyubiden, in U. Haarmann (a cura di), Geschichte der arabischen Welt, cit., pp. 200-216.

11

Cfr. T. Nagel, Kalifat, cit., pp. 141-146.

12

Cfr. ibid., p. 154.

13

Cfr. ibid., pp. 154s.

14

Una buona panoramica sullo sviluppo dal 945 al 1200 in I.M. Lapidus, A History of Islamic Societies, cit., pp. 137-237.

15

Cfr. J. Pedersen, voce «Madrasa» (Id. The Institution in the Arabic, Persian and Turkish Lands), in EI2 (= EI1, rielaborata da G. Makdisi).

16

Cfr. R. Hillenbrand, voce «Madrasa» (III. «Architecture» in EI2.

17

Cfr. I.M. Lapidus, History, cit., pp. 166s.

18

Cfr. G. Makdisi, voce «Ibn ‘Akil», in EI2.

19

I.M. Lapidus, History, cit., p. 167.

20

Cfr. H. Küng, Ebraismo, cit., cap. 1-C V, 1: «La cabbala non è un paradigma nuovo».

21

Cfr. Id., Cristianesimo, cit., cap. C III, 10: «Mistica sotto sospetto».

22

Sul concetto di mistica cfr. R. Otto, West-östliche Mystik. Vergleich und Unterscheidung zur Wesensdeutung, Gotha 1926 (ed. tascabile della terza versione riveduta e corretta, Gütersloh 1979). R.C. Zaehner, Mysticism, Sacred and Profane, Oxford 1957; Id., Concordant Discord. The Interdependence of Faiths, New York 1970. G.-C. Anawati – L. Gardet, Mystique Musulmane. Aspects et tendances – expériences et techniques, Paris 1961, 19682. A. Bharati, The Light at the Center. Context and Pretext of Modern Mysticism, Santa Barbara/California 1976. R. Woods (a cura di), Understanding Mysticism, Garden City/N.Y. 1980. S.T. Katz (a cura di), Mysticism and Religious Traditions, New York 1983. E. Bock, Meine Augen haben Dich geschaut. Mystik in den Religionen der Welt, Zürich 1991.

23

Sulla mistica islamica in generale cfr. T. Andrae, Islamische Mystiker, Stuttgart 1960 (originale svedese Stockholm 1947). M. Molé, Les Mystiques Musulmans, Paris 1965. A. Schimmel, Mystical Dimensions of Islam, Chapel Hill/N. C. 1975 (nuova ed. tedesca Mystische Dimensionen des Islam, Aalen 1979). F. Meier, Der mystische Weg, in Welt des Islam. Geschichte und Kultur im Zeichen des Propheten, a cura di B. Lewis, Braunschweig 1976, pp. 117-128 (originale inglese London 1975); Id., Bausteine. Ausgewählte Aufsätze zur Islamwissenschaft, a cura di E. Glassen e G. Schubert, voli. I-III, Stuttgart 1992 (sul sufismo vol. I, parte B). J. Baldick, Mystical Islam. An Introduction to Sufism, London 1989. Ci sono innumerevoli introduzioni popolari contemporanee al sufismo, tra le quali I. Shah, The Sufis, Garden City (New York) 1964. M. Lings, What is Sufism?, London 1975. L. Bakhtiar, Sufi. Expressions of the Mystic Quest, London 1976. ’Abd al-Qadir as-Sufi, The Way of Muhammad, Berkeley 1975. R. Gramlich, Der eine Gott. Grundziige der Mystik des Islamischen Monotheismus, Wiesbaden 1998. K.P. Bahadur, Sufi Mysticism, New Delhi 1999. Sui diversi sviluppi regionali, che non possono qui essere specificamente presi in considerazione, si veda l’ampia raccolta di interventi a cura di F. de Jong – B. Radtke, Islamic Mysticism Contested. Thirteen Centuries of Controversies and Polemics, Leiden 1999. A. Knysh, Islamic Mysticism. A short history, Leiden 2000. Una buona introduzione sintetica sulla base del Corano è offerta da Y.N. Öztürk (professore della facoltà di teologia dell’Università Marmara di Istanbul), The Eye of the Heart, Istanbul 1988. Ringrazio il professor Fritz Meier (Basilea, morto il 10 giugno 1998) per la rilettura dell’intero capitolo sul sufismo.

24

Cfr. R.A. Nicholson, The Mystics of Islam, London 1914, 19632, p. 12; F. Zimmermann, The Origins of the so-called «Theology of Aristotle», in Pseudo-Aristotle in the Middle Ages, a cura di J. Kraye et al., London 1986, pp. 110-240.

25

Cfr. T. Andrae, Islamische Mystiker, cit., soprattutto il cap. «Der Islam und das Christentum». Il monaco e mistico Isacco di Ninive (morto intorno al 700), cui ha dato notorietà per primo J. van Ess (Die Gedankenwelt des Harit al-Muhasibi anhand von Übersetzungen aus seinen Scriften dargestellt und erläutert, Bonn 1961), viene pomposamente presentato da J. Baldick, Mystical Islam, cit., p. 17, come testimone del «Christian character of islamic mysticism», ma senza poter esibire alcun genere di collegamento tra lui e i mistici islamici; si ritirò già dopo soli cinque mesi dalla carica di vescovo della chiesa nestoriana (intorno al 670), probabilmente perché si era avvicinato alla cristologia ortodossa, in ogni caso non alla scienza coranica di Gesù.

26

Cfr. M. Horten, Indische Strömungen in der Islamischen Mystik, voll. I-II, Heidelberg 1927-28; R.C. Zaehner, Hindu and Muslim Mysticism, London 1960.

27

Cfr. R. Hartmann, Zur Frage nach der Herkunft und den Anfängen des Sufitums, in «Der Islam» 6 (1915), pp. 31-70.

28

Cfr. S.M. Demidow, Sufismus in Turkmenien. Evolution und Relikte, Hamburg 1988 (originale russo 1978).

29

Cfr. L. Massignon, Essai sur les origines du lexique technique de la mystique musulmane, Paris 1922, seconda ed. (considerevolmente accresciuta) 1954. Quest’opera – molto al di là di quanto indicato nel titolo – offre un’indagine fondamentale della possibile dipendenza e della reale originalità della mistica islamica e della sua storia, dalle origini fino alla forma classica che assunse nel III secolo dopo l’Egira. Altri lavori di Massignon sul tema sono raccolti in tre volumi editi a cura di Y. Moubarac: Opera Minora, vol. II, Beirut 1963, pp. 1-484. Una bibliografia esauriente delle pubblicazioni di Massignon (con indice dei nomi e degli argomenti) è stata parimenti pubblicata da Moubarac in Mélanges Louis Massignon, vol. I, Damasco 1956, pp. 3-56.

30

Così già C. Cahen, Der Islam I. Vom Ursprung bis zu den Anfängen des Osmanenreiches, Frankfurt 1968, 19872, pp. 220s.

31

Cfr. J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, pp. 141s.

32

Per la differenza tra il tipo mistico e quello profetico, cfr. l’opera classica di F. Heiler, Das Gebet. Eine religionsgeschichtliche und religionspsychologische Untersuchung, München 1918, 19695, soprattutto le pp. 255-258.

33

Cfr. sura 13, 28: «Non è col ricordo di Dio che si tranquillano i cuori?».

34

Cfr. L. Gardet, voce «Dhikr», in EI2; J. van Ess, Theologie, cit., vol. I, p. 141.

35

Cfr. J. During, voce «Sama’» (1. In music and mysticism), in EI2.

36

Cfr. F. Meier, Der Derwischtanz. Versuche eines Überblicks, in Id., Bausteine, cit., I, pp. 23-52.

37

Id., Der mystische Weg, cit., p. 117. Una brillante illustrazione di questa stringata panoramica generale sul sufismo si trova in Id., Abū Sa‘id-i Abū l-Hayr (357-440 /967-1049). Wirklichkeit und Legende, Leiden 1976, in cui viene spiegata in maniera convincente la «introspezione religiosa» dei sufi. Nell’introduzione a questo volume, Meier spiega sulla base di fonti musulmane la «molteplicità del sufismo» con le differenze personali, locali, i caratteri individuali e le discordanze sullo stesso punto (ad esempio riguardo al mangiare, al viaggiare, alla solitudine, alla sofferenza ecc.).

38

Sura 50, 16.

39

Sura 6,103.

40

Sura 2,115.

41

Sura 51,21.

42

Sura 10,62s.

43

Cfr. sura 24, 35: «È luce su luce; e Iddio guida alla Sua Luce chi Egli vuole, e Dio narra parabole agli uomini, e Dio è su tutte le cose sapiente». I versetti 35-40 sono chiamati i versi della luce, così importanti per i sufi.

44

Sura 5, 54.

45

Cfr. A. Schimmel, Mystische Dimensionen, cit. Per la dimensione letterario-estetica del sufismo, saggi stimolanti si trovano negli studi in onore di A. Schimmel, a cura di A. Giese – J.C. Bürgel, Gott ist schón und Er liebt die Schönheit. God is beautiful and He loves beauty, Bern 1994.

46

Citato in A. Schimmel, Mystische Dimensionen, cit., p. 17.

47

Cfr. M. Smith, Rabi’a the Mystic and her Fellow-Saints in Islam, Cambridge 1928.

48

Cfr. J. Baldick, Mystical Islam, cit., pp. 29s. (senza prove a sostegno).

49

Prove a sostegno in J. van Ess, Theologie, cit., vol. II, pp. 10s. (riguardo a Rabi’a), vol. I, pp. 144s. (riguardo a sviluppi paralleli in Siria), pp. 397s. (riguardo ad ascete a Kufa).

50

Cfr. lo studio particolareggiato di B. Reinert, Die Lehre vom tawakkul in der klassischen Sufik, Berin 1968.

51

J. van Ess, Die Gedankenwelt, cit., p. 215; prove a sostegno alle pp. 215-218.

52

In maniera simile, dopotutto, anche nella mistica cristiana si è considerata la «via purgativa», la purificazione del cuore, come presupposto per la «via illuminativa», l’illuminazione donata da Dio, per giungere così alla unio mystica, alla visione spirituale o unione amorosa con Dio.

53

Cfr. Abū 1-Qāsim al-Ǧunaid, Dawa’ al-arwah, curato e tradotto da A.J. Arberry, The Book of the Cure of Souls, in «Journal of the Royal Asiatic Society» (1937), pp. 219-231. Cfr. A.H. Abdel-Kader, The Life, Personality and Writings of al-Junayd. A Study of a Third/Ninth Century Mystic with an Edition and Translation of his Writings, London 1962.

54

Si «viene meno» e si «rimane» poi in Dio, si continua però a operare nel mondo sulla base della grande esperienza fatta. «Il sufismo non viene (conquistato) tramite molta preghiera e digiuno, bensì è la sicurezza del cuore e la magnanimità dell’anima», dice Ǧunaid (cit. secondo A. Schimmel, Mystische Dimensionen, cit., p. 14; cfr. pp. 64-66). Del segreto ultimo dell’amore e dell’unione con Dio, però, Ǧunaid preferisce parlare al meglio per allusioni e accenni – non solo per via della tangibile ostilità dei circoli ortodossi e della diffidenza da parte del governo (la corrispondenza privata di Gunaid veniva aperta dalla «posta»), ma per un ultimo rispetto reverenziale di fronte al grande mistero.

55

Cfr. H. Ritter, Die Aussprüche des Bayezid Bistami. Eine vorläufige Skizze, in Westöstliche Abhandlungen. Festschrift für R. Tschudi, a cura di F. Meier, Wiesbaden 1954, pp. 231-243; Id., voce «Abū Yazid (Bayazid)», in EI2.

56

L’influsso indiano è sottolineato da R.C. Zaehner, Hindu and Muslim Mysticism, cit., nel capitolo «Vedanta in Muslim Dress» (pp. 86-109).

57

Cfr. A. Schimmel, Mystische Dimensionen, cit., pp. 52-57; cfr. sura 17, 1.

58

Abū Yazid (Bayazid) al-Bistami, cit. secondo A. Schimmel, Mystische Dimensionen, cit., p. 55.

59

H. Ritter, Die Aussprüche, cit., p. 239.

60

Citato secondo A. Schimmel, Mystische Dimensionen, cit., p. 56.

61

Al-Husain ibn Manṣūr al-Ḥallāğ, citato secondo A. Schimmel, Mystische Dimensionen, cit., p. 76.

62

Cfr. F.A.D. Tholuck, Sufismus sive theosophia Persarum pantheistica, Berlin 1821.

63

AI-Ḥusayn ibn Manşūr al-Ḥallāǧ, citato secondo A. Schimmel, Mystische Dimensionen, cit., p. 79.

64

Cfr. W.C. Chittick, The Sufi Path of Knowledge. Ibn al-’Arabi’s Metaphysics of Imagination, Albany/New York 1989.

65

Lo sviluppo storico del sufismo post-classico è registrato con precisione da F. Meier, Der mystische Weg, cit., pp. 119-122. Per l’analisi del cambiamento di paradigma cfr. la sintesi sulle differenze decisive tra la mistica classica del IX secolo e la mistica post-classica del XIV secolo in Id., Ḥurāsān und das Ende der klassischen Sufik, in Id., Bausteine I, cit., pp. 131-156.

66

Un esempio ben studiato di una rete di gesti di generosa carità (sulla base della beneficenza in denaro) è rappresentato dalla ramificatissima organizzazione di dervisci di Abū Ishaq al-Kāzarūnī (morto nel 1035), che sopravvisse per secoli al suo fondatore. Cfr. F. Meier (a cura di), Die Vita des Scheisch Abū Ishaq al-Kazaruni in der persischen Bearbeitung von Mahmud b. Utnam, Leipzig 1948.

67

L’aspetto organizzativo del sufismo, le confraternite o ordini, furono studiati nel XIX secolo dall’impiegato coloniale L. Rinn (1884) e dal missionario A. le Chatelier (1887) per la «Littérature de surveillance». Solo in epoca più recente essi sono divenuti degni di una ricerca globale: J. Spencer Trimingham, The Sufi Orders in Islam, Oxford 1971, rist. 1998 (con numerose carte per la genealogia dei diversi luoghi). Importanti aspetti psicologici vengono trattati da F. Meier, Zwei Abhandlungen über die Naqsbandiyya, Stuttgart 1994; la parte I tratta «Il legame sentimentale col maestro», la parte II «Atto di forza e legge del più forte del santo». Una panoramica globale sugli ordini sufi è fornita dalla corposa raccolta di saggi di specialisti internazionali curata da A. Popovic – G. Veinstein, Les Voies d’Allāh. Les ordres mystiques dans le monde musulman des origines à aujourd’hui, Paris 1996. Un approccio vivace alla prassi del sufismo ci è trasmesso da J.W Frembgen, Reise zu Gott. Sufis und Derwische im islam, München 2000.

68

Cfr. R. Gramlich, Die schiitischen Derwischorden Persiens, voli. I-II, Wiesbaden 1965-1976. Nel volume I Gramlich tratta in maniera esemplificatoria l’affiliazione di tre ordini della shia; il volume II è illuminante su fede e dottrina.

69

Sulle prime confraternite sufi, tuttora esistenti – soprattutto la Qàdiriya (fondata sulla tomba di ‘Abd al-Qādir al-Ǧīlānī, morto nel 1166 a Baghdad) e la Suhrawardiya (fondata da ‘Umar Abū Ḥafs as-Suhrawardī, morto nel 1234) – cfr. anche A. Schimmel, Mystische Dimensionen, cit., pp. 272-288. Continuarono anche a esistere sufi isolati, che potevano essere seri studiosi oppure «santi folli».

70

Sulla mistica di Muhammad cfr. T. Andrae, Die Person Muhammeds in Lehre und Glauben seiner Gemeinde, Stockholm 1918.

71

Cfr. F. Meier, Kehrreim und mahya, in Festschrift Ewald Wagner, a cura di W. Heinrichs – G. Schoeler, vol. II, Stuttgart 1994, pp. 462-489.

72

L’afghano Hugwiri (morto attorno al 1071), egli stesso celibe, consiglia il celibato e l’astinenza nel matrimonio, in seguito ci sarà il ramo celibatario dei Bektasi, fortemente influenzato dal cristianesimo.

73

Lo mette in risalto con chiarezza J. Baldwick, Mystical Islam, cit., pp. 169-171.

74

Cfr. J. Baldwick, Mystical Islam, cit., pp. 74, 171.

75

Ci sono paralleli tra islam e cristianesimo, nonostante una fondamentale differenza riguardo all’estasi: «Se si confrontano le circostanze in cui avvenivano questi rapimenti, e i fenomeni che li accompagnavano, con quelli che Antoine Imbert-Gourbeyre nella sua opera La stigmatisation, l’extase divine et les miracles de Lourdes e recentemente Herbert Thurston, The Physical Phenomena of Mysticism hanno raccolto per l’estasi cristiana, allora bisogna ammettere che da entrambe le parti si seguivano le stesse dinamiche psicologiche e fisiologiche. [...] Solo, tra l’estatica cristiana e quella islamica esiste la fondamentale differenza che i sufi già all’inizio non lasciavano più del tutto al caso gli stimoli scatenanti, bensì spesso li provocavano consapevolmente». (F. Meier, Derwischtanz, cit., pp. 35-37). Molto illuminante per la conoscenza della coscienza mistica: Id., Die Fawaih al-gamal wa-fawatih al-galal des Nagm ad-Din al-Kubra. Eine Darstellung mystischer Erfahrungen im Islam aus der Zeit um 1200 n. Chr., Wiesbaden 1957.

76

I.M. Lapidus, History, cit., p. 256.

77

Per la critica successiva al sufismo cfr. le considerazioni di A. Schimmel (sospettata a torto di un atteggiamento acritico nei confronti del sufismo), Mystische Dimensionen, cit., pp. 18-25.

78

A. Schimmel, Mystischen Dimensionen, cit., p. 265.

79

Muhammad al-Ġazzālī, Der Erretter aus dem Irrtum (al-Munqid min ad-dalal), Hamburg 1988, cap. I, p. 3; edizione tedesca tradotta e commentata da A.A. Elschazli (qui si danno le pagine delle diverse edizioni originali arabe), un’edizione inglese di W.M. Watt, The Faith and Practice of Al-Ghazali. London 1953, 19704. Cfr. Id., Muslim Intellectual: a study of Al-Ghazali, Edinburgh 1963: in quest’ultimo libro si trova un commento eccellente al Munqid. Il pluralismo delle «sectes et familles spirituelles» è tematizzato e illustrato da H. Laoust, Pluralismes dans l’Islam, Paris 1983; qui, alle pp. 259-267, un saggio illuminante sulla pedagogia di al-Ġazzālī nella sua ultima opera Mustaṣfā, completata, dopo il Munqid, due anni prima della sua morte.

80

Sui cliché letterari in al-Ġazzālī cfr. J. van Ess, Quelques remarques sur le Munqid min ad-dalal, in «Table Ronde UNESCO», pp. 57-68.

81

Cfr. le grandi esposizioni di L. Gardet – G.C. Anawati, Introduction à la théologie musulmane. Essai de théologie comparée, Paris 1948, 19813. M. Marmura (- W.M. Watt), Der Islam, vol. II: Politische Entwicklungen und theologische Konzepte, Stuttgart 1985, parte V: «Die islamische Theologie 950-1850». T. Nagel, Geschichte der islamischen Theologie. Von Mohammed bis zur Gegenwart, Miinchen 1994, soprattutto i capp. VI-VIII.

82

Cfr. G. Makdisi, Ash’ari and the As’harites in Islamic Religious History, in «Studia islamica» 17 (1962), pp. 37-80; 18 (1963), pp. 19-39.

83

Cfr. Id., Ibn Aqil et la Résurgence de l’islam traditionaliste au XIe siècle (Ve siècle de l’égire), Damaskus 1963.

84

L. Gardet – G. C. Anawati, Introduction, cit., pp. 72-76, definiscono Ġazzālī, in connessione con il grande filosofo della storia islamica Ibn Haldùn, come primo rappresentante della «via moderna» nella teologia contrapposta alla «via antiqua», rappresentata ad esempio dall’as’arita Baqillani. La sua dottrina era caratterizzata dall’atomismo, dallo stretto rapporto tra principi filosofici e dogmi e dall’asserzione che la falsità della prova rimanderebbe già alla falsità dell’oggetto da provare. Al-Guwaini sarebbe pertanto da ritenere un teologo del trapasso tra «via antiqua» e «via moderna».

85

La prova a tal riguardo si trova in V.M. Poggi, Un classico della spiritualità musulmana: saggio monografico sul Munqid di al-Gazali, Roma 1967, pp. 26s.

86

Questo vale soprattutto per la letteratura critica più datata, senza dubbio benemerita – D.B. Macdonald (EI 1914), H. Frick (1919), J. Obermann (1921) – che interpretò al-Ġazzālī con le categorie del liberalismo borghese. Una panoramica sulle interpretazioni cattolico-romane, storico-culturali e modernistiche e un confronto con Frick e Obermann sono offerti nella sua dissertazione da A.T. van Leeuwen, Ghazali als apologeet van de islam. Bijdrage tot de interpretatie van zijn persoon en zijn werk, Leiden 1947.

87

Così J. Baldick, Mystical Islam, cit., pp. 10, 65s.

88

E. Glassen, Der mittlere Weg. Studien zur Religionspolitik und Religiosität der späteren Abbasidenzeit, Wiesbaden 1981, p. 80.

89

Cfr. M. Zakzouk, Al-Ghazalis Philosophie im Vergleich mit Descartes, Frankfurt 1992, p. 21.

90

A partire da questo genere letterario si possono spiegare determinate contraddizioni rispetto ad altre fonti, spiega V.M. Poggi, Un classico, cit., pp. 16-36.

91

Questo aspetto viene enucleato soprattutto da H. Laoust, La politique de Gazali, Paris 1970, pp. 138, 141-144.

92

Cfr. H. Frick, Ghazalis Selbstbiographie. Ein Vergleich mit Augustins Konfessionen, Leipzig 1919.

93

Cfr. M. Zakzouk, Al-Ghazalis Philosophie, cit. Il contesto politico e religioso dell’epoca di aı-Ġazzālī è ricostruito in maniera convincente da E. Glassen, Der mittlere Weg, cit.

94

Un’altra derivazione del nome è da una donna o da un villaggio di nome Gazala; in questo caso il nome dovrebbe essere scritto Gazali, invece che Ġazzālī.

95

Muhammad al-Ġazzālī, Der Erretter, «Einleitung», ed. tedesca, p. 5. Sulla problematica di verità e certezza in Ġazzālī cfr. i grandi lavori di J. Jabre, La notion de certitude selon Ghazali dans ses origines psychologiques et historiques, Paris 1958, seconda ed. ampliata, Beirut 1986. M. Arkoun, Révélation, vérité et histoire d’après l’œuvre de Gazali, in «Studia islamica» 31 (1970), pp. 53-69.

96

Cfr. R. Descartes, Discours de la méthode pour bien conduire la raison, et chercher la verité dans les sciences, Leiden 1637; Id., Meditationes de prima philosophia in quibus Dei existentia, et animae humanae a corpore distinctio, demonstrantur, Parisii 1641.

97

Cfr. ulteriori dati in A.A. Elschazli, nella sua introduzione all’edizione tedesca del Munqid, pp. xxxi-xxxvi.

98

Cfr. M. Zakzouk, Al-Ghazalis Philosophie, cit., p. 10.

99

Muhammad al-Ġazzālī, Der Erretter, cit., cap. I, ed. ted., p. 7.

100

Cfr. ibid., p. 8.

101

Ibid.

102

Cfr. R. Descartes, Meditationes, cit., I, pp. 11ss.

103

Muhammad al-Ġazzālī, Der Erretter, cit., cap. I, ed. ted., pp. 8s.

104

Ibid. Così, invece di «realtà della ragione che appartengono alle primarie (conoscenze) » (Elschazli), secondo la traduzione inglese di W.M. Watt, The Faith, cit., p. 23: «intellectual truths which are first principles» («verità intellettuali che sono principi primi»).

105

Muhammad al-Ġazzālī, Der Erretter, cit., cap. I, ed. ted., p. 9. Traduzione anche in questo caso corrispondente a W. M. Watt, The Faith, cit., p. 25.

106

Muhammad al-Ġazzālī, Der Erretter, cit., cap. I, ed. ted., p. 10.

107

Così A.T. van Leeuwen, Ghazali, cit., p. 45: «het compas der evidentiele zekerheid had hem (Ghazali) niet gebiedend de weg gewezen».

108

Così V.M. Poggi, Un classico, cit., p. 169: «è proprio riconoscere che tali principi sono evidenti di per sé soli e come tali vanno accolti anche in sede riflessa».

109

Così M. Zakzouk, Al-Ghazalis Philosophie, cit., p. 68: «una conoscenza che, al contrario della conoscenza discorsiva, poggia su una visione spirituale subitanea. Si tratta qui dunque di una intuizione».

110

Ibid., p. 70.

111

Ibid., p. 85.

112

Zakzouk deve ammettere lui stesso questo, se annota (ma non prende sufficientemente sul serio) che «Descartes ha distinto diversi gradi», «mentre però nella soluzione di Ġazzālī la conoscenza di sé e quella di Dio vengono sussunte in un unico atto» (ibid., p. 88). Proprio questo è il punto decisivo.

113

Ibid.

114

Qui posso solo accennare al fatto che la verità, forse, si trova nel mezzo – tra «cogito» e «credo» (cfr. i confronti con Descartes e con Pascal in H. Küng, Existiert Gott?, cit., parte A: «Ragione o fede?»). Da un lato, lo stesso Descartes dovrebbe oggi riconoscere che il suo «cogito ergo sum» non è assolutamente evidente, e che non c’è alcun funzionamento della ragione senza una certa «fiducia nella ragione» (cfr. le considerazioni sulla fiducia di base, ibid., parte E: «Sì alla realtà – alternativa al nichilismo»). D’altra parte, anche Ġazzālī potrebbe oggi difficilmente ignorare la situazione di fatto secondo cui ci sono molti uomini, certo, che hanno una tale fiducia nella ragione, una tale «fiducia di base» – ma proprio senza un’esplicita fede in Dio. Senza una fiducia di base responsabile razionalmente, a cui compete una razionalità interna, la scienza non è però affatto pensabile (ancora nel libro sopra citato il capitolo «Fiducia di base come base della scienza», pp. 511-515); e oltretutto non è neanche pensabile alcun ethos che vincoli universalmente (nel libro sopra citato il cap. «Fiducia di base come base dell’etica», pp. 515-523).

115

Cfr. J. van Ess, Quelques remarques, cit., pp. 65s.

116

R.M. Frank, Creation and the Cosmic System: Al-Ghazali and Avicenna, Heidelberg 1992, ritiene di poter provare, contro il consenso fino ad ora esistente, che Ġazzālī avrebbe preso come base della sua teologia fondamentali teorie fīlosofīche di Avicenna: l’universo sarebbe un sistema chiuso, deterministico con due cause prime, le cui attività sarebbero governate dal primo essere creato («angelo» o «intelletto»); Dio non potrebbe immischiarsi nelle attività delle due cause prime. Se l’esegesi di Ġazzālī da parte di Frank, che si trova in contraddizione con gli altri testi di Ġazzālī, sia convincente, è cosa che deve essere rimessa alla discussione degli specialisti.

117

Cfr. Muhammad al-Ġazzālī, Der Erretter, cit., cap. II, C: «La dottrina (dei batiniti) dell’insegnamento e la sua sventura».

118

Cfr. ibid., cap. III: «La realtà della profezia e la sua necessità per gli uomini».

119

Ibid., cap. II, D, ed. ted., p. 43.

120

Sul contesto storico dell’epoca cfr. nuovamente E. Glassen, Der mittlere Weg, cit., soprattutto pp. 131-175. J. van Ess, Neuere Literatur zu Ġazzālī, in «Oriens» 20 (1967), pp. 299-308, annota: «Il Munqid è secondo il suo genere letterario una parentesi: non solo rappresentazione di ciò che è stato, bensì ancor di più guida a come deve essere, tramite la descrizione di un qualche caso esemplare. Qui è pensabile che anche i motivi della decisione si siano “interiorizzati”, o meglio che i componenti “interiori” di una decisione complessa, in cui altri aspetti, appunto anche la pressione politica, avevano ancora giocato un ruolo, siano sembrati gli unici degni di essere raccontati ad altri, perché degni di essere imitati» (pp. 300s.).

121

Muhammad al-Ġazzālī, Der Erretter, cit., cap. II, D, ed. ted., p. 46.

122

Cfr. D. Krawulsky, Briefe und Reden des abu Hamid Muhammad al-Ġazzālī, Freiburg 1971, p. 66. E. Glassen, Der mittlere Weg, cit., pp. 169s. J. van Ess, Quelques remarques, cit., pp. 60-64.

123

Cfr. Muhammad al-Ġazzālī, Der Erretter, cit., cap. IV.

124

Cfr. Id., Iḥyā’ ’ulūm ad-dīn («La rivitalizzazione delle scienze della religione»). Solo alcuni libri di quest’opera mastodontica sono tradotti in inglese (The Book of Knowledge, Lahore 1962) e in tedesco (Lehre von den Stufen zur Gottesliebe, Wiesbaden 1984). Una panoramica sui singoli libri offre N. Koribaa, Restauration des sciences religieuses (ihya ulum ad-dine) d’al-Ghazali, Algeri 1984. Un compendio fu scritto dallo stesso al-Ġazzālī in lingua persiana con il titolo Kimiyā-i s’ā adat («L’elisir della felicità»); ed. tedesca di H. Ritter (Miinchen 1959, rist. 1993).

125

In una rassegna ulteriore, più vasta, R.M. Franck, Al-Ghazali and the Ash’arite School, Durham 1994, ha cercato di esporre la tesi secondo cui Ġazzālī, nell’insegnamento pubblico avrebbe sostenuto le tesi as’arite, personalmente però — come verrebbe sottolineato nelle sue ultime pubblicazioni — sarebbe d’accordo con i concetti basilari di Avicenna: «It is the dialectical interplay of these several levels, in many works and in many ways, that has cause difficulties for students of al-Ghazali’s works and given some impressione of gross inconsistency» (p. 101) («L’interazione dialettica di questi molti livelli, in molte opere e in molti modi, è ciò che ha causato le difficoltà agli studiosi dell’opera di al-Ġazzālī e che ha creato un’impressione di grossolana incongruenza.»)

126

Tommaso d’Aquino, Summa contra gentiles, I, 2,

127

Sulla biografia di Tommaso d’Aquino cfr. H. Küng, Groβe christliche Denker, München 1994, cap. IV; nell’ambito dell’analisi dei paradigmi cfr. Id., Cristianesimo, cap. C III, 9.

128

Sulle traduzioni latine dall’arabo cfr. M. Steinschneider, Die europäischen Übersetzungen aus dem Arabischen bis Mitte des 17. Jh, Wien 1904-1905, rist. Graz 1956. J.M. Casciaro, El diālogo teológico de Santo Tomás con Musulmanes y Judíos. El tema de la profecía y la revelación, Madrid 1969, pp. 40-42.

129

Cfr. sull’insieme Tommaso d’Aquino, falsafa e kalam (in conflitto soprattutto con l’orientalista spagnolo M. Asin Palacios) L. Gardet — G.C. Anawati, Introduction, cit., pp. 282-290.

130

Cfr. Ibid., p. 289.

131

Una tematizzazione delle differenze riguardo alla cristologia e alla dottrina della trinità manca anche nel pur ricchissimo secondo volume su «Les grands problèmes de la théologie musulmane» di L. Gardet, Dieu et la destinée de l’homme, Paris 1967.

132

Cfr. G. Makdisi, The Rise of Colleges. Institutions of Learning in Islam and the West, Edinburgh 1981, pp. 245-260; Id., Ibn ’qil. Religion and Culture in Classical Islam, Edinburgh 1997, pp. xv s., 57s.

133

W.M. Watt, Muslim Intellectual, cit., p. 180.

134

Cfr. quanto detto alla nota 84 su «via antiqua» e «via moderna».

135

Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, pars I, quaestio 2 (prologo).

136

Punti di vista importanti su questo bilanciamento della problematica mi sono stati forniti da E. Glassen, Der mittlere Weg, cit.

137

Cit. in ibid., p. 78.

138

Cit in ibid., p. 79.

139

Tra le introduzioni alla filosofia arabo-islamica presenti in tutti i grandi lessici filosofici, teologici e dedicati alle scienze religiose, si distingue quella dell’arabista di Harward M.S. Mahdi, «Islamic philosophy», in Encyclopaedia Britannica, vol. 22, Chicago 198715, pp. 24-31, già completata nella sua opera in due volumi, History of Islamic Philosophy, New York 1986. Oltre i primi studi di F. Dieterici (1858-1879, ristampa 1969); di I. Goldziher (1896/1910); di M. Horten (1924); di P.J. De Menasce (1948), vanno considerati i seguenti nuovi testi: C. Brockelmann, Geschichte der arabischen Literatur, I-II voll., Leiden 1943-19492, 3 suppl. -voll., 1937-1942. M.M. Shafir (a cura di), A History of Muslim Philosophy, 2 voli., Wiesbaden 1963-1966. H. Corbin, Histoire de la philosophie islamique, Paris 19863 (trad. ing. London/New York 1993; trad. it. Storia della filosofia islamica, Milano 1991). M. Fakhry, A History of Islamic Philosophy, New York 19832. M. Marura, Die islamische Philosophie des Mittelalter, in W.M. Watt — M. Marura, Der Islam, vol. II, Stuttgart 1985, pp. 320-392. O. Leaman, An introduction to Classical Islamic Philosophy, New York 1985, 20022 (principalmente sull’attacco di al-Ġazzālī alla filosofia). C.E. Butterworth (a cura di), The Political Aspects of Islamic Philosophy. Essays in Honor of Muhsin S. Mahdi, Cambridge /Mass. 1992. S. Pines (a cura di S. Stroumsa), Studies in the History of Arabic Philosophy. The Collected Works of Shlomo Pines, vol. III, Jerusalem 1996 (in particolare su Avicenna e Averroè). S.H. Nasr — O. Leaman (a cura di), History of Islamic Philosophy, 2 voll., London/New York 1996. W.G. Lerch, Denker des Propheten. Die Philosophie des Islam, Düsseldorf 2000. D. Gutas, Greek Philosophers in the Arabic Tradition, Aldershot 2000. H. Daiber, Bibliography of Islamic Philosophy, (I vol.: «Alphabetical list of publications»; II vol.: «Index of names, terms and topics»), Leiden 1999, offre una panoramica delle pubblicazioni sulla filosofia islamica dal XV secolo fino ad oggi.

140

Cfr. accanto alle storie della filosofia citate, anche J. Jolivet-R. Rashed, «Al-Kindi», in EI2. Una presentazione sintetica del pensiero di al-Kindi (con elaborazione di precedenti contributi) è offerta da E. Tornero Povera, Al-Kindi. La trasformación de un pensamiento religioso en un pensamiento racional, Madrid 1992.

141

Cfr. L.E. Goodman, «Al-Razi», in EI2. E. al-Sharquawi, «Razi», in EncRel.

142

Oltre ai primi studi su al-Fārābī in una lingua europea di M. Steinschneider (1889) e di L. Madkour (1934), sono importanti: R. Walzer, «Al-Farabi» in EI2. T.-A. Druart, «Al-Farabi», in EncRel. D. Gutas, «Al-Farabi (1. Biografia, 4. F. e filosofia greca)», in EncIr, vol. IX, New York 1999. M.S. Mahdi, Alfarabi and the Foundation of Islamic Political Philosophy, Chicago 2001. M Fakhry, Al-Farabi, Founder of Islamic Neoplatonism. His Life, Works and Influence, Oxford 2002.

143

Cfr. A.-M. Goichin, «Ibn Sīnā», in EI2. W.E. Gohlman, «Ibn Sīnā», in EncRel. G.G. Hana, «Ibn Sina (Avicenna)», in Die Groβen der Weltgeschichte, München 1973, vol. III, pp. 222-233. H. Corbin, Avicenne et le récit visionnaire. Étude sur le cycle des récits avicenniens, Paris 1954 (nuova edizione 1999). D. Gutas, Avicenna and the Aristotelian Tradition. Introduction to reading Avicenna’s philosophical works, Leiden 1988; Id., «Avicenna (2. Biografia, 5. Misticismo)», in Enclr, vol. III/1, London 1989. L.E. Goodman, Avicenna, London 1992 (ed. it. L’universo di Avicenna, Genova 1995). G. Strohmaier, Avicenna, München 1999.

144

Oltre ad altri E. Bloch, Avicenna und die aristotelische Linke, Berlin 1952.

145

Cfr. R. Arnaldez, «Ibn Rushd», in EI2. G.F. Houran, «Ibn Rushd», in EncRel. G.G. Hana, «Ibn Rusd (Averroes), in Die Groβen der Weltgeschichte, München 1973, vol. III, pp. 440-449. LA. Bello, The Medieval Islamic Controversy between Philosophy and Orthodoxy. Ijma’ and Ta’wil in the Conflict between al-Ghazali and Ibn Rushd, Leiden 1989. D. Urvoy, Ibn Rushd (Averroes), London 1991 (qui un filo conduttore bibliografico per la storia degli studi dedicati ad Averroè, per le fonti ed i testi storici, per gli interpreti occidentali). A. von Kügelgen, Averroes und die arabische Moderne. Ansätze zu einer Neubegründung des Rationalismus im Islam, Leiden 1994. R. Arnaldez, Averroès — un rationaliste en Islam, Paris 19982. A. Badawi, Averroès (Ibn Rushd), Paris 1998. G. Endress - J.A. Aartsen (a cura di), Averroes and the Aristotelian Tradition. Sources, Costitution and Reception of the Philosophy of Ibn Rushd (1126-1198). Proceedings of the Fourth Symposium Averroicum (Cologne 1996), Leiden 1999 (bibliografia completa ed aggiornata). M. Fakhry, Averroes (Ibn Rushd). His Life. Works and Influence, Oxford 2001 (nel capitolo XI un confronto istruttivo tra Averroè e Tommaso d’Aquino). R.G. Khoury (a cura di), Averroes (1126-1198) oder der Triumph des Rationalismus. Internationales Symposium anläβlich des 800. Todestages des Islamischen Philosophen (Heidelberg, 7.-11.10.1998), Heidelberg 2002.

146

Dalla parte di al-Ġazzālī si pone I.A. Bello, op. cit., pp. 142-151.

147

A. Badawi, op. cit., p. 144.

148

Cfr. T.E. Barman, Religious Polemic and the Intellectual History of the Mozarabs, c. 1050-1200, Leiden 1994; Id. (a cura di), Religion, text and society in Medieval Spain and Northern Europe: essays in honor of J.N. Hillgarth, Toronto 2002.

149

Cfr. M. Talbi, «Le Christianisme maghrébin de la conquête musulmane à sa disparition: une tentative d’explication», in M. Gervers — R.J. Bikhazi (a cura di), Conversion and Continuity: Indigenous Christian Communities in Islamic Lands, 8th to 18th Centuries, Toronto 1990, pp. 313-351.

150

Cfr. T.E. Burman, op. cit., pp. 200s.

151

H. Denzinger, Enchiridion nr. 309s.

152

Me. 1,11.

153

Cfr. J.F. Rivera Recio, El adopcionismo an España: siglo VIII; historia y doctrina, Toledo 1980, p. 21.

154

Cfr. M. de Epalza, Le milieu ispano-moresque de l’Évangile Islamisant de Barnabé (XVIe-XVIIe siècles), «Islamochristiana» VIII, 1982, pp. 159-183. Fu confermato da una tesi seguita da Elpaza di L.F. Bernabé Pons, El evangelio de San Bernabé. Un evangelio islámico español, Università di Alicante 1996. Un articolo in tedesco si trova in: R. Kirste — p. Schwarzenau — U. Tworuschka (a cura di), Wertemandel und religiöse Umbrüche, Balve 1996, pp. 133-188, da titolo: Zur Wahrheit und Echtheit des Baraabas-Evangeliums.

155

Cfr. per l’ambiente politico e per l’organizzazione interna dell’ebraismo dalla conquista araba fino alla cacciata dalla Spagna (638-1492): J. Maier, Das Judentum. Von der biblischen Zeit bis zur Moderne, München 19732, pp. 383-434. A. Cohen, Jewish Life under Islam. Jerusalem in the Sixteenth Century, Cambridge /Mass. 1984.

156

Come halakhista, filosofo e medico, Maimonide — abbreviato Rambam — viene descritto da A. Sandler, J. Guttmann, M.W. Rapaport, L. Lewin nell’articolo a lui intitolato del Jüdisches Lexikon e da L.I. Rabinowitz, J.I. Dienstag, A. Hyman, S. Muntner, «Maimonides», in EncJud. Cfr. poi S.W. Baron, «Moses Maimonides», in S. Noveck (a cura di), Groβe Gestalten des Judentum, vol. I, Zürich 1972, pp. 103-130.

157

Cfr. A. Castro, España en su historia. Cristianos, moros y judíos, Barcelona 1983 (ed. it. La Spagna nella sua realtà storica, Firenze 1955), pp. 448-454.

158

Cfr. M.R. Menocal, The Ornament of the World. How Muslims, Jews and Christians Created a Culture of Toleraace in Medieval Spain, Boston 2002 (trad. ted. Die Palme im Westen. Muslime, Juden und Christen im alten Andalusien, Berlin 2003).

159

Cfr. M. Asín Palacios, El Islam cristianizado. Estudio del «Sufismo» a través de las obras de Abenárabi de Murcia, Madrid 1931, soprattutto l’introduzione.

160

Cfr. A. Castro, op. cit., soprattutto pp. 198-205.

161

Cfr. S. Fanjul, Al-Andalus contra España. La forja del mito, Madrid 20023.

162

M. de Epalza, «Pluralisme et tolérance, un modale tolédan?», in L. Cardaillac (a cura di), Tolède, XIIe-XIIIe. Musulmans, chrétiens et juifs: le savoir et la tolérance, Paris 1991, pp. 241-251 (trad. ted., «Überlegungen zum religiösen Pluralismus (Muslime, Christen und Juden) und die Toleranz auf der iberischen Halbinsel im Mittelalter», in R. Kirste et al. (a cura di), Wertwandel und religiöse Umbrüche, Balve 1996, pp. 365-378, citazione p. 374). Id., Jésus entre judíos, cristianos y musulmanes españoles (siglo VI-XVII), Granada 1999 (trad. ted. Jesus zwischen Juden, Christen und Muslimen. Interreligiöses Zusammenleben auf der iberischen Halbinsel (6.-17. Jh.), Frankfurt 2002, in particolare pp. 221-235.

163

Cfr. M. de Epalza, Überlegungen, p. 375.

164

Cfr. S.D. Goitein, Jews and Arabs. Their Contacts through the Ages, New York 1955. N.A. Stillman, The Jews of Arab Lands. A History, and Source Book, Philadelphia 1979. Bat Ye’or, Le Dhimmi. Profil de l’opprimé en Orient et en Afrique du Nord depuis la conquête arabe, Paris 1980 (nuova edizione inglese: The Dhimmi. Jews and Christians under Islam, Rutherford 1985; qui ad esempio p. 187, gli oneri imposti sui ḏimmī in Siviglia verso il 1100). B. Lewis, The Jews of Islam, Princeton 1984 (ed. it. Gli ebrei nel mondo islamico, Milano 2004).

165

Cfr. C. Issawi, «Ibn Khaldūn» in Encyclopaedia Britannica, vol. VI, Chicago 198715, pp. 222s. M. Talbi, «Ibn Khaldūn», in EI2. F. Rosenthal, «Ibn Khaldūn», in EncRel.

166

Questo argomento è studiato da Dimitri Gutas (Yale) nella sua notevole ricerca sulla filosofia araba ed iraniana; costui considera centrale Avicenna e presenta Averroè solo come uno tra i numerosi oppositori di Avicenna.

167

Cfr. H. Corbin, Histoire, cit., parte II. Cfr. anche A. Johardelvari, Iranische Philosophie von Zarathustra bis Sabzewari, Frankfurt 1994.

168

Cfr. R. Arnaldez, Fakhr al-Dīn al-Rāzī: commentateur du Coran et philosophe, Paris 2002. Egli critica l’eccessiva inclinazione di H. Corbin verso il sistema gnostico e afferma: «Nonostante la protesta di Henry Corbin contro gli storici della filosofia islamica, che non vanno oltre Averroè: il grande pubblico conosceva, oltre al filosofo di Cordoba (Averroè), soltanto Avicenna e Ġazzālī" (p. 254).

169

Cfr. E. Renan, Averroès st l’averroïsme. Essai historique, Paris 1852; ristampa della terza edizione, Paris 1866, a cura di F. Sezgin, Frankfurt 1985; su Tommaso d’Aquino pp. 236-246.

170

Cfr. F. van Steenberghen, La philosophie au XIIIe siècle, Louvain 1966. W. Kluxen, «Averroismus im lateinischen Mittelalter» in TRE. C.E. Butterworth – B.A. Kessel (a cura di), The Introduction of Arabic Philosophy into Europe, Leiden 1994. J. Jolivet, Philosophie médiévale arabe et latine, Paris 1995. A. Pérez Estévez, La Materia, de Avicenna a la Escuela Francisana. Avicenna, Averroes, Tomás de Aquino, Buenaventura, Pecham, Marston, Olivo, Mediavilla y Duns Escoto, Maracaibo 1998. M. Zanner, Konstruktionsmerkmale der Averroes-Rezeption. Ein religionsmissenschaftlicher Beitrag zur Rezeptionsgeschichte des islmanischen Philosophen Ibn Ruschd, Frankfurt 2002 (contiene una dettagliata bibliografia completa anche delle nuove opere).

171

Cfr. G. Endress — J.A. Aertsen (a cura di), Averroes and the Aristotelian Tradition, cit., pp. 17-23.

172

Cfr. J. LeGoff, Les intellectuels au Moyen Age, Paris 19852 (ed. it. Gli intellettuali nel medioevo, Milano 1979).

173

Ibid., p. 176.

174

Cfr. A. de Libera, Penser au Moyen Age, Paris 1991 (trad. ted. Denker im Mittelalter, München 2003).

175

Ibid., p. 114; pp. 118s.

176

Cfr. F. Sezgin, Geschichte des arabischen Schrifttums, 12 voll., Leiden 1967-2000.